2010-02-15 15:45:45

Tensione tra immigrati a Milano. Il parroco: meno soldati, più educatori


Tensione alta in via Padova a Milano, teatro due giorni fa dell’assassinio di un giovane egiziano da parte - alcuni accusano - di una gang di latino-americani. L’omicidio, che ha scatenato una rivolta della folta comunità nordafricana locale, è ora al centro del dibattito politico. Questa sera una fiaccolata di solidarietà con i residenti è stata indetta dal Pdl. Secondo il ministro dell’Interno Maroni è escluso il rischio "banlieue" e occorre cambiare passo nelle politiche di integrazione. Il leader del Carroccio, Bossi, dice: “No ai rastrellamenti” proposti dal leghista Salvini, mentre per il Pd “è fallita la politica della sicurezza” del governo. Ma qual è la situazione a via Padova? Paolo Ondarza lo ha chiesto a don Piero Cecchi, parroco della chiesa locale di San Giovanni Crisostomo che per mercoledì prossimo ha promosso una veglia di preghiera e riflessione aperta a tutti.RealAudioMP3

R. - La prima cosa che direi è che non è che non è uno scontro tra etnie ma è un episodio dovuto ad alcune frange più violente che hanno suscitato poi una reazione sproporzionata, certamente da condannare. Questo ci riempie di una profonda tristezza perché cade su un lavoro silenzioso, che dura da anni, di attenzione per cercare l’integrazione, che ha prodotto frutti di integrazione per cui ci sono tante persone italiane e straniere che vivono in pace e cercano di convivere con quelli che abitano di fianco a loro. Via Padova è molto più bella di quella che i media in questi giorni hanno descritto.

 
D. - Ma in che proporzione è la popolazione immigrata rispetto a quella italiana?

 
R. - Certamente ci sono molti immigrati e questo è qualcosa che non eravamo preparati, probabilmente, ad accogliere. Però ecco questa preponderanza così assoluta non è reale perché è vero che i bambini sono tanti ma questo perché i non italiani hanno famiglie più larghe.

 
D. – Faccio riferimento a dichiarazioni che sono state rilasciate ai media di italiani che si dicono assediati dagli stranieri, dicono: qui accade di tutto, viviamo come in una fogna, nel degrado…

 
R. - E’ vero che ci sono tanti immigrati ed è vero anche che ci sono delle situazioni non lineari soprattutto in alcuni caseggiati di ringhiera di via Padova, però è altrettanto vero che ci sono persone che vivono normalmente la loro vita di italiani qui. Non é così assoluto questo degrado.

 
D. – Si parla di spaccio, prostituzione…

 
R. - Dappertutto a Milano, non solo in via Padova: non è la centrale dello spaccio e della prostituzione! Rincasando la sera in macchina ho visto in altre strade molta più prostituzione sui marciapiedi che non in via Padova.

 
D. - Ma lei crede che ci sia una responsabilità della politica per quanto accaduto a via Padova?

 
R. – Non sono in grado di attribuire responsabilità. L’unica cosa che dico è che probabilmente manca la percezione di quella che è l’importanza educativa. Forse se invece di 300 militari avessero mandato 150 militari e 150 educatori di strada avrebbero risolto molti più problemi della città e non solo del nostro quartiere.

 
D. - Non l’aumento delle forze di polizia può risolvere il problema…

 
R. – Penso proprio di no. Lo stesso ministro Maroni in un’intervista - con mia gradita sorpresa - dice che non é solo un problema di ordine pubblico ma di inculturazione e di integrazione.

 
D. – Lei non crede che ci possa un rischio “banlieue”: cioè, un ripetersi di quanto accaduto qualche anno fa in Francia?

 
R. – Non posso dirlo nel senso che l’indole umana è così imprevedibile e, per esempio, quando noi leggiamo nei Promessi Sposi del Manzoni il saccheggio dei forni sappiamo che da un niente può scatenarsi qualcosa di terribile. Di per sé non dovrebbero esserci le condizioni.

 
D. – Da quanto ha potuto vedere c’è un clima di contrapposizione tra immigrati di origine africana e quelli sudamericani?

 
R. – C’è un clima un pochino di sospetto perché quando ci si scontra poi non è che si diventa subito tranquilli e gioiosi. Ci tengo a dire che per quello che riguarda soprattutto i latinoamericani sembra che sia una di queste bande che sono abbastanza feroci e agguerrite che non sono localizzate qui ma operano su tutta la città e poi si concentrano su punti particolari.

 
D. – Proprio laddove c’è il rischio che si creino delle divisioni è fondamentale il ruolo della Chiesa; proprio nella sua parrocchia mercoledì è stata organizzata una veglia di preghiera…

 
R. – Sono le parrocchie che si affacciano su questa strada: non è una cosa diocesana. Siamo noi comunità cristiane, preti e laici che vogliamo pregare insieme. Non è una manifestazione. L’appello che io farei è questo: ogni persona non può essere guardata come categoria ma è una persona che ha un volto e un nome: se si riesce a guardarsi in faccia e chiamarsi per nome ci si accorge che siamo tutti esseri umani che hanno una loro unità nella paternità di Dio.







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