L'accoglienza e il rispetto della dignità dei migranti ribadite nel documento conclusivo
del Congresso mondiale della Pastorale per i Migranti
“La Chiesa deve aprire le braccia a tutti i migranti, qualunque sia la loro età, il
loro credo o la convinzione”. E’ una delle conclusioni contenute nel documento finale
del sesto Congresso Mondiale della Pastorale per i Migranti e i Rifugiati, che si
è tenuto dal 9 al 12 novembre 2009 in Vaticano. Il testo ribadisce la necessità di
porre come priorità nell’affrontare questa “sfida pluridimensionale” la centralità
della persona e la sua dignità. Ce ne parla Benedetta Capelli:
“Un segno
dei tempi” così viene definito il fenomeno della migrazione che “influenza profondamente
– si legge nel documento – le nostre società”. Analizzandone le conseguenze drammatiche,
si evidenzia come la “ricerca di modelli migliori di accompagnamento per gli immigrati”
passino attraverso una ridefinizione della società, chiamata a porre come prioritaria
la centralità della persona e la sua dignità. Attraverso questa nuova prospettiva
si può intravedere “una vera speranza”, anche se la migrazione, essendo “una sfida
pluridimensionale”, indica che “i temi della sicurezza e della paura sociale possono
facilmente portare a un aumento della discriminazione”, “del razzismo”, della “criminalizzazione
dei migranti”. Elementi che mettono la società del 21.mo secolo di fronte al “traffico
di esseri umani”, ai “falsi matrimoni” a “nuove forme di schiavitù”. Una “sofferenza
umana” fatta di respingimenti, di “detenzione arbitraria” e a volte anche di “tortura
nei campi di accoglienza”. “È chiaro – si legge nel documento - che un atteggiamento
difensivo e politiche migratorie restrittive dividono e distruggono le famiglie” e
“che i disordini sociali tra i migranti sono causati pure dall’ingiustizia sociale”. “In
evidente contrasto con gli atteggiamenti restrittivi – prosegue il testo – le economie
mondiali hanno bisogno in genere di una maggiore mobilità umana” e pertanto il documento
esorta a promuovere questo aspetto. Inoltre, “per la Chiesa il macrofenomeno delle
migrazioni è una questione pastorale prioritaria”: può aiutare i migranti a mantenere
la loro cultura e far sì che il Paese ospitante si apra alla cultura del Paese d’origine
degli stessi migranti. In questo contesto, nuovo slancio può arrivare dall’Istruzione
Erga Migrantes Caritas Christi, “pietra miliare per quanto riguarda la ‘categorizzazione’
dei migranti”, che contribuisce a “rafforzare i meccanismi di coordinamento pastorale
nazionali e diocesani”. Il Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli
Itineranti segnala anche la “corresponsabilità e comunione tra Chiese di origine e
Chiese di accoglienza”, che hanno permesso una migliore comprensione del fenomeno
migratorio e hanno suggerito misure concrete per la stessa pastorale. Invitando a
guardare agli immigrati come “protagonisti del loro futuro”, sia nei Paesi d’arrivo
che in quelli di partenza, il documento raccomanda il rafforzamento delle strutture
ecclesiali attraverso una maggiore collaborazione, per meglio proteggere le comunità
locali e gli stessi migranti. Una particolare preoccupazione
viene espressa per i bambini rimasti nei Paesi d’origine che “pagano un prezzo molto
elevato” per la separazione delle famiglie; un trauma che può mettere in pericolo
la loro educazione e la società di domani. La Chiesa è quindi chiamata ad un ruolo
di mediazione, di sostegno sotto ogni punto di vista, e di vigilanza di fronte alla
violazione dei diritti umani. “Trasformando la Chiesa in un punto di incontro, soprattutto
per i giovani migranti, si può neutralizzare - prosegue il doccumento - l’effetto
negativo della secolarizzazione, contribuendo così a trasformare la migrazione in
opportunità per l’evangelizzazione, nel pieno rispetto della scelta di ciascuno”.
Infine, il testo esorta a sviluppare una cooperazione con i Governi, la società civile,
la comunità internazionale per promuovere il concetto di “un’Autorità politica mondiale”
che si occupi di immigrazione a livello globale. Importante è anche il richiamo ai
mass media, affinchè si impegnino a controbilanciare "la copertura mediatica negativa"
del fenomeno migratorio con esempi positivi di immigrati che, con il loro lavoro e
il loro contributo, favoriscono la ricchezza del Paese d'accoglienza quanto in quello
d'origine, al loro ritrono.