Il Papa all'udienza generale parla di Sant'Antonio di Padova: un maestro che insegna
a pregare, a essere sensibili ai poveri, ad amare il Crocifisso
La catechesi di Benedetto XVI all’udienza generale di questa mattina, in Aula Paolo
VI, ha avuto per protagonista Antonio di Padova, contemporaneo di San Francesco e
definito dal Papa “uno dei Santi più popolari in tutta la Chiesa cattolica”. Il Pontefice
ne ha messo in risalto le straordinarie doti di predicatore, che gli valsero da Pio
XII, nel 1946, il titolo di Dottore della Chiesa. Sull’esempio del Santo, Benedetto
XVI ha invitato tra l’altro credenti e non credenti a vedere nel Crocifisso lo “specchio”
della dignità umana e ad accogliere i poveri in terra perché saranno loro ad accoglierci
in cielo. Il servizio di Alessandro De Carolis:
Lisbona gli
diede i natali in terra, Padova quelli in cielo. Tra questi poli geografici – divenuti
nei secoli l’universale segno di distinzione del Santo – si racchiude la storia umana
e spirituale di Antonio di Padova, uomo di tale “scienza” ed “eloquenza” cristiana
da ricevere come incarico dai suoi superiori quello di dedicarsi in modo prevalente
alla predicazione. Dai suoi scritti, ha osservato Benedetto XVI, emerge in modo così
efficace “la freschezza e la bellezza del Vangelo” al punto che “ancora oggi”, a distanza
di 800 anni, “li possiamo leggere con grande profitto spirituale”. Non solo. Antonio
di Padova, che aveva voluto diventare Frate minore e che nel 1221 aveva personalmente
conosciuto San Francesco nel celebre “Capitolo delle stuoie”, fu colui che – ha riconosciuto
il Papa – “con le sue spiccate doti di intelligenza, di equilibrio, di zelo apostolico”
contribuì “in modo significativo allo sviluppo della spiritualità francescana”. Ma
anche un altro tratto fondamentale spicca nei suoi sermoni, quello di un grande “fervore
mistico”: “In questi Sermoni sant’Antonio parla della
preghiera come di un rapporto di amore, che spinge l’uomo a colloquiare dolcemente
con il Signore, creando una gioia ineffabile, che soavemente avvolge l’anima in orazione.
Antonio ci ricorda che la preghiera ha bisogno di un’atmosfera di silenzio che non
coincide con il distacco dal rumore esterno, ma è esperienza interiore, che mira a
rimuovere le distrazioni provocate dalle preoccupazioni dell’anima, creando il silenzio
nell’anima stessa”. In questo “vero
e proprio itinerario di vita cristiana”, che il futuro Santo propone con i suoi insegnamenti,
la preghiera permette a Dio di “entrare nella sfera degli affetti, della volontà,
del cuore” con i suoi “quattro indispensabili atteggiamenti”, che il Papa ha voluto
sottolineare per i credenti di oggi:
“Aprire fiduciosamente
il proprio cuore a Dio; questo è il primo passo del pregare, non semplicemente cogliere
una parola, ma aprire il cuore alla presenza di Dio; poi colloquiare affettuosamente
con Lui, vedendolo presente con me; e poi – cosa molto naturale - presentargli i nostri
bisogni; infine lodarlo e ringraziarlo”. Le ricadute concrete
della preghiera si constatano nella vita sociale. Le città e i commerci che rifioriscono
all’inizio del 13.mo secolo mostrano anche un aumento di persone che, ha ricordato
Benedetto XVI, “erano insensibili alle necessità dei poveri”: “Antonio
più volte invita i fedeli a pensare alla vera ricchezza, quella del cuore, che rendendo
buoni e misericordiosi, fa accumulare tesori per il Cielo (...) Non è forse questo,
cari amici, un insegnamento molto importante anche oggi, quando la crisi finanziaria
e i gravi squilibri economici impoveriscono non poche persone, e creano condizioni
di miseria? Nella mia Enciclica Caritas in veritate ricordo: ‘L’economia ha bisogno
dell’etica per il suo corretto funzionamento, non di un’etica qualsiasi, bensì di
un’etica amica della persona’”. Discepolo
di San Francesco, Antonio fa di Cristo il centro della sua vocazione e del suo apostolato.
Accanto a ciò, ha soggiunto Benedetto XVI, per Antonio è basilare la contemplazione
del Crocifisso, così importante, ha sottolineato il Pontefice, anche per la nostra
cultura contemporanea: “La visione del Crocifisso
ispira ad Antonio pensieri di riconoscenza verso Dio e di stima per la dignità della
persona umana, così che tutti, credenti e non credenti, possano trovare nel Crocifisso
e nella sua immagine un significato che arricchisce la vita (...). Così tutta la dignità
umana appare nello specchio del Crocifisso e lo sguardo verso di Lui è sempre fonte
del riconoscimento della dignità umana”. Da
un predicatore di eccellenza come Antonio di Padova a coloro che hanno oggi il compito
di rendere “incisiva la comunicazione” dei capisaldi della fede. Benedetto XVI ha
concluso la catechesi esortando il clero, nell’Anno Sacerdotale in corso, ad essere
sollecito nel suo “ministero di annuncio e attualizzazione della Parola di Dio ai
fedeli, soprattutto – ha detto – attraverso le omelie liturgiche”: “Siano
esse una presentazione efficace dell’eterna bellezza di Cristo, proprio come Antonio
raccomandava: ‘Se predichi Gesù, egli scioglie i cuori duri; se lo invochi, addolcisci
le amare tentazioni; se lo pensi, ti illumina il cuore; se lo leggi, egli ti sazia
la mente’”. Tra i saluti speciali
rivolti ai gruppi in Aula Paolo VI – fra i quali quelli ai giovani dell’arcidiocesi
di Brindisi-Ostuni, meta di una visita pastorale nel 2008, e ai rappresentanti del
Comitato Regionale Lazio della Federazione Italiana Gioco Calcio, invitati “a vivere
l’attività sportiva con serenità e gioia” e a promuovere “un sano agonismo – il Papa
si è soffermato con i pellegrini croati su un anniversario caro al loro Paese e a
tutta la Chiesa: “Ujedno danas slavimo i spomendan... Oggi
celebriamo la memoria del Beato Luigi cardinale Stepinac, vescovo e martire, che ha
sacrificato la sua vita cinquanta anni fa in testimonianza della fede. Custodite la
memoria dei vostri martiri, e sul loro eroico esempio nell oggi della Chiesa siate
‘il sale della terra e la luce del mondo’”.