Mons. Vegliò per i 90 anni dell’Apostolato del Mare: marittimi ignorati dall'umanità
Nel 2010, proclamato “Anno del Marittimo” dal Consiglio dell’Organizzazione marittima
internazionale, l’Apostolato del Mare rinnova il proprio impegno a prendersi cura
di quanti lavorano in mare e delle loro famiglie, accertandosi che abbiano “decenti
condizioni di vita e di lavoro”. E’ quanto ha detto il presidente del Pontificio Consiglio
della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, mons. Antonio Maria Vegliò, incontrando
stamani i coordinatori regionali dell’Apostolato del Mare, che quest’anno celebra
il 90.mo anniversario della sua fondazione. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
Il contributo
dei marittimi per il benessere della società è spesso ignorato e dato per scontato:
sono poco più di 1 milione mezzo e provvedono ogni giorno ai bisogni quotidiani di
oltre 6 miliardi e mezzo di persone nel mondo. Nella loro condizione di migranti e
stranieri, sono spesso “lontani” non solo dagli affetti ma anche da una chiesa e da
una comunità cristiana. Da 90 anni, l’Apostolato del Mare, provvede alla loro cura
pastorale. Nella sua missione a servizio della comunità navigante, le sfide oggi sono
molteplici e cruciali. Incontrando i coordinatori regionali dell’Apostolato del Mare,
l’arcivescovo Antonio Maria Vegliò ha sottolineato, in particolare, che “la diminuzione
del numero di sacerdoti e persone consacrate pronte a dare assistenza spirituale all’Apostolato
del Mare”, esorta a “cercare nuovi metodi” per proseguire in questa missione. Il presule
ha aggiunto che servono “diaconi permanenti e laici opportunamente formati da introdurre
al servizio di questo ministero”. Combinando fede ed esperienza di vita, devono essere
“idealmente preparati a provvedere alla cura pastorale di marittimi e pescatori”.
Mons. Antonio Maria Vegliò ha infine ricordato che “la diminuzione degli aiuti finanziari
da parte di organizzazioni caritative e la crisi economica mondiale hanno costretto
molti centri per marittimi a chiudere o a ridurre considerevolmente le loro attività”.
Per questo, si devono “sperimentare vie nuove” e favorire, ove è possibile, “la cooperazione
economica condividendo risorse e collaborando maggiormente con organizzazioni marittime
civili”.