L’Arcivescovo di Medan: c’è dialogo e amicizia interreligiosa a Sumatra
Non c’è tensione interreligiosa nel Nord dell’isola di Sumatra dopo i recenti episodi
di violenza contro due aule di culto protestanti: “Si tratta di episodi rari, avvenuti
in precise circostanze. Negli ultimi cinque anni la situazione a Sumatra – in particolare
nella provincia di Aceh – è molto migliorata a livello sociale, umano, interreligioso”:
è quanto dice in un’intervista all’Agenzia Fides mons. Antonius Sinaga, arcivescovo
di Medan, arcidiocesi metropolitana a cui fanno riferimento le altre due diocesi di
Nord Sumatra, Padang e Sibolga. “Per i rapporti interreligiosi, soprattutto fra musulmani
e cristiani, non sono preoccupato, anzi, sono molto fiducioso. Gli episodi isolati
di violenza anticristiana (soprattutto contro le denominazioni protestanti) dipendono
da fattori contingenti e non sono conseguenza di un odio diffuso. Ad esempio l’ultimo
incidente (due aule di preghiera di una comunità Pentecostale incendiate a Padang,
nel Nord Sumatra), è stato il frutto dell’incitamento di un leader musulmano radicale
che è venuto a visitare la provincia e di un gruppo di fanatici che lo ha seguito.
L’episodio è stato condannato da numerosi leader musulmani locali”. Importante, sottolinea
il vescovo, è la politica del governo locale: “A livello pubblico il governo locale
a Sumatra ha fatto sua e difende l’idea di pluralismo e pluriformità della società,
come accade a livello nazionale, nel rispetto del Pancasila, i cinque principi cardine
della nazione indonesiana, che garantiscono libertà ai credenti delle comunità religiose
riconosciute”. E’ vero che una forma di controllo e di pressione sulla crescita delle
comunità cristiane protestanti è quella esercitata negando o allungando molto l’iter
dei permessi per la costruzione di nuove chiese. Ed anche la “visibilità e rumorosità”
delle liturgie cristiane delle denominazioni Pentecostali a volte suscitano le reazioni
di piccoli gruppi fondamentalisti islamici, che temono il proselitismo cristiano.
Inoltre a Nord Sumatra una potenziale situazione di conflitto si trova all’interno
della comunità di etnia batak, che vive soprattutto nel Sud della provincia di Aceh:
tale comunità include cristiani e musulmani, e vi sono dunque forti pressioni per
la conversione all’islam dei batak cristiani, nel tentativo di riallineare i due fattori,
gruppo etnico e religione. Ma, pur considerando questo scenario e tale complessità
di elementi, come notano a Fides fonti della Chiesa indonesiana, “occorre ricordare
anni dolorosi nemmeno tanto lontani (verso la fine degli anni ‘90) in cui le chiese
bruciate ogni anno in Indonesia erano un fenomeno preoccupante e raggiungevano cifre
molto alte: circa 800 chiese incendiate o attaccate fra il 1996 e il 2000. Oppure
si pensi alla violenza anticristiana che si è generata nelle Molucche e in Sulawesi
fra il 1999 e il 2001. Da allora i passi avanti sono evidenti”. Inoltre le maggiori
organizzazioni islamiche indonesiane – come Muhammadiyah (circa 30 milioni di seguaci)
e Nahdlatul Ulama (circa 40 milioni di seguaci) – condannano simili episodi. Anche
autorevoli e influenti mass-media hanno deplorato la violenza, come mostra l’ultimo
editoriale del Jakarta Post, titolato “Stop Church burning”. “La valutazione complessiva
dell’armonia interreligiosa a Sumatra e in tutta l’Indonesia – conclude la fonte di
Fides – è dunque positiva e speriamo in continui miglioramenti”.