2010-02-04 14:41:47

Mons. Negri: amore per Cristo e fraternità contro la tentazione della carriera e del potere nella Chiesa


Il fuoco missionario di San Domenico e la tentazione della carriera e del potere anche in coloro che hanno un ruolo all’interno della Chiesa sono alcuni dei temi che ieri il Papa ha affrontato nella sua catechesi durante l’udienza generale in Aula Paolo VI. Proprio su quest’ultimo punto ascoltiamo la riflessione di mons. Luigi Negri, vescovo di San Marino-Montefeltro al microfono di Benedetta Capelli:RealAudioMP3

R. – Io credo che un invito pressante sul piano spirituale, come quello che il Papa ha fatto ieri e non per la prima volta, debba trovare tutti gli ecclesiastici in una posizione di reale e sereno ascolto, con una vera volontà di immedesimazione con quello che il Santo Padre testimonia e dice. E’ indubbio che, come ci ha ricordato bene San Tommaso d’Aquino, un uomo ha nella vita un affetto fondamentale che lo lega all’essere, a Dio e agli altri: è Cristo l’affetto esauriente della nostra esistenza. Tutti gli altri affetti si ordinano e diventano legittimi e addirittura buoni e positivi se vengono illuminati e guidati dall’affetto verso Cristo. Io lo dico con fatica, ma non posso non dirlo, che vedo poco amore verso Gesù Cristo in certi spazi ecclesiastici. E’ inevitabile che quando c’è poco amore a Gesù Cristo altri amori ci prendano e addirittura mobilitino le nostre esistenze, le nostre energie, così che diventiamo uno spettacolo ben miserevole di fronte al mondo, che ci usa e ci irride.

 
D. – A volte ci può essere una sottile tentazione, cedendo alla quale, pian piano, il servizio si trasforma in potere. Come smascherare questo pericolo?

 
R. – Io penso che una vera fraternità possa essere un luogo dove uno si consegna in qualche modo con sincerità, a cui comunica la propria vita, le proprie difficoltà, e quindi può sentirsi corretto. C’è però una grande solitudine. Se si coltiva una vita ecclesiastica solitaria, si diventa molto più vulnerabili di fronte alle tentazioni del demonio.

 
D. – Talvolta, nell’opinione di molti, la Chiesa, il Vaticano, il sacerdote, sono nomi legati proprio alla parola “potere”. Cosa rispondere?

 
R. – Dando una testimonianza che si può essere preti, vescovi, cardinali, impegnati nella responsabilità della guida della diocesi in modo disinteressato. Disinteressato vuol dire totalmente innamorato di Cristo, perché il valore non è non avere affetti, ma avere l’affetto giusto. Io penso che la gran parte degli ecclesiastici non siano nella condizione descritta dal Santo Padre. Purtroppo, tre o quattro che tralignano buttano ombra anche sui molti buoni.

 
D. – San Francesco e San Domenico, di cui il Papa ha parlato nelle ultime catechesi, cosa ci insegnano allora?

 
R. – Loro hanno fatto una grande riforma culturale della Chiesa: hanno riproposto l’Evangelo nella sua radicalità come vita di fede e nella sua capacità di espansione dal punto di vista sociale. San Francesco ha riproposto quell’umanesimo cristiano. San Domenico ha dato come contenuto, a questo umanesimo cristiano, la cultura. Noi viviamo di questa ricchezza che è stata in questi grandi fondatori e dobbiamo riviverli noi come una presenza nella Chiesa, non semplicemente come un ricordo del passato. Ed è esattamente questo, mi sembra, l’intendimento del Santo Padre durante l’udienza.







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