La donazione di Cristo è modello per ogni uomo e donna che consacra tutta la propria
vita a Dio. Così il Papa nella Festa della Presentazione del Signore
La vita consacrata è segno di gratuità e di amore in una società che rischia di essere
soffocata dal vortice dell’effimero e dell’utile. Così Benedetto XVI nell’Omelia,
in San Pietro, per la celebrazione dei Secondi Vespri, nella Festa della Presentazione
di Gesù al Tempio, XIV Giornata della vita consacrata. Il Papa ha esortato tutti alla
donazione totale in Cristo e rimarcato che: “Non basta una vita intera a ricambiare
ciò che Cristo è e ciò che ha fatto per noi”. Massimiliano Menichetti:
L’adorazione
e la benedizione eucaristica, il canto dei Vespri, il silenzio. Sono le istantanee
della Basilica Vaticana raccolta in preghiera con il Papa, nella Festa della
Presentazione di Gesù al Tempio, XIV Giornata della vita consacrata. Benedetto XVI
rivolgendosi ai tanti religiosi e religiose presenti ha sottolineato come questa vocazione
testimoni la sovrabbondanza dell’amore gratuito del Creatore ed il reciproco
cercarsi di Dio e dell’uomo
La persona consacrata, per il fatto
stesso di esserci, rappresenta come un ponte verso Dio per tutti coloro che la incontrano,
un richiamo, un rinvio. E tutto questo in forza della mediazione di Gesù Cristo, il
Consacrato del Padre. Il fondamento è Lui! Lui, che ha condiviso la nostra fragilità,
perché noi potessimo partecipare della sua natura divina.
Centrale
il ringraziamento al Signore per la stessa vita consacrata
Se essa
non ci fosse, quanto sarebbe più povero il mondo! Al di là delle superficiali valutazioni
di funzionalità, la vita consacrata è importante proprio per il suo essere segno di
gratuità e d’amore, e ciò tanto più in una società che rischia di essere soffocata
nel vortice dell’effimero e dell’utile. La vita consacrata, invece, testimonia la
sovrabbondanza d’amore che spinge a perdere la propria vita, come risposta alla sovrabbondanza
di amore del Signore, che per primo ha perduto la sua vita per noi.
Volgendo
lo sguardo alla Croce “fonte dell’Amore puro e fedele”, il Papa ha rimarcato “non
basta una vita intera a ricambiare ciò che Cristo è e ciò che ha fatto per noi" e
che il cammino quotidiano in Gesù è forza nel momento della prova
La
vita consacrata rimane una scuola privilegiata della compunzione del cuore, del riconoscimento
umile della propria miseria, ma, parimenti, rimane una scuola della fiducia nella
misericordia di Dio, nel suo amore che mai abbandona.
Benedetto
XVI ha ribadito che “Le persone consacrate sperimentano la grazia, la misericordia
e il perdono di Dio non solo per sé, ma anche per i fratelli, essendo chiamate a portare
nel cuore e nella preghiera le angosce e le attese degli uomini, specie di quelli
che sono lontani da Dio. Poi il particolare riferimento alle comunità che vivono nella
clausura
Le comunità che vivono nella clausura, con il loro specifico
impegno di fedeltà nello stare con il Signore, nello stare sotto la croce, svolgono
sovente questo ruolo vicario, unite al Cristo della Passione, prendendo su di sé le
sofferenze e le prove degli altri ed offrendo con gioia ogni cosa per la salvezza
del mondo
Il pensiero del Santo Padre è andato alle persone consacrate
che “sentono il peso della fatica quotidiana”
Penso ai religiosi
e alle religiose anziani, ammalati, a quanti si sentono in difficoltà nel loro apostolato…
Nessuno di essi è inutile, perché il Signore li associa al trono della grazia. Sono
invece un dono prezioso per la Chiesa e per il mondo, assetato di Dio e della sua
Parola.
Infine l’esortazione all’offerta totale di se a Cristo guardando
“all’Anno Sacerdotale come un’ulteriore occasione, per i religiosi presbiteri, ad
intensificare il cammino di santificazione e per tutti i consacrati e le consacrate”,
quale “stimolo ad accompagnare e sostenere il loro ministero con fervente preghiera”.
Quindi l’invito per il prossimo giugno a Roma “a quanti esercitano il Sacro
Ministero”,all’incontro internazionale dei sacerdoti.
Testo
integrale dell'Omelia
Cari fratelli e sorelle!
Nella
festa della Presentazione di Gesù al Tempio celebriamo un mistero della vita di Cristo,
legato al precetto della legge mosaica che prescriveva ai genitori, quaranta giorni
dopo la nascita del primogenito, di salire al Tempio di Gerusalemme per offrire il
loro figlio al Signore e per la purificazione rituale della madre (cfr Es 13,1-2.11-16;
Lv 12,1-8). Anche Maria e Giuseppe compiono questo rito, offrendo – secondo la legge
– una coppia di tortore o di colombi. Leggendo le cose più in profondità, comprendiamo
che in quel momento è Dio stesso a presentare il suo Figlio Unigenito agli uomini,
mediante le parole del vecchio Simeone e della profetessa Anna. Simeone, infatti,
proclama Gesù come “salvezza” dell’umanità, come “luce” di tutti i popoli e “segno
di contraddizione”, perché svelerà i pensieri dei cuori (cfr Lc 2,29-35). In Oriente
questa festa veniva chiamata Hypapante, festa dell’incontro: infatti, Simeone ed Anna,
che incontrano Gesù nel Tempio e riconoscono in Lui il Messia tanto atteso, rappresentano
l’umanità che incontra il suo Signore nella Chiesa. Successivamente questa festa si
estese anche in Occidente, sviluppando soprattutto il simbolo della luce, e la processione
con le candele, che diede origine al termine “Candelora”. Con questo segno visibile
si vuole significare che la Chiesa incontra nella fede Colui che è “la luce degli
uomini” e lo accoglie con tutto lo slancio della sua fede per portare questa “luce”
al mondo.
In concomitanza con questa festa liturgica,
il Venerabile Giovanni Paolo II, a partire dal 1997, volle che fosse celebrata in
tutta la Chiesa una speciale Giornata della Vita Consacrata. Infatti, l’oblazione
del Figlio di Dio – simboleggiata dalla sua presentazione al Tempio – è modello per
ogni uomo e donna che consacra tutta la propria vita al Signore. Triplice è lo scopo
di questa Giornata: innanzitutto lodare e ringraziare il Signore per il dono della
vita consacrata; in secondo luogo, promuoverne la conoscenza e la stima da parte di
tutto il Popolo di Dio; infine, invitare quanti hanno dedicato pienamente la propria
vita alla causa del Vangelo a celebrare le meraviglie che il Signore ha operato in
loro. Nel ringraziarvi per essere convenuti così numerosi, in questa giornata a voi
particolarmente dedicata, desidero salutare con grande affetto ciascuno di voi: religiosi,
religiose e persone consacrate, esprimendovi cordiale vicinanza e vivo apprezzamento
per il bene che realizzate a servizio del Popolo di Dio.
La
breve lettura tratta dalla Lettera agli Ebrei, che poco fa è stata proclamata, unisce
bene i motivi che stanno all’origine di questa significativa e bella ricorrenza e
ci offre alcuni spunti di riflessione. Questo testo – si tratta di due versetti, ma
molto densi – apre la seconda parte della Lettera agli Ebrei, introducendo il tema
centrale di Cristo sommo sacerdote. Veramente bisognerebbe considerare anche il versetto
immediatamente precedente, che dice: “Dunque, poiché abbiamo un sommo sacerdote grande,
che è passato attraverso i cieli, Gesù il Figlio di Dio, manteniamo ferma la professione
della fede” (Eb 4,14). Questo versetto mostra Gesù che ascende al Padre; quello successivo
lo presenta mentre discende verso gli uomini. Cristo è presentato come il Mediatore:
è vero Dio e vero uomo, perciò appartiene realmente al mondo divino e a quello umano.
In
realtà, è proprio e solamente a partire da questa fede, da questa professione di fede
in Gesù Cristo, il Mediatore unico e definitivo, che nella Chiesa ha senso una vita
consacrata, una vita consacrata a Dio mediante Cristo. Ha senso solo se Lui è veramente
mediatore tra Dio e noi, altrimenti si tratterebbe solo di una forma di sublimazione
o di evasione. Se Cristo non fosse veramente Dio, e non fosse, al tempo stesso, pienamente
uomo, verrebbe meno il fondamento della vita cristiana in quanto tale, ma, in modo
del tutto particolare, verrebbe meno il fondamento di ogni consacrazione cristiana
dell’uomo e della donna. La vita consacrata, infatti, testimonia ed esprime in modo
“forte” proprio il cercarsi reciproco di Dio e dell’uomo, l’amore che li attrae; la
persona consacrata, per il fatto stesso di esserci, rappresenta come un “ponte” verso
Dio per tutti coloro che la incontrano, un richiamo, un rinvio. E tutto questo in
forza della mediazione di Gesù Cristo, il Consacrato del Padre. Il fondamento è Lui!
Lui, che ha condiviso la nostra fragilità, perché noi potessimo partecipare della
sua natura divina.
Il nostro testo insiste, più che
sulla fede, sulla “fiducia” con cui possiamo accostarci al “trono della grazia”, dal
momento che il nostro sommo sacerdote è stato Lui stesso “messo alla prova in ogni
cosa come noi”. Possiamo accostarci per “ricevere misericordia”, “trovare grazia”,
e per “essere aiutati al momento opportuno”. Mi sembra che queste parole contengano
una grande verità e insieme un grande conforto per noi che abbiamo ricevuto il dono
e l’impegno di una speciale consacrazione nella Chiesa. Penso in particolare a voi,
care sorelle e fratelli. Voi vi siete accostati con piena fiducia al “trono della
grazia” che è Cristo, alla sua Croce, al suo Cuore, alla sua divina presenza nell’Eucaristia.
Ognuno di voi si è avvicinato a Lui come alla fonte dell’Amore puro e fedele, un Amore
così grande e bello da meritare tutto, anzi, più del nostro tutto, perché non basta
una vita intera a ricambiare ciò che Cristo è e ciò che ha fatto per noi. Ma voi vi
siete accostati, e ogni giorno vi accostate a Lui, anche per essere aiutati al momento
opportuno e nell’ora della prova. Le persone consacrate sono chiamate in
modo particolare ad essere testimoni di questa misericordia del Signore, nella quale
l’uomo trova la propria salvezza. Esse tengono viva l’esperienza del perdono di Dio,
perché hanno la consapevolezza di essere persone salvate, di essere grandi quando
si riconoscono piccole, di sentirsi rinnovate ed avvolte dalla santità di Dio quando
riconoscono il proprio peccato. Per questo, anche per l’uomo di oggi, la vita consacrata
rimane una scuola privilegiata della “compunzione del cuore”, del riconoscimento umile
della propria miseria, ma, parimenti, rimane una scuola della fiducia nella misericordia
di Dio, nel suo amore che mai abbandona. In realtà, più ci si avvicina a Dio, più
si è vicini a Lui, più si è utili agli altri. Le persone consacrate sperimentano la
grazia, la misericordia e il perdono di Dio non solo per sé, ma anche per i fratelli,
essendo chiamate a portare nel cuore e nella preghiera le angosce e le attese degli
uomini, specie di quelli che sono lontani da Dio. In particolare, le comunità che
vivono nella clausura, con il loro specifico impegno di fedeltà nello “stare con il
Signore”, nello “stare sotto la croce”, svolgono sovente questo ruolo vicario, unite
al Cristo della Passione, prendendo su di sé le sofferenze e le prove degli altri
ed offrendo con gioia ogni cosa per la salvezza del mondo.
Infine,
cari amici, vogliamo elevare al Signore un inno di ringraziamento e di lode per la
stessa vita consacrata. Se essa non ci fosse, quanto sarebbe più povero il mondo!
Al di là delle superficiali valutazioni di funzionalità, la vita consacrata è importante
proprio per il suo essere segno di gratuità e d’amore, e ciò tanto più in una società
che rischia di essere soffocata nel vortice dell’effimero e dell’utile (cfr Esort.
ap. post-sinod. Vita consecrata, 105). La vita consacrata, invece, testimonia la sovrabbondanza
d’amore che spinge a “perdere” la propria vita, come risposta alla sovrabbondanza
di amore del Signore, che per primo ha “perduto” la sua vita per noi. In questo momento
penso alle persone consacrate che sentono il peso della fatica quotidiana scarsa di
gratificazioni umane, penso ai religiosi e alle religiose anziani, ammalati, a quanti
si sentono in difficoltà nel loro apostolato… Nessuno di essi è inutile, perché il
Signore li associa al “trono della grazia”. Sono invece un dono prezioso per la Chiesa
e per il mondo, assetato di Dio e della sua Parola.
Pieni
di fiducia e di riconoscenza, rinnoviamo dunque anche noi il gesto dell’offerta totale
di noi stessi presentandoci al Tempio. L’Anno Sacerdotale sia un’ulteriore occasione,
per i religiosi presbiteri, ad intensificare il cammino di santificazione e, per tutti
i consacrati e le consacrate, uno stimolo ad accompagnare e sostenere il loro ministero
con fervente preghiera. Quest’anno di grazia avrà un momento culminante a Roma, il
prossimo giugno, nell’incontro internazionale dei sacerdoti, al quale invito quanti
esercitano il Sacro Ministero. Ci accostiamo al Dio tre volte Santo, per offrire la
nostra vita e la nostra missione, personale e comunitaria, di uomini e donne consacrati
al Regno di Dio. Compiamo questo gesto interiore in intima comunione spirituale con
la Vergine Maria: mentre la contempliamo nell’atto di presentare Gesù Bambino al Tempio,
la veneriamo quale prima e perfetta consacrata, portata da quel Dio che porta in braccio;
Vergine, povera e obbediente, tutta dedita a noi, perché tutta di Dio. Alla sua scuola,
e col suo materno aiuto, rinnoviamo il nostro “eccomi” e il nostro “fiat”. Amen.