Afghanistan. No dei talebani al dialogo: la guerra continua
I talebani hanno smentito di aver incontrato l'inviato dell'Onu, Kai Eide, per discutere
di un processo di riconciliazione per l'Afghanistan e hanno ribadito che continueranno
a combattere, respingendo l'appello al dialogo arrivato dalla Conferenza di Londra.
Intanto, sul terreno si registra l’uccisione di quattro soldati afghani in scontri
con le forze speciali americane nella zona centrale del Paese, mentre due militari
statunitensi e un civile sono morti in un agguato nell’est. Giornata di violenze anche
nel vicino Pakistan, con decine di vittime. Il servizio di Marco Guerra:
“Una macchinazione
della propaganda delle forze d’occupazione, per danneggiare la Jihad decretata contro
gli invasori”. I talebani afghani smentiscono senza mezzi termini il funzionario
dell'Onu, Kai Eide, che ieri aveva riferito di un incontro con "membri attivi della
guerriglia" avvenuto questo mese a Dubai. In un comunicato diffuso dal sedicente Consiglio
alla guida dell'emirato islamico dell'Afghanistan, si ribadisce anche “che la guerra
santa contro il nemico va avanti”. I ribelli affermano inoltre che il loro "no" al
dialogo segna il fallimento della Conferenza di Londra. I talebani non sembrano dunque
lasciare spiragli al dialogo con quella comunità internazionale che dalla capitale
britannica aveva teso loro una mano, garantendo il reinserimento nella società civile
afghana. Le dure parole delle milizie integraliste hanno trovato anche oggi conferma
nei nuovi attacchi alle truppe della coalizione. Due militari e un civile americano
sono morti in un agguato nell'est, non lontano dal confine con il Pakistan. Quattro
soldati afghani sono invece stati uccisi dal "fuoco amico" statunitense. Situazione
sempre più incandescente anche oltre confine, in territorio pakistano. Un kamikaze
si è fatto esplodere oggi vicino ad un posto di controllo in un mercato nella regione
tribale nordoccidentale di Bajaur, causando almeno 14 morti e 20 feriti. Sempre nelle
aree tribali, al confine con l’Afghanistan, nove presunti talebani sono stati uccisi
in un raid missilistico statunitense. Somalia È di almeno
15 morti e 30 feriti il bilancio dei violenti scontri che nelle ultime 24 ore hanno
scosso il centro di Mogadiscio, capitale della Somalia. Ad un anno dall'insediamento
di Ahmad Sherif come presidente del debole governo transitorio del Paese africano,
un gruppo di ribelli dei Giovani mujahidin e del Partito islamico hanno sferrato un
duro attacco al palazzo presidenziale, protetto dalle truppe del contingente africano
dell'Amisom. La situazione in Somalia si fa dunque sempre più pesante, con l’intero
sud del Paese nelle mani delle milizie islamiche degli Shabaab.
Nigeria-Mend
Fine del cessate-il-fuoco in Nigeria tra il Movimento per l’emancipazione
del delta del Niger (Mend), il principale gruppo di guerriglia locale, e le compagnie
petrolifere presenti nella regione. Alla base della decisione dei ribelli, l’accusa
contro il governo di Lagos di essere incapace di favorire la giustizia per la popolazione
locale.
Tensioni Cina-Taiwan-Stati Uniti Dopo la vicenda Google,
nuove frizioni tra Cina e Stati Uniti. Ieri, Washington ha annunciato la vendita per
sei miliardi di dollari di armamenti a Taiwan, l’isola considerata da Pechino una
provincia ribelle. Le autorità cinese hanno commentato l’iniziativa, affermando che
essa rischia di “danneggiare seriamente” i rapporti tra le due potenze, perché rappresenta
“una grave minaccia” alla sicurezza del Paese orientale. Secondo l’agenzia Nuova Cina,
Pechino sospenderà gli scambi e le relazioni sul piano militare con gli Stati Uniti.
Che significato assume questa situazione per i rapporti tra i due Paesi? Giancarlo
La Vella ne ha parlato con Francesco Sisci, corrispondente da Pechino per
il quotidiano La Stampa:
R. – Naturalmente,
è solo un motivo nuovo di scontro tra quelle che sono ormai le due maggiori potenze
politiche ed economiche del pianeta. Non è un motivo di enorme frizione, perché la
prevista visita in Cina del segretario per la Difesa americano, Bob Gates, alla fine
di febbraio o a marzo non è stata rinviata, né cancellata. Segno che i rapporti più
delicati, quelli più sensibili, continuano a essere buoni. Certo è che la vendita
di armi e la reazione cinese si inseriscono in un momento particolare tra le due potenze:
l’anno scorso sembrava ci fosse piena sintonia tra Cina e Stati Uniti, suggellata
con quello che pareva quasi un patto di partenariato, cioè la visita a Pechino a novembre
del presidente americano Obama. Oggi, soprattutto con l’inattesa polemica intorno
alla questione di Google, i rapporti se non sono proprio deragliati sono finiti su
un binario che non è quello della sintonia. D. - Con questa
vicenda, non sarebbe il caso di cercare finalmente una soluzione alla situazione di
Taiwan? R. – Sì. In realtà, specialmente negli ultimi due anni,
Cina e Taiwan hanno registrato molti passi avanti nelle relazioni bilaterali: bisogna
capire come Taiwan e Cina possono conciliare una riunificazione. Soprattutto, considerato
il fatto che ci sono due sistemi politici molto diversi. Corea
del Nord: arrestati due americani Il Dipartimento di Stato Usa ha confermato
che due cittadini americani sono stati arrestati in Corea del Nord per ingresso illegale
nel Paese. Un primo statunitense era stato fermato dalle autorità coreane lo scorso
dicembre. Oggi, il Ministero degli esteri americano ha confermato che anche un secondo
cittadino Usa è stato arrestato nei giorni scorsi, precisando che sono state le stesse
autorità coreane a comunicarlo a quelle americane.
Economia Usa Dopo
le ultime previsioni economiche mondiali caratterizzate da prudente ottimismo, sulla
questione economica americana, il presidente Usa, Barack Obama, ha esortato da Baltimora
tutte le forze politiche, democratici e repubblicani, a lavorare con lui per migliorare
la situazione degli impieghi e in particolare la sicurezza del lavoro.
Italia
- giustizia La protesta dell’Associazione nazionale magistrati (Anm) ha caratterizzato
l’inaugurazione dell’anno giudiziario nelle 26 Corti di appello italiane. Alle toghe
che contestano le riforme proposte dal governo, ferma la replica del guardasigilli
Alfano, mentre il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura (Csm),
Nicola Mancino, ha invocato lo stop allo scontro tra poteri. Il servizio di Giampiero
Guadagni: Mancanza
di risorse, di personale, di mezzi e addirittura di sedi adeguate. Oltre ai problemi
specifici di ogni territorio, sono questi i mali comuni a tutte le Corti d’appello,
che rendono lenta la giustizia italiana e complicato il lavoro dei magistrati. Le
denunce arrivano da Nord a Sud nel giorno dell’inaugurazione dell’anno giudiziario.
Una giornata che segna l’ennesima tappa del difficile rapporto tra giustizia e politica.
I magistrati hanno infatti espresso il loro disagio di fronte alle iniziative del
governo, che il presidente dell’Anm, Palamara, giudica “distruttive della giustizia,
mentre mancano interventi per assicurarne l’efficienza”. Nelle sedi delle Corti d’appello,
i giudici hanno dunque indossato la toga con in mano la Costituzione e sono usciti
dall’aula nel momento in cui ha preso la parola il rappresentante del governo. Unica
eccezione: L’Aquila, dove il dissenso si è manifestato in forma più sobria in segno
di rispetto per una regione devastata dal terremoto. All’Aquila, è intervenuto il
Guardasigilli Alfano, per il quale non sono credibili le obiezioni cieche che non
si sposano ai riconoscimenti. Alcuni magistrati, afferma il ministro della Giustizia,
si mostrano poco rispettosi del parlamento. Da Firenze, il vicepresidente del Csm,
Mancino, sottolinea la necessità di normalizzare il rapporto sempre conflittuale tra
politica e giustizia. Intanto, i presidenti delle Corti d’appello aprono all'approvazione
di provvedimenti legislativi che introducano tempi certi nel processo, ma a condizione
di potenziare le risorse umane e finanziarie. Parole che ricalcano quelle espresse
ieri dal presidente e dal procuratore generale della Cassazione, che oggi precisano:
la nostra non è una presa di posizione sul processo breve. Gli interventi dei vertici
della Cassazione hanno ricevuto un consenso politico bipartisan, mentre è diametralmente
opposto il giudizio sulla protesta di oggi dei magistrati: sostenuta dall’opposizione,
duramente criticata dalla maggioranza. (Panoramica internazionale a cura di
Marco Guerra) Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana
Anno LIV no. 30 E' possibile ricevere
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