2010-01-30 15:05:42

Afghanistan. No dei talebani al dialogo: la guerra continua


I talebani hanno smentito di aver incontrato l'inviato dell'Onu, Kai Eide, per discutere di un processo di riconciliazione per l'Afghanistan e hanno ribadito che continueranno a combattere, respingendo l'appello al dialogo arrivato dalla Conferenza di Londra. Intanto, sul terreno si registra l’uccisione di quattro soldati afghani in scontri con le forze speciali americane nella zona centrale del Paese, mentre due militari statunitensi e un civile sono morti in un agguato nell’est. Giornata di violenze anche nel vicino Pakistan, con decine di vittime. Il servizio di Marco Guerra:RealAudioMP3

“Una macchinazione della propaganda delle forze d’occupazione, per danneggiare la Jihad decretata contro gli invasori”. I talebani afghani smentiscono senza mezzi termini il funzionario dell'Onu, Kai Eide, che ieri aveva riferito di un incontro con "membri attivi della guerriglia" avvenuto questo mese a Dubai. In un comunicato diffuso dal sedicente Consiglio alla guida dell'emirato islamico dell'Afghanistan, si ribadisce anche “che la guerra santa contro il nemico va avanti”. I ribelli affermano inoltre che il loro "no" al dialogo segna il fallimento della Conferenza di Londra. I talebani non sembrano dunque lasciare spiragli al dialogo con quella comunità internazionale che dalla capitale britannica aveva teso loro una mano, garantendo il reinserimento nella società civile afghana. Le dure parole delle milizie integraliste hanno trovato anche oggi conferma nei nuovi attacchi alle truppe della coalizione. Due militari e un civile americano sono morti in un agguato nell'est, non lontano dal confine con il Pakistan. Quattro soldati afghani sono invece stati uccisi dal "fuoco amico" statunitense. Situazione sempre più incandescente anche oltre confine, in territorio pakistano. Un kamikaze si è fatto esplodere oggi vicino ad un posto di controllo in un mercato nella regione tribale nordoccidentale di Bajaur, causando almeno 14 morti e 20 feriti. Sempre nelle aree tribali, al confine con l’Afghanistan, nove presunti talebani sono stati uccisi in un raid missilistico statunitense.
 
Somalia
È di almeno 15 morti e 30 feriti il bilancio dei violenti scontri che nelle ultime 24 ore hanno scosso il centro di Mogadiscio, capitale della Somalia. Ad un anno dall'insediamento di Ahmad Sherif come presidente del debole governo transitorio del Paese africano, un gruppo di ribelli dei Giovani mujahidin e del Partito islamico hanno sferrato un duro attacco al palazzo presidenziale, protetto dalle truppe del contingente africano dell'Amisom. La situazione in Somalia si fa dunque sempre più pesante, con l’intero sud del Paese nelle mani delle milizie islamiche degli Shabaab.

Nigeria-Mend
Fine del cessate-il-fuoco in Nigeria tra il Movimento per l’emancipazione del delta del Niger (Mend), il principale gruppo di guerriglia locale, e le compagnie petrolifere presenti nella regione. Alla base della decisione dei ribelli, l’accusa contro il governo di Lagos di essere incapace di favorire la giustizia per la popolazione locale.

Tensioni Cina-Taiwan-Stati Uniti
Dopo la vicenda Google, nuove frizioni tra Cina e Stati Uniti. Ieri, Washington ha annunciato la vendita per sei miliardi di dollari di armamenti a Taiwan, l’isola considerata da Pechino una provincia ribelle. Le autorità cinese hanno commentato l’iniziativa, affermando che essa rischia di “danneggiare seriamente” i rapporti tra le due potenze, perché rappresenta “una grave minaccia” alla sicurezza del Paese orientale. Secondo l’agenzia Nuova Cina, Pechino sospenderà gli scambi e le relazioni sul piano militare con gli Stati Uniti. Che significato assume questa situazione per i rapporti tra i due Paesi? Giancarlo La Vella ne ha parlato con Francesco Sisci, corrispondente da Pechino per il quotidiano La Stampa:RealAudioMP3

R. – Naturalmente, è solo un motivo nuovo di scontro tra quelle che sono ormai le due maggiori potenze politiche ed economiche del pianeta. Non è un motivo di enorme frizione, perché la prevista visita in Cina del segretario per la Difesa americano, Bob Gates, alla fine di febbraio o a marzo non è stata rinviata, né cancellata. Segno che i rapporti più delicati, quelli più sensibili, continuano a essere buoni. Certo è che la vendita di armi e la reazione cinese si inseriscono in un momento particolare tra le due potenze: l’anno scorso sembrava ci fosse piena sintonia tra Cina e Stati Uniti, suggellata con quello che pareva quasi un patto di partenariato, cioè la visita a Pechino a novembre del presidente americano Obama. Oggi, soprattutto con l’inattesa polemica intorno alla questione di Google, i rapporti se non sono proprio deragliati sono finiti su un binario che non è quello della sintonia.
 
D. - Con questa vicenda, non sarebbe il caso di cercare finalmente una soluzione alla situazione di Taiwan?
 
R. – Sì. In realtà, specialmente negli ultimi due anni, Cina e Taiwan hanno registrato molti passi avanti nelle relazioni bilaterali: bisogna capire come Taiwan e Cina possono conciliare una riunificazione. Soprattutto, considerato il fatto che ci sono due sistemi politici molto diversi.
 
Corea del Nord: arrestati due americani
Il Dipartimento di Stato Usa ha confermato che due cittadini americani sono stati arrestati in Corea del Nord per ingresso illegale nel Paese. Un primo statunitense era stato fermato dalle autorità coreane lo scorso dicembre. Oggi, il Ministero degli esteri americano ha confermato che anche un secondo cittadino Usa è stato arrestato nei giorni scorsi, precisando che sono state le stesse autorità coreane a comunicarlo a quelle americane.

Economia Usa
Dopo le ultime previsioni economiche mondiali caratterizzate da prudente ottimismo, sulla questione economica americana, il presidente Usa, Barack Obama, ha esortato da Baltimora tutte le forze politiche, democratici e repubblicani, a lavorare con lui per migliorare la situazione degli impieghi e in particolare la sicurezza del lavoro.

Italia - giustizia
La protesta dell’Associazione nazionale magistrati (Anm) ha caratterizzato l’inaugurazione dell’anno giudiziario nelle 26 Corti di appello italiane. Alle toghe che contestano le riforme proposte dal governo, ferma la replica del guardasigilli Alfano, mentre il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura (Csm), Nicola Mancino, ha invocato lo stop allo scontro tra poteri. Il servizio di Giampiero Guadagni:RealAudioMP3
 Mancanza di risorse, di personale, di mezzi e addirittura di sedi adeguate. Oltre ai problemi specifici di ogni territorio, sono questi i mali comuni a tutte le Corti d’appello, che rendono lenta la giustizia italiana e complicato il lavoro dei magistrati. Le denunce arrivano da Nord a Sud nel giorno dell’inaugurazione dell’anno giudiziario. Una giornata che segna l’ennesima tappa del difficile rapporto tra giustizia e politica. I magistrati hanno infatti espresso il loro disagio di fronte alle iniziative del governo, che il presidente dell’Anm, Palamara, giudica “distruttive della giustizia, mentre mancano interventi per assicurarne l’efficienza”. Nelle sedi delle Corti d’appello, i giudici hanno dunque indossato la toga con in mano la Costituzione e sono usciti dall’aula nel momento in cui ha preso la parola il rappresentante del governo. Unica eccezione: L’Aquila, dove il dissenso si è manifestato in forma più sobria in segno di rispetto per una regione devastata dal terremoto. All’Aquila, è intervenuto il Guardasigilli Alfano, per il quale non sono credibili le obiezioni cieche che non si sposano ai riconoscimenti. Alcuni magistrati, afferma il ministro della Giustizia, si mostrano poco rispettosi del parlamento. Da Firenze, il vicepresidente del Csm, Mancino, sottolinea la necessità di normalizzare il rapporto sempre conflittuale tra politica e giustizia. Intanto, i presidenti delle Corti d’appello aprono all'approvazione di provvedimenti legislativi che introducano tempi certi nel processo, ma a condizione di potenziare le risorse umane e finanziarie. Parole che ricalcano quelle espresse ieri dal presidente e dal procuratore generale della Cassazione, che oggi precisano: la nostra non è una presa di posizione sul processo breve. Gli interventi dei vertici della Cassazione hanno ricevuto un consenso politico bipartisan, mentre è diametralmente opposto il giudizio sulla protesta di oggi dei magistrati: sostenuta dall’opposizione, duramente criticata dalla maggioranza. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)
 Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 30
 
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