Amnesty International condanna l'impiccagione di due oppositori in Iran
Impiccati perché giudicati colpevoli di “comportamento ostile a Dio”. E’ il drammatico
esito del processo in Iran nei confronti di Mohammad Reza Ali-Zamani e Arash Rahmanipour.
I due, accusati anche di appartenere ad un gruppo fuorilegge, erano stati arrestati
durante le proteste che si erano susseguite nel Paese all’indomani del contestato
risultato delle elezioni dello scorso anno. “Queste due esecuzioni – denuncia Amnesty
International – mostrano che le autorità iraniane non intendono fermarsi di fronte
a nulla per stroncare le proteste pacifiche”. Il timore espresso dall’organizzazione
umanitaria è che le due impiccagioni di ieri siano “solo l’inizio di un’ondata” di
esecuzioni nei confronti di persone condannate a seguito di incriminazioni “così vagamente
formulate”. Reza Ali-Zamani e Arash Rahmanipour erano anche stati giudicati colpevoli
di “propaganda contro il sistema”, “insulto a figure sacre” e “collusione con l’intento
di minacciare la sicurezza nazionale”. Amnesty international aggiunge che il messaggio
inviato dal governo a chi vuole esercitare il diritto a manifestare pacificamente
è di non scendere in piazza. Ma altre manifestazioni sono comunque previste il prossimo
11 febbraio, in occasione dell’anniversario della Rivoluzione islamica. Secondo fonti
ufficiali, almeno 40 persone sono morte durante le proteste represse dalle forze di
sicurezza. Per Amnesty International il bilancio delle vittime è più pesante. Gli
arrestati, inoltre, sono oltre 5000 e molti tra questi sono stati condannati a pene
detentive al termine di processi giudicati “iniqui” dall’organizzazione umanitaria.
Le condanne a morte sono state almeno 11. (A.L.)