Presentato un nuovo volume su Giovanni Paolo II: "Perchè è santo"
Un volume per comprendere da una nuova prospettiva Giovanni Paolo II. E’ quello scritto
dal postulatore della causa di beatificazione di Papa Wojtyla, mons. Slawomir Oder,
insieme al giornalista Saverio Gaeta. “Perché è santo”, edito da Rizzoli, è stato
presentato ieri a Roma alla presenza del cardinale José Saraiva Martins, prefetto
emerito della Congregazione delle Cause dei Santi. C’era per noi Benedetta Capelli:
Centoquattordici
testimonianze raccolte nelle inchieste diocesane sono i fili che disegnano l’immagine
di Giovanni Paolo II, “icona di Dio”, ha detto mons. Slawomir Oder, postulatore della
causa di beatificazione. Un racconto dal “di dentro” scandito da numerosi episodi,
aneddoti e documenti inediti che rivelano aspetti sconosciuti della vita umana, spirituale
e ecclesiale di Karol Wojtyla. Ma chi era davvero Giovanni Paolo II? Mons.
Slawomir Oder:
“Un uomo assolutamente
innamorato di Dio. Un uomo che ha impostato tutta la sua vita nella chiave dell’amicizia
spirituale con il Signore. Un uomo che ha vissuto intensamente questa relazione spirituale,
che forse è stata in qualche modo accentuata dal fatto che sin da ragazzo è stato
privato dei riferimenti per gli affetti umani. Tutta l’intensità della sua ricchezza
umana, proprio perché uomo vero, è da ricercare nel suo rapporto con Cristo”.
Una
fama di santità lo ha accompagnato nel suo pontificato: più volte durante i funerali
si levò il grido spontaneo e ricorrente: “Santo subito!”. Ascoltiamo in proposito
il cardinale José Saraiva Martins, prefetto emerito della Congregazione
delle Cause dei Santi:
“La convinzione che Papa Wojtyla
fosse un santo l’ho avuta sempre. Lo conoscevo benissimo e l’impressione che ho avuto
sempre è che fosse veramente un santo e come tutti i santi fosse una persona umana,
di un’umanità straordinaria e profonda. Tra santità ed umanesimo infatti non c’è alcuna
distinzione: la santità in fondo non è altro che la pienezza dell’umanità. Il santo
è colui che vive pienamente la sua umanità e Wojtyla era pienamente uomo e santo”.
All’interno
del volume ci sono documenti inediti come un testo risalente al 1994 nel quale Giovanni
Paolo II parlava della “volontà di rinunciare” al suo incarico in “caso di infermità
inguaribile” e “che impedisca di esercitare le funzioni del ministero petrino”. L’altro
documento è la lettera aperta del Papa all’attentatore Ali Agca, datata 11 settembre
1981, scritta in polacco e incompleta, che venne poi barrata con una grande ics. Saverio
Gaeta, curatore del libro, evidenzia soprattutto il senso del perdono del
Papa:
“Già nell'ambulanza aveva cominciato questa
invocazione di perdono nei confronti del proprio attentatore e voleva riconfermarla
– a cinque mesi di distanza – mostrando, quindi, che non era un atto istintivo ed
emotivo quello fatto in ambulanza e poi qualche giorno dopo pronunciato pubblicamente
dal Gemelli. Voleva essere un gesto meditato e convinto per documentare come il perdono
cristiano faccia parte proprio dell’esperienza totale della fede e dell’amore, sottolineando
come anche un gesto così terribile, qual era un attentato, non doveva scavare dei
solchi fra uomo e uomo, nei rapporti fra una persona e l’altra, fosse pure fra l’attentatore
e la sua vittima”.
Poco prima dell’attentato, i servizi
segreti italiani avevano segnalato alle autorità vaticane il progetto di un sequestro
ai danni di Giovanni Paolo II da parte delle Brigate Rosse. Nel volume emerge molto
forte l’aspetto mistico del Papa, dedito al digiuno nel periodo quaresimale e alla
pratica della Via Crucis ogni venerdì. Il postulatore rivela anche che “era lui stesso
a infliggere al proprio corpo disagi e mortificazioni” con “una particolare cintura”.
La sua santità emergeva comunque nella quotidianità, nel suo abbraccio totale alla
Croce e nel Totus tuus a Maria, segno del suo totale affidamento alla Madonna. Ancora
Saverio Gaeta:
“Per Giovanni
Paolo II la santità era realmente qualcosa che scandiva qualsiasi momento della quotidianità,
per cui la santità era fare la battuta giusta al momento giusto o mettersi in ginocchio
in preghiera vicino ad un lavandino, dopo essersi lavato le mani prima di celebrare
la Santa Messa, e cadere veramente nel misticismo più puro nella totale assenza del
tempo e di quello che stava succedendo attorno a lui. Possiamo quasi dire con una
battuta – che è poi quella che racconto proprio all’inizio del libro – di quando,
rispondendo ad una suora dell’appartamento, che gli diceva vedendolo un po’ emaciato:
“Sono preoccupata per vostra Santità…”, rispose con amabilità: “Anch’io sono preoccupato
per la mia santità”. E’ una battuta, una battuta simpatica, che però detta così all’impronta
fa comprendere quanto per il Papa questo fosse chiaro in ogni momento della giornata
e in ogni situazione".