In libreria il saggio di Alessando Gisotti "Dio e Obama - fede e politica alla Casa
Bianca"
Agnostico fino ai venti anni, poi la scoperta di Dio. Con questo retroterra religioso
– in un Paese in cui la religione ha un suo posto definito nell’agone politico – Barack
Obama ha scalato le tappe che lo hanno portato un anno fa alla presidenza degli Stati
Uniti. Nel suo libro “Dio e Obama – fede e politica alla Casa Bianca”, che esce oggi
in libreria per i tipi della Effatà Editore, il nostro collega vaticanista, Alessandro
Gisotti, documenta l’evoluzione delle convinzioni religiose dell’uomo Obama, divenute
col tempo una parte fondamentale del programma politico dell’Obama senatore prima
e poi presidente. Una biografia dal taglio particolare, che permette di comprendere
più in profondità la personalità del primo presidente afroamericano della storia.
Alessandro De Carolis ne ha parlato con l’autore:
R. - Obama
è un “melting pot” vivente che racchiude nella sua persona tante identità. Io, per
esempio, nel libro, parafrasando Bauman, parlo di un Obama caratterizzato da un’identità
“liquida”. Racchiude intanto una birazzialità - è nero "ma non così nero - come è
stato detto - da spaventare i bianchi" - che si accompagna all’aspetto religioso dell'essere
figlio di una donna bianca del Kansas, piuttosto agnostica e scettica nei confronti
del fenomeno religioso, che poi a vent’anni incontra Cristo in una chiesa afroamericana.
Questo, in qualche modo, gli permette di intercettare tanto le persone non così contraddistinte
da una spiccata religiosità, quanto quelle che invece - pensiamo soprattutto agli
evangelici, ai cattolici - sono particolarmente sensibili alla tematica della fede
e della presenza della religione nel dibattito pubblico. Nonostante si possa vedere
già, a un anno di distanza, come questo suo punto di forza si sia molto appannato:
l'Obama che cercava di essere il promotore di una ricerca di un terreno comune - il
"commmon ground" è una formula che ritroviamo spesso nei suoi discorsi e non solo
sulla dimensione religiosa - oggi invece è paradossalmente una figura polarizzante.
Un sondaggio Gallup del 25 gennaio ci dice che Obama è il personaggio, tra i presidenti
degli Stati Uniti, che nel primo anno ha più polarizzato l’opinione pubblica. Ovvero:
i democratici lo amano molto, i repubblicani lo avversano molto, più di quanto sia
successo addirittura con George W. Bush nel primo anno di presidenza.
D.
– Il libro spiega bene come negli Stati Uniti l’aspetto religioso sia presente e connaturato
a qualsiasi aspetto della vita sociale e dunque anche a una carriera politica. In
che modo, a tuo avviso, questo si riflette nell’affermazione di Barack Obama?
R.
– Partiamo da alcuni dati. Nel 2000 e nel 2004 George W. Bush conquistò letteralmente
il voto religioso, quello che negli Stati Uniti passa con il nome di “God vote” ovvero
il voto di Dio, degli elettori osservanti. Quindi si può dire che nelle due elezioni
presidenziali precedenti il Partito democratico avesse quasi ceduto questo elettorato
religioso. Obama ha creduto fermamente nella possibilità di invertire questo trend
e ha lavorato fin da quando era senatore dell’Illinois, ma soprattutto quando poi
è stato eletto nel 2004 al Congresso, per riuscire ad attrarre i voti dell’elettorato
religioso. Si può dire che ci sia riuscito; pensiamo che per esempio ha conquistato
il 54 per cento del voto cattolico e addirittura oltre il 60 per cento del voto dei
cattolici ispano-americani che sono oggi in assoluto la categoria più in ascesa come
quantità numerica nell’ambito della popolazione americana. E’ riuscito, allo stesso
tempo, ad ottenere percentuali altissime tra gli afroamericani, a prescindere dal
loro credo religioso, ma anche degli islamici, oltre l’85 per cento. Non è riuscito
a sfondare nella cosiddetta categoria degli evangelici bianchi: qui non ha ottenuto
oltre il 25, 26 per cento. Però anche lì Obama ha cercato di intercettare anche il
voto degli evangelici con un progetto vero e proprio, il “Joshua Generation Project”,
e in parte è riuscito a conquistare questo elettorato soprattutto dei giovani, tra
gli evangelici, che magari oltre al tema dell’aborto e delle unioni omosessuali erano
interessati a tematiche di giustizia sociale, al surriscaldamento del globo, la crisi
umanitaria in Darfur, etc.
D. – Dalle pagine di “Dio
e Obama” emergono le divergenze che oppongono il presidente all’episcopato americano
sui temi etici cosiddetti non negoziabili, a partire dall’aborto. Quale posizione
emerge di entrambi i fronti nel tuo libro?
R. – Già
nel 2004, peraltro con una istruzione indirizzata all’episcopato americano dall’allora
cardinale Ratzinger, si sottolineava che l’aborto è un male intrinseco e che quindi
non ci può essere accomodamento rispetto all’aborto. Ovviamente lo ha ribadito tantissime
volte anche il presidente dei vescovi americani, il cardinale arcivescovo di Chicago,
Francis George, non si possono fare sconti al presidente su questo punto ma questo
non vuol dire che non ci sia un’apertura per esempio su altri temi come l’immigrazione
o su tematiche di giustizia sociale.
D. - Colpisce
lo stile volutamente sobrio, anglosassone - diremmo - del tuo libro: moltissimi fatti,
tutti documentati, e osservazioni personali ridotte al minimo...
R.
– Io un po’ mi sono ispirato a questa scuola di giornalismo, quindi nel cercare quanto
più possibile di separare i fatti dalle opinioni. In Italia tra i tanti libri che
sono usciti e che continuano a uscire mi sembrava che mancasse un approfondimento
di questo tema che invece è fondamentale sia nella vita personale di Barack Obama
ma soprattutto nella sua attività politica e quindi spero che chi avrà modo di leggere
questo libro possa conoscere anche un aspetto non affatto irrilevante della presidenza
degli Stati Uniti e del suo protagonista principale, Barack Obama.