2010-01-24 13:45:33

Drammatico aggiornamento per il terremoto ad Haiti: sarebbero almeno 150mila i corpi finora sepolti


Ad oltre dieci giorni dal sisma che ha devastato Haiti, il numero dei morti sale ancora di ora in ora. Il Ministro della Cultura e della Comunicazione, Marie Laurence Jocelyn Lassegue, ha reso noto che i corpi senza vita recuperati e sepolti finora sono più di 150mila. Almeno 250mila le persone che hanno perso la casa. Intanto da Port-au-Prince la sorpprendente notizia di un ennesimo sopravvissuto. Il servizio è di Virginia Volpe RealAudioMP3

Potrebbero esserci altre cinque persone vive sotto le macerie dell'albergo della capitale, da dove ieri è stato salvato un altro superstite del terremoto: un ragazzo di 24 anni. E’ quanto ha affermato il giovane, che è stato trovato in una sorta di sacca creatasi tra le rovine. A quanto sembra, era attigua a un magazzino dell'albergo e a un vicino supermercato, anch'esso crollato. E il ragazzo infatti ha inoltre raccontato di non essere disadrato grazie alle confezioni di Coca Cola che aveva vicino a sè. ''Ho avvertito la scossa il 12 gennaio ma poi sono svenuto - ha raccontato - quando mi sono ripreso ho chiamato Gerald (un suo collega), non ho mai pianto, ho solo pregato''. Da tutto il mondo si moltiplicano le raccolte fondi: la trasmissione tv organizzata dalle star dello show business americano a favore della popolazione di Haiti ha fruttato 58 milioni di dollari nelle prime 24 ore. Ma la situazione nel Paese è ancora critica: durante la distribuzione di generi di conforto questa mattina le truppe delle Nazioni Unite hanno sparato colpi d'avvertimento e lanciato gas lacrimogeni per riportare la calma. L’assegnazione di cibo, olio di soia, acqua e radio in un ex aeroporto militare era iniziata in tranquillità, con due lunghe file di haitiani ma ad un certo momento piccole schermaglie sono andate degenerando tra le persone in attesa, che per la maggior parte non avevano ancora ricevuto alcun aiuto dopo il sisma, e la folla ha cominciato a precipitarsi caoticamente verso gli aiuti. I caschi blu brasiliani hanno quindi sparato in aria e lanciato gas lacrimogeni. Sempre nella capitale Port-au-Prince, ieri ci sono stati i funerali dell'arcivescovo, monsignor Serge Miot, morto sotto la macerie della sua residenza, accanto alla cattedrale crollata per il terremoto. Migliaia di persone, tra le quali il presidente della Repubblica, Renè Preval, hanno assistito alla Messa. Accanto al feretro scoperto di mons. Miot è stata posta la bara del vicario generale di Port-au-Prince, mons.Charles Benoit, anche lui deceduto nel crollo della cattedrale.

Dunque continua ad essere drammatica la situazione ad Haiti. Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di Marco Bertotto direttore dell’Agenzia Italiana per la Risposta alle Emergenze, che raggruppa alcune tra le più importanti ed autorevoli Ong presenti sul territorio ed ora impegnate sull’isola di Haiti:RealAudioMP3

R. – E’ una situazione ancora drammatica dal punto di vista umanitario. E’ una situazione, però, in cui i problemi di sicurezza non rendono impossibile la distribuzione degli aiuti e l’attivazione dei programmi di intervento. E’ sicuramente una corsa contro il tempo.

 
D. – Da sabato sono sospese le ricerche dei sopravvissuti…

 
R. – I nostri soccorritori hanno ancora la speranza di salvare persone, ma evidentemente tutti i segnali fanno pensare che non ci sono più possibilità di rintracciare dei superstiti e quindi si sospendono le ricerche per dare priorità ad altri interventi a sostegno dei sopravvissuti.

 
D. – Che cosa state facendo sul territorio?

 
R. – Noi abbiamo nove Ong concentrate sostanzialmente in interventi in 11 aeree di Haiti e stiamo raggiungendo una popolazione di circa 300 mila persone, con aiuti di prima emergenza, kit di tipo sanitario ed igienico, cibo ed acqua potabile.

 
D. – Oltre al dramma del terremoto preoccupa la situazione dei bambini, possibili vittime di tratta. Si pensa anche all’accelerazione di pratiche per l’adozione internazionale?

 
R. – In un Paese come Haiti, in cui anche prima del terremoto assistevamo a fenomeni di sfruttamento dei minori, è evidente che non è questa la situazione e non questo il momento per accelerare pratiche di adozione internazionale, laddove invece la priorità deve essere data ai programmi anzitutto di registrazione e poi di ricongiungimento con le reti familiari esistenti.

 
D. – In uno scenario come quello haitiano, come si agevolano concretamente i ricongiungimenti?

 
R. – Intanto si cercano di allestire degli spazi che siano sicuri e in cui ci siano misure di protezione e di assistenza per i minori. C’è poi un processo di censimento e di registrazione: si attivano una serie di canali con le autorità locali, con le associazioni, con le reti delle comunità per cercare di rintracciare i parenti che possano prendersi cura dei minori.

 
D. – Da più parti arrivano appelli a non abbandonare la popolazione quando l’emergenza terremoto sarà finita. Vi state già organizzando?

 
R. – Abbiamo in testa un programma di intervento che non si esaurirà in questa prima fase di emergenza, ma arriverà a fasi di post-emergenza e possibilmente anche di ricostruzione e di sviluppo. E’ evidente che questa è una fase molto delicata. Il coordinamento è la chiave dell’efficacia dell’azione umanitaria in queste circostanze ed è perciò indispensabile che ci sia un coordinamento ad Haiti, sul territorio. Ci sono già in piedi dei meccanismi di coordinamento istituiti dalle Nazioni Unite. Quando i riflettori si spegneranno, quando l’attenzione dell’opinione pubblica diminuirà, allora inizierà la vera sfida per ricostruire Haiti e per restituire un futuro, una dignità ed una prospettiva alle popolazioni.

 
Ad Haiti è piena emergenza ma si dovrà presto parlare della fase di ricostruzione. La nostra collega del programma francese Claire Malapert ha parlato di rischi ed errori da evitare con Xavier Ricard, responsabile della direzione Partenariat international del Comité Catholique contre la Faim e pour le Development-Terre Solidaire, che segue più di 500 progetti in 70 Paesi del mondo:RealAudioMP3

R. – La condition pour que cette reconstruction…
La condizione fondamentale affinché questa ricostruzione funzioni è che ne venga investita direttamente la società haitiana e che le venga affidata non soltanto la gestione dei mezzi, ma anzitutto il controllo del proprio destino. Io ho la sensazione che la società haitiana non sia mai stata artefice del proprio destino e questo sia perché è stata presa in ostaggio da altri, sia perché la difficile situazione finanziaria ha portato il popolo haitiano ad adottare delle politiche che gli venivano dettate dall’esterno. Restituire quindi ad Haiti il controllo sul proprio destino è – a mio avviso – la prima cosa da fare. E’ poi necessario incoraggiare il popolo haitiano, con dispositivi adeguati, alla realizzazione di una struttura finanziaria locale che sia orientata verso i reali bisogni di Haiti e particolarmente nel settore agricolo. Se si riuscirà a fare tutto questo, allora si riuscirà a rispondere ai veri problemi della società haitiana.

 
D. – Se voi fate un tale appello è perché credete che non sarà così?

 
R. – Le période de crise, come celle que nous sommes en train de vivre…
Un periodo di crisi come quello che stiamo vivendo in Haiti e che ha portato ad una tale solidarietà mondiale può avere delle conseguenze “perverse” sul piano di sviluppo a lungo termine di un Paese. E questo perché evidentemente un afflusso così massiccio di fondi, che le società locali non sono preparate a gestire, può portare a degli squilibri, può portare a degli sconvolgimenti sociali ed economici, così come alla sostituzione degli “attori” locali nella gestione del futuro del Paese. Le terre interne già molto impoverite e il conseguente crollo della produzione agricola non sono più in grado di coprire le necessità di una popolazione così numerosa e il rischio è, evidentemente, quello dell’esodo rurale. Ora possono anche aumentare i problemi relativi alla deforestazione che l’isola già conosce in modo evidente. Le conseguenze devastatrici degli uragani che hanno colpito l’isola di Haiti sono state infatti ancora più forti proprio perché l’isola aveva subito una notevole deforestazione. Risulta quindi necessario anzitutto sviluppare dei progetti agricoli nel Paese. L’altra questione fondamentale è chiaramente quella relativa al governo e cioè all’azione e ai sistemi del governo locale e nazionale, sul quale è necessario fare un grande lavoro. Questo sisma ha fornito - in un certo modo - l’occasione affinché i coordinamenti che si metteranno in atto per gestire gli aiuti, siano essi nazionali che locali, ripensino i meccanismi di governo da applicare, appoggiandosi però su quelle esperienze consolidate e positive, che sono già sviluppate da anni e che sono spesso sostenute da associazioni della società civile. E’ assolutamente necessario non demolire e non smantellare tutto questo: si potrebbe avere questa tentazione perché sarebbe certamente più facile per noi gestire le cose tra organizzazioni governative e non governative di aiuto, anziché farlo insieme al popolo haitiano.







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