Drammatico aggiornamento per il terremoto ad Haiti: sarebbero almeno 150mila i corpi
finora sepolti
Ad oltre dieci giorni dal sisma che ha devastato Haiti, il numero dei morti sale ancora
di ora in ora. Il Ministro della Cultura e della Comunicazione, Marie Laurence Jocelyn
Lassegue, ha reso noto che i corpi senza vita recuperati e sepolti finora sono più
di 150mila. Almeno 250mila le persone che hanno perso la casa. Intanto da Port-au-Prince
la sorpprendente notizia di un ennesimo sopravvissuto. Il servizio è di Virginia
Volpe
Potrebbero
esserci altre cinque persone vive sotto le macerie dell'albergo della capitale, da
dove ieri è stato salvato un altro superstite del terremoto: un ragazzo di 24 anni.
E’ quanto ha affermato il giovane, che è stato trovato in una sorta di sacca creatasi
tra le rovine. A quanto sembra, era attigua a un magazzino dell'albergo e a un vicino
supermercato, anch'esso crollato. E il ragazzo infatti ha inoltre raccontato di non
essere disadrato grazie alle confezioni di Coca Cola che aveva vicino a sè. ''Ho
avvertito la scossa il 12 gennaio ma poi sono svenuto - ha raccontato - quando mi
sono ripreso ho chiamato Gerald (un suo collega), non ho mai pianto, ho solo pregato''.
Da tutto il mondo si moltiplicano le raccolte fondi: la trasmissione tv organizzata
dalle star dello show business americano a favore della popolazione di Haiti ha fruttato
58 milioni di dollari nelle prime 24 ore. Ma la situazione nel Paese è ancora critica:
durante la distribuzione di generi di conforto questa mattina le truppe delle Nazioni
Unite hanno sparato colpi d'avvertimento e lanciato gas lacrimogeni per riportare
la calma. L’assegnazione di cibo, olio di soia, acqua e radio in un ex aeroporto militare
era iniziata in tranquillità, con due lunghe file di haitiani ma ad un certo momento
piccole schermaglie sono andate degenerando tra le persone in attesa, che per la maggior
parte non avevano ancora ricevuto alcun aiuto dopo il sisma, e la folla ha cominciato
a precipitarsi caoticamente verso gli aiuti. I caschi blu brasiliani hanno quindi
sparato in aria e lanciato gas lacrimogeni. Sempre nella capitale Port-au-Prince,
ieri ci sono stati i funerali dell'arcivescovo, monsignor Serge Miot, morto sotto
la macerie della sua residenza, accanto alla cattedrale crollata per il terremoto.
Migliaia di persone, tra le quali il presidente della Repubblica, Renè Preval, hanno
assistito alla Messa. Accanto al feretro scoperto di mons. Miot è stata posta la bara
del vicario generale di Port-au-Prince, mons.Charles Benoit, anche lui deceduto nel
crollo della cattedrale.
Dunque continua ad essere drammatica la situazione
ad Haiti. Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di Marco Bertotto
direttore dell’Agenzia Italiana per la Risposta alle Emergenze, che raggruppa alcune
tra le più importanti ed autorevoli Ong presenti sul territorio ed ora impegnate sull’isola
di Haiti:
R. – E’ una
situazione ancora drammatica dal punto di vista umanitario. E’ una situazione, però,
in cui i problemi di sicurezza non rendono impossibile la distribuzione degli aiuti
e l’attivazione dei programmi di intervento. E’ sicuramente una corsa contro il tempo.
D.
– Da sabato sono sospese le ricerche dei sopravvissuti…
R.
– I nostri soccorritori hanno ancora la speranza di salvare persone, ma evidentemente
tutti i segnali fanno pensare che non ci sono più possibilità di rintracciare dei
superstiti e quindi si sospendono le ricerche per dare priorità ad altri interventi
a sostegno dei sopravvissuti.
D. – Che cosa state
facendo sul territorio?
R. – Noi abbiamo nove Ong
concentrate sostanzialmente in interventi in 11 aeree di Haiti e stiamo raggiungendo
una popolazione di circa 300 mila persone, con aiuti di prima emergenza, kit di tipo
sanitario ed igienico, cibo ed acqua potabile.
D.
– Oltre al dramma del terremoto preoccupa la situazione dei bambini, possibili vittime
di tratta. Si pensa anche all’accelerazione di pratiche per l’adozione internazionale?
R.
– In un Paese come Haiti, in cui anche prima del terremoto assistevamo a fenomeni
di sfruttamento dei minori, è evidente che non è questa la situazione e non questo
il momento per accelerare pratiche di adozione internazionale, laddove invece la priorità
deve essere data ai programmi anzitutto di registrazione e poi di ricongiungimento
con le reti familiari esistenti.
D. – In uno scenario
come quello haitiano, come si agevolano concretamente i ricongiungimenti?
R.
– Intanto si cercano di allestire degli spazi che siano sicuri e in cui ci siano misure
di protezione e di assistenza per i minori. C’è poi un processo di censimento e di
registrazione: si attivano una serie di canali con le autorità locali, con le associazioni,
con le reti delle comunità per cercare di rintracciare i parenti che possano prendersi
cura dei minori.
D. – Da più parti arrivano appelli
a non abbandonare la popolazione quando l’emergenza terremoto sarà finita. Vi state
già organizzando?
R. – Abbiamo in testa un programma
di intervento che non si esaurirà in questa prima fase di emergenza, ma arriverà a
fasi di post-emergenza e possibilmente anche di ricostruzione e di sviluppo. E’ evidente
che questa è una fase molto delicata. Il coordinamento è la chiave dell’efficacia
dell’azione umanitaria in queste circostanze ed è perciò indispensabile che ci sia
un coordinamento ad Haiti, sul territorio. Ci sono già in piedi dei meccanismi di
coordinamento istituiti dalle Nazioni Unite. Quando i riflettori si spegneranno, quando
l’attenzione dell’opinione pubblica diminuirà, allora inizierà la vera sfida per ricostruire
Haiti e per restituire un futuro, una dignità ed una prospettiva alle popolazioni.
Ad
Haiti è piena emergenza ma si dovrà presto parlare della fase di ricostruzione. La
nostra collega del programma francese ClaireMalapert ha parlato di
rischi ed errori da evitare con Xavier Ricard, responsabile della direzione
Partenariat international del Comité Catholique contre la Faim e pour le Development-Terre
Solidaire, che segue più di 500 progetti in 70 Paesi del mondo:
R. – La
condition pour que cette reconstruction… La condizione fondamentale affinché
questa ricostruzione funzioni è che ne venga investita direttamente la società haitiana
e che le venga affidata non soltanto la gestione dei mezzi, ma anzitutto il controllo
del proprio destino. Io ho la sensazione che la società haitiana non sia mai stata
artefice del proprio destino e questo sia perché è stata presa in ostaggio da altri,
sia perché la difficile situazione finanziaria ha portato il popolo haitiano ad adottare
delle politiche che gli venivano dettate dall’esterno. Restituire quindi ad Haiti
il controllo sul proprio destino è – a mio avviso – la prima cosa da fare. E’ poi
necessario incoraggiare il popolo haitiano, con dispositivi adeguati, alla realizzazione
di una struttura finanziaria locale che sia orientata verso i reali bisogni di Haiti
e particolarmente nel settore agricolo. Se si riuscirà a fare tutto questo, allora
si riuscirà a rispondere ai veri problemi della società haitiana.
D.
– Se voi fate un tale appello è perché credete che non sarà così?
R.
– Le période de crise, come celle que nous sommes en train de vivre… Un
periodo di crisi come quello che stiamo vivendo in Haiti e che ha portato ad una tale
solidarietà mondiale può avere delle conseguenze “perverse” sul piano di sviluppo
a lungo termine di un Paese. E questo perché evidentemente un afflusso così massiccio
di fondi, che le società locali non sono preparate a gestire, può portare a degli
squilibri, può portare a degli sconvolgimenti sociali ed economici, così come alla
sostituzione degli “attori” locali nella gestione del futuro del Paese. Le terre interne
già molto impoverite e il conseguente crollo della produzione agricola non sono più
in grado di coprire le necessità di una popolazione così numerosa e il rischio è,
evidentemente, quello dell’esodo rurale. Ora possono anche aumentare i problemi relativi
alla deforestazione che l’isola già conosce in modo evidente. Le conseguenze devastatrici
degli uragani che hanno colpito l’isola di Haiti sono state infatti ancora più forti
proprio perché l’isola aveva subito una notevole deforestazione. Risulta quindi necessario
anzitutto sviluppare dei progetti agricoli nel Paese. L’altra questione fondamentale
è chiaramente quella relativa al governo e cioè all’azione e ai sistemi del governo
locale e nazionale, sul quale è necessario fare un grande lavoro. Questo sisma ha
fornito - in un certo modo - l’occasione affinché i coordinamenti che si metteranno
in atto per gestire gli aiuti, siano essi nazionali che locali, ripensino i meccanismi
di governo da applicare, appoggiandosi però su quelle esperienze consolidate e positive,
che sono già sviluppate da anni e che sono spesso sostenute da associazioni della
società civile. E’ assolutamente necessario non demolire e non smantellare tutto questo:
si potrebbe avere questa tentazione perché sarebbe certamente più facile per noi gestire
le cose tra organizzazioni governative e non governative di aiuto, anziché farlo insieme
al popolo haitiano.