Haiti: la Chiesa italiana si mobilita per la colletta nazionale
Il numero dei morti provocati dal terremoto che ha colpito Haiti il 12 gennaio scorso
è salito a oltre 110mila. Nel decimo giorno dopo la grande scossa, qualche ora fa
sono stati tratti dalle macerie ancora in vita, anche se in gravissime condizioni,
un giovane di 22 anni e un'anziana di 84 anni, grazie all’impegno di parenti e vicini.
Ma le autorità hanno dichiarato ferme le ricerche coordinate di eventuali superstiti
perché c’è bisogno di concentrare gli sforzi nell’assistenza a feriti e sfollati.
Il servizio di Fausta Speranza:
Distribuire
aiuti e fermare gli sciacalli. Questa la priorità di oggi ad Haiti. Si calcolano 200
mila persone bisognose di cure e quasi 610 mila sfollate in accampamenti improvvisati.
E tra tanto dolore c’è chi sta tentando di fare mercato dei bambini rimasti senza
genitori, che sembra siano decine di migliaia. In un solo ospedale i medici hanno
denunciato la sospetta scomparsa di 15 bimbi. C’è bisogno davvero di tanto, dunque,
per quello che immaginiamo subito in certe tragedie e per quello che non vorremmo
mai neanche pensare. L’Ufficio di coordinamento degli affari umanitari dell'Onu fa
presente, tra l’altro, che solo tra Port-au-Prince e la città di Carrefour - distanti
appena una decina di chilometri - ci sono 691 blocchi alla circolazione, fatti di
ponti crollati, strade danneggiate, rovine di edifici. Blocchi da rimuovere per poter
arrivare dove ancora non si sa cosa si troverà. Iniziative da più parti, a partire
dagli Stati Uniti, dove Obama tra l’altro ha appena annunciato la defiscalizzazione
delle offerte. O da singoli governi, come l’Italia che ha inviato il responsabile
della Protezione civile. E c’è l’Unione Europea che sottoporrà al voto del Consiglio
dei ministri lunedì l’approvazione di una sua task force. Il Pam, Programma alimentare
mondiale, ha distribuito solo ieri due milioni di razioni alimentari ma la direttrice
dell'agenzia, Josette Sheeran, parla dell’operazione “più complessa mai condotta dall’agenzia
dell’Onu”, perché “tutte le infrastrutture per la distribuzione sono andate distrutte
e l’operazione è partita dal nulla o quasi”. I canali attivati sono tanti e diversi:
in Francia la gran parte degli oltre 300.000 euro raccolti è arrivata attraverso donazioni
online. In Italia la Conferenza Episcopale Italiana ha promosso per domani, domenica,
una raccolta di denaro in tutte le parrocchie del Paese. Una modalità scelta per motivi
precisi, come spiega, nell’intervista di Federico Piana, mons.
Vittorio Nozza, direttore della Caritas italiana:
R.
– Perché viene soprattutto collocata all’interno di quello che è il cuore della comunità
cristiana, cioè il giorno della domenica, il giorno della comunità, il giorno dell’ascolto
della Parola, della celebrazione dell’Eucaristia e poi della vita di comunione e di
fraternità, che dovrebbe caratterizzare la vita di ogni persona credente e di ogni
comunità cristiana di ogni parrocchia. Collocata dentro quel contesto, dice come sia
importante questa comunione fra Chiese sparse nel mondo, ma anche attenzione a tutti
gli uomini comunque, che nella difficoltà hanno bisogno di cuori e di menti molto
sensibili e solidali.
D. – Noi fedeli come possiamo
concretamente aiutare, a questo punto?
R. – Quello
che sta succedendo in questi giorni, in pratica già dice della solidarietà e della
disponibilità di tantissime persone. La domenica 24 diventa la coralità, diventa il
momento in cui si aiuta in maniera anche molto semplice, perché si tratta di una colletta
e quindi di una messa a disposizione di denaro, come è successo in tante altre circostanze
piuttosto pesanti, cariche di sofferenza. Diventa una grossa risorsa che andrà nel
tempo ad essere impegnata nei confronti di queste popolazioni.
D.
– Lì, mons. Nozza, di cosa hanno bisogno?
R. – In
questa prima fase, in pratica, l’arcidiocesi di Port-au-Prince, e poi le altre diocesi
della nazione haitiana, stanno in un certo senso attivando un ampio numero di persone
in termini di volontariato, ma anche in termini di operatori impegnati costantemente
in un lavoro di attenzione alle persone e sono favoriti in questo dal fatto che conoscono
il territorio. In questa prima fase si sta sostenendo, soprattutto attraverso kit
alimentari, igienico-sanitari, vestiario, disponibilità di tende, si sta predisponendo
in pratica quello che è l’immediata risposta per poter poi entrare in una seconda
fase che è quella di dare comunque una soluzione, seppur provvisoria, che sia la premessa
alla fase terza, quella della ricostruzione, e nel tempo per quanto ci caratterizza
anche della riabilitazione, dello sviluppo, della cooperazione, della promozione delle
persone, visto che qui si sta in una situazione, non solo terremotata, ma già profondamente
povera.
D. – Quindi, bisognerà aiutare anche nel
lungo periodo...
R. – In questa azione è logico vi
sia la risposta immediata, che allevia quelle che sono le sofferenze, le pesantezze
e mette a disposizione quelli che sono i generi primari e contemporaneamente poi si
entra in quelle che sono le fasi successive: la lettura dei bisogni strutturali, la
messa in atto della ricostruzione e poi quella molteplicità di progetti che sanno
molto di sviluppo, di accompagnamento delle persone, di riattivazione delle attività
lavorative, cioè quello di cui già poveramente campavano prima.(Montaggio
a cura di Maria Brigini)