Haiti: si ferma la ricerca dei superstiti. Priorità per feriti e sfollati
Ad Haiti, l’azione umanitaria si concentra sugli sfollati e non più sulla ricerca
di eventuali sopravvissuti. Secondo l’Onu, i senzatetto sono circa 3 milioni. Per
accelerare l’arrivo degli aiuti, sono stati messi in grado di funzionare tre aeroporti
oltre a quello della capitale. Dal Paese caraibico prosegue inoltre l'esodo di massa
e le Nazioni Unite hanno aperto un corridoio umanitario dalla Repubblica Dominicana.
Prosegue intanto lo sciame sismico: nelle ultime 24 ore sono state avvertite altre
tre scosse. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
Dieci giorni
dopo la prima drammatica scossa che ha colpito Haiti, i soccorritori dell’Onu hanno
deciso di interrompere le ricerche di eventuali superstiti per concentrarsi sulla
distribuzione di aiuti e sull’assistenza a feriti e sfollati. Spetta comunque al governo
di Haiti dichiarare ufficialmente finita la fase di ricerca. Fino ad oggi sono state
estratte vive dalle macerie 121 persone, tra cui diversi bambini. Proprio la situazione
di migliaia di piccoli di Haiti, tra cui molti orfani, desta particolare preoccupazione.
L’Unicef ha lanciato oggi l’allarme per 15 bambini scomparsi dagli ospedali dopo il
sisma. Si teme che possano essere vittime di turpi traffici. Il presidente di Haiti,
Renè Preval, ha dichiarato intanto che le operazioni di aiuto soffrono ancora “di
una generale mancanza di coordinamento”. Dalla Banca mondiale arriva poi un importante
annuncio: è stato sospeso per cinque anni il pagamento del debito dovuto da Haiti
che ammonta a circa 38 milioni di dollari. La Banca mondiale ha anche annunciato che
sta lavorando per l’annullamento totale del debito. Su questi annunci, ecco
il commento di Claudette Werly, segretaria generale di Pax Christi internazionale
ed ex ministro degli esteri di Haiti, intervistata da Hélène Destombes:
R. – Ce sont
des mésures qui sont indispensables, parce-que il faut être tout simplement … Sono
misure indispensabili. Bisogna semplicemente essere realisti! Poi bisognerà rendersi
conto che non può essere soltanto per oggi: ci vorranno anni, decenni perché Haiti
possa rimettersi in piedi! Già prima del terremoto ci si sarebbe potuti interrogare
in merito alla possibilità reale della gente di pagare questo debito. Perché poi,
alla fine, chi è che paga? Sono sempre i poveri, i più deboli quelli che pagano e
anche nella maniera più pesante. Sono stata ministro degli Esteri e so quanto si è
pagato. Quando sai quello che paghi, sai anche che questo denaro è tolto alle scuole,
alle medicine, all’acqua che avremmo potuto fornire, al cibo che avremmo potuto dare
alla gente… Bisogna quindi stabilire delle priorità: la priorità per il momento, e
ancora per molti anni, è far fronte alle necessità della popolazione ed aiutare il
Paese a ricostruirsi.
La Chiesa - assicura il cardinale Paul Josef Cordes,
presidente del pontificio Consiglio "Cor Unum" - resterà accanto al popolo di Haiti
anche quando il terremoto non farà più notizia e “nessuno correrà più per prestare
aiuto”. Sull’incessante mobilitazione della Chiesa in soccorso alla popolazione di
Haiti, Amedeo Lomonaco ha intervistato Carluccio Giannini della Caritas
spagnola:
R. – Gli
aiuti stanno incominciando ad arrivare e la distribuzione è già iniziata. La Caritas
spagnola, nel contesto della rete complessiva, si dedica agli aiuti d’emergenza che
consistono in cibo, servizi sanitari, medicine, tende da campo. Gli accampamenti sono
enormi: il nostro comprende 200 mila persone! D. – In questi
giorni si associa Haiti a cumuli di macerie, al drammatico ritrovamento di corpi senza
vita, a scene di violenza, all’estrema povertà. In tanta disperazione e devastazione,
sembra difficile trovare segni di speranza. Ci sono invece, anche oggi, alcuni segnali
confortanti per poter sperare in un Paese che possa rinascere, risorgere dalle macerie? R.
– Senz’altro, anche se è difficile trovare tra le macerie segni di speranza. L’altro
giorno, tra le macerie della cattedrale, sono state ritrovate vive due persone: una
signora anziana di 65 anni dopo sette giorni tra le macerie, appena è stata salvata,
ha detto ai suoi soccorritori: vi amo molto! Questa è stata la sua espressione. E
questo dimostra che questa gente, pur nella più assoluta tragedia, sa esprimere sentimenti
di grande sensibilità. La speranza non deve però consistere nel fatto che ricevono
100 mila, 200 mila, un milione di euro; la speranza deve provenire dal fatto che gli
haitiani sono consapevoli di essere i protagonisti della loro stessa ricostruzione.
Possiamo sperare che dentro di loro abbiano la forza di lottare per ricostruire la
loro vita. D. – Un’altra forza è anche quella della fede … R.
– E’ la forza della fede che si scorge soprattutto alla sera, quando calano le tenebre,
quando già non c’è più luce e la gente si arrangia per prepararsi per la notte. Si
sentono canti, preghiere, invocazioni; la gente si rivolge al Creatore perché la aiuti
in questi momenti così difficili. D. – Quale insegnamento, quale
aiuto possono trarre i soccorritori dal popolo di Haiti? R.
– Noi operatori della Cooperazione internazionale, di Caritas, quando ci rechiamo
presso questi popoli impariamo molte cose. Io direi che in queste occasioni impariamo
la loro dignità che sanno manifestare nei momenti più tragici. Noi altri, se fossimo
nelle loro condizioni, non so come ci comporteremmo. Non lo so. Vediamo che loro sanno
sopravvivere con tanta dignità, con solidarietà; anche se magari vediamo scene di
violenza, rubano per mangiare, per portarsi a casa un pezzo di stoffa … Impariamo
che questa gente ha una dignità che forse noi non dimostriamo sempre …