Storica visita di Benedetto XVI alla Sinagoga di Roma: ebrei e cristiani insieme,
in un cammino irrevocabile di amicizia, per testimoniare al mondo l'unico Dio
Storica visita di Benedetto XVI, ieri, alla Sinagoga di Roma a quasi 24 anni da quella
di Giovanni Paolo II. Nella Giornata del dialogo tra cattolici ed ebrei, che in Italia
compie 20 anni, il Papa ha ribadito che il cammino di amicizia tra le due comunità
è irrevocabile: ebrei e cristiani – ha detto – in virtù delle loro radici comuni e
pur nelle differenze, sono chiamati a testimoniare insieme l’unico Dio e il Decalogo,
grande codice etico per tutta l’umanità. Anche il rabbino capo della Comunità Ebraica
di Roma, Riccardo Di Segni, ha sottolineato che, malgrado problemi aperti e incomprensioni,
sono gli obiettivi comuni che devono essere messi in primo piano. Il servizio di Sergio
Centofanti. (Canto)
Il
coro della Sinagoga intona il Salmo 133: “Ecco, com’è bello e com’è dolce che i fratelli
vivano insieme!”. Grande clima di amicizia e cordialità in questa storica visita di
Benedetto XVI alla Sinagoga di Roma, pur nella sottolineatura di visioni differenti.
Il presidente della comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici,
ha parlato di un evento che lascerà un segno profondo nelle relazioni fra il mondo
ebraico e quello cristiano. Con commozione ricorda come il padre fu salvato dalle
persecuzioni antiebraiche:
“Se sono qui a parlare
da questo luogo sacro, è perche mio padre e mio zio Raffaele z.l. trovarono rifugio
nel Convento delle Suore di Santa Marta a Firenze”.
E
anche se ci sono “ferite ancora aperte” – ha detto – il dialogo tra ebrei e cattolici
“può e deve continuare”. Quindi, non manca di fare un riferimento ai presunti silenzi
di Pio XII di fronte alla Shoàh. Silenzi cui accenna anche il rabbino capo della comunità
ebraica di Roma, Riccardo Di Segni, che aggiunge:
“Malgrado
una storia drammatica, i problemi aperti e le incomprensioni, sono le visioni condivise
e gli obiettivi comuni che devono essere messi in primo piano. L'immagine di rispetto
e di amicizia che emana da questo incontro deve essere un esempio per tutti coloro
che ci osservano”.
Il presidente delle comunità ebraiche
italiane, Renzo Gattegna, auspica che “le diversità non siano, mai più, causa di conflitti
ideologici o religiosi, bensì di reciproco arricchimento culturale e morale”.
Anche
Benedetto XVI rievoca il dramma sconvolgente della Shoàh, vertice
dell’odio che nasce quando l’uomo dimentica il Creatore. E ricorda gli ebrei romani
strappati dalle loro case per essere deportati e uccisi ad Auschwitz: “Purtroppo,
molti rimasero indifferenti, ma molti, anche fra i Cattolici italiani, sostenuti dalla
fede e dall’insegnamento cristiano, reagirono con coraggio, aprendo le braccia per
soccorrere gli Ebrei braccati e fuggiaschi, a rischio spesso della propria vita, e
meritando una gratitudine perenne. Anche la Sede Apostolica svolse un’azione di soccorso,
spesso nascosta e discreta”. Il
Papa ribadisce la irrevocabilità del cammino di amicizia tra ebrei e cattolici intrapreso
col Concilio Vaticano II. Ripete, tra gli applausi, le parole di Giovanni Paolo II
in Terra Santa nel 2000 allorché domandò perdono per le sofferenze inflitte agli ebrei
nella storia: “La Chiesa non ha mancato di deplorare
le mancanze di suoi figli e sue figlie, chiedendo perdono per tutto ciò che ha potuto
favorire in qualche modo le piaghe dell’antisemitismo e dell’antigiudaismo. Possano
queste piaghe essere sanate per sempre!” Quindi ricorda
le radici comuni e il profondo rapporto che lega la Chiesa agli ebrei, "scelti dal
Signore primi fra tutti ad accogliere la sua parola": e "i doni e la chiamata di Dio
- ha ribadito - sono irrevocabili!". Poi ha ricordato il "valore perenne" del Decalogo
per ebrei e cristiani, ma anche per i non credenti, quale “grande codice etico per
tutta l’umanità”. Indica tre campi di collaborazione tra le due comunità proprio a
partire dai Dieci Comandamenti. Innanzitutto il riconoscimento dell’unico Dio “contro
la tentazione di costruirsi altri idoli”: “Nel nostro
mondo molti non conoscono Dio o lo ritengono superfluo, senza rilevanza per la vita;
sono stati fabbricati così altri e nuovi dei a cui l’uomo si inchina. Risvegliare
nella nostra società l’apertura alla dimensione trascendente, testimoniare l’unico
Dio è un servizio prezioso che Ebrei e Cristiani possono offrire assieme”.
Il
secondo campo di collaborazione è "la protezione della vita, contro ogni ingiustizia
e sopruso, riconoscendo il valore di ogni persona umana, creata a immagine e somiglianza
di Dio"; il terzo è la promozione della “santità della famiglia”, “cellula essenziale
della società”, e “in cui il ‘sì’ personale e reciproco, fedele e definitivo dell’uomo
e della donna, dischiude lo spazio per il futuro, per l’autentica umanità di ciascuno,
e si apre, al tempo stesso, al dono di una nuova vita”. E sui comandamenti ricorda
quanto hanno affermato sia Mosè che Gesù: “si riassumono nell’amore di Dio e nella
misericordia verso il prossimo”:
“In questa direzione
possiamo compiere passi insieme, consapevoli delle differenze che vi sono tra noi,
ma anche del fatto che se riusciremo ad unire i nostri cuori e le nostre mani per
rispondere alla chiamata del Signore, la sua luce si farà più vicina per illuminare
tutti i popoli della terra”.
Tra ebrei e cattolici
- rileva con convinzione - c’è la “comune volontà di continuare un dialogo aperto
e sincero”:
“Cristiani ed Ebrei hanno una grande
parte di patrimonio spirituale in comune, pregano lo stesso Signore, hanno le stesse
radici, ma rimangono spesso sconosciuti l’uno all’altro. Spetta a noi, in risposta
alla chiamata di Dio, lavorare affinché rimanga sempre aperto lo spazio del dialogo,
del reciproco rispetto, della crescita nell’amicizia, della comune testimonianza di
fronte alle sfide del nostro tempo, che ci invitano a collaborare per il bene dell’umanità
in questo mondo creato da Dio, l’Onnipotente e il Misericordioso”.
Il
Papa, infine, invoca dal Signore “il dono prezioso della pace in tutto il mondo, soprattutto
in Terra Santa” e nel Medio Oriente.
Quella al Tempio
Maggiore di Roma è stata la terza visita di Benedetto XVI in una Sinagoga, dopo Colonia
nel 2005 e New York nel 2008. Ma torniamo all’evento di ieri, con una cronaca dei
momenti salienti dell'avvenimento nel servizio del nostro inviato alla Sinagoga di
Roma, Alessandro Gisotti:
Un
viaggio breve quello che il Papa ha compiuto per raggiungere la Sinagoga sul Lungotevere,
cuore della comunità ebraica romana. Eppure un viaggio fondamentale, perché come scriveva
Jacques Maritain, “quando la Sinagoga e la Chiesa saranno riconciliate allora soltanto
sarà possibile parlare di guarigione dell’umanità”. In questo quartiere dove ogni
angolo, ogni pietra racconta una storia, spesso una storia di sofferenza, la visita,
che non ha mancato di offrire momenti di viva commozione, è iniziata nel segno della
memoria. Il Papa si raccoglie davanti alla lapide che ricorda i 1021 ebrei romani
deportati dai nazisti il 16 ottobre del 1943 ed incontra alcuni sopravvissuti al lager
di Auschwitz. Quindi, la sosta dinnanzi alla targa che ricorda l’attentato contro
la Sinagoga del 1982 nella quale perse la vita un bambino di 2 anni. Toccante fuori
programma prima dell’ingresso in sinagoga, l’incontro affettuoso con il 95enne rabbino
Elio Toaff, che nonostante le sue condizioni precarie di salute non ha voluto rinunciare
ad incontrare il Papa.
(Canti)
Nel
Tempio, si vivono momenti di intensa emozione, soprattutto quando il presidente della
comunità ebraica Pacifici saluta i sopravvissuti alla Shoah presenti e il Papa, visibilmente
commosso, si alza per rendere loro omaggio. Un gesto che suscita un prolungato applauso:
(Applausi)
Dopo
i discorsi, accompagnato dall’inno tradizionale ebraico, “Anì Maamin”, è stata la
volta dello scambio dei doni:
(Inno “Anì Maamin”)
Il
Papa regala al Rabbino una veduta dell’isola Tiberina del Piranesi. Di Segni ricambia
con un dipinto dell’artista Tobia Ravà, ricco di simbolismi biblici. Un’opera raffigurante
un bosco di pioppi. E un altro albero suggella questo avvenimento a lungo atteso.
Un ulivo piantato a ricordo della visita con la speranza che dia molti frutti per
la concordia e l’amicizia tra ebrei e cattolici. Ma anche con i musulmani. In Sinagoga,
era infatti presente una delegazione della comunità islamica italiana. Ancora nel
segno della memoria, un altro momento della visita: l’inaugurazione nel Museo Ebraico
della mostra “Et ecce gaudium”, che espone 14 disegni preparati, nel ‘700, dagli ebrei
romani per l’incoronazione dei Pontefici. Quindi, prima del ritorno in Vaticano l’incontro
con alcuni rappresentanti della comunità, nella Sinagoga spagnola. Una visita durata
in tutto due ore, ma che sarà ricordata a lungo.