Presidenziali in Cile: vince il leader della destra Piñera
Svolta a destra in Cile. Con oltre il 51 per cento dei voti Sebastián Piñera ha vinto
il ballottaggio presidenziale di ieri. Imprenditore, miliardario, durante la campagna
elettorale ha proposto agli elettori ''una seconda transizione", dopo quella dall'autoritarismo
militare alla democrazia. Due gli obiettivi su cui ha puntato: la creazione di un
milione di posti di lavoro e la sicurezza. E da più parti si parla di un risultato
storico. Sulle motivazioni di questa vittoria, Salvatore Sabatino ha raccolto
il commento di Luis Badilla, giornalista ed esperto di America Latina:
R. – Primo,
perché era da 20 anni che governava una coalizione di centro-sinistra, subito dopo
il regime militare di Pinochet. Poi, se andiamo indietro, tenendo conto dei governi
democratici, era da 46 anni che in Cile non governava un presidente di destra. L’ultimo
è stato Jorge Alessandri, che finì il suo mandato nel 1964. Dopo di che vennero regimi
democratici-cristiani, quello della sinistra di Salvador Allende e poi tutto il periodo
militare. Quindi, si tratta di una data molto rilevante, molto significativa. In secondo
luogo, potremmo dire che la ragione del perché si dice che sia storico è perché si
tratta di una nuova destra, che non c’entra niente con ciò che in un certo qual modo
rappresentò Pinochet per oltre 20 anni. D. – Chi è SebastiánPiñera, può tracciarne un profilo? R. – Oltre
ad essere un uomo molto ricco, è anche un uomo che in qualche modo ha rifondato la
destra cilena, staccandola dal pinochettismo, dandole un volto molto più moderno,
tanto che adesso il suo problema al governo, secondo me, sarà di dare seguito a tutte
le sue promesse, perché paradossalmente lui ha fatto una campagna quasi di centro-sinistra,
con un altissimo contenuto sociale. D. – La gente cosa si aspetta
da lui, dopo questa elezione? R. – Si aspetta che dia compimento
al suo programma. Tra l’altro aveva promesso migliaia e migliaia di alloggi popolari
in pochissimo tempo, miglioramento del salario minimo, miglioramento del sistema sanitario...
La gente vorrebbe vedere tutte queste promesse realizzate. D.
– Dopo questo voto, come cambiano gli equilibri all’interno dell’America Latina? R.
– Potrebbero cambiare drasticamente. Durante quest’anno, in America Latina, andranno
a votare diversi Paesi per un totale di 400 milioni di persone, almeno 250 milioni
di elettori dovranno eleggere il presidente: innanzitutto, in Brasile, poi i Parlamenti
regionali, statali, e via dicendo, in Messico, poi il presidente colombiano, quindi
un gran numero di elezioni presidenziali. Il Cile tradizionalmente ha segnato la pista
di quello che può succedere. Non èuna questione meccanica, ma è probabile che quello
che si è verificato in Cile si possa registrare in altri Paesi nei prossimi mesi. D.
– Oggi come si può definire il Cile, che Paese è? R. – Dobbiamo
ricordare che il Cile fra poco entrerà a far parte dell’Organizzazione per lo sviluppo
economico: sarà il 31.mo Paese che entra a far parte di questa organizzazione. E’
quasi una certificazione che il Cile sarebbe in qualche modo uscito dal sottosviluppo.
Il problema del Cile, che tra l’altro è un problema di tutta l’America Latina, è l’iniquità
sociale: è un Paese dove le differenze sociali sono scandalose. Questa è l’altra grande
sfida del presidente Piñera: sarà in grado, come ha promesso, di ridistribuire
la ricchezza?