Anno Sacerdotale. L’esperienza di don Paolo Salvo: dalla Radio Vaticana al sacerdozio
in un quartiere di Roma
Un momento di gioia per la Radio Vaticana e per la diocesi di Roma: ieri sera, nella
parrocchia di San Vincenzo Pallotti, nel quartiere di Pietralata, è stato ordinato
sacerdote Paolo Salvo, già capo servizio della nostra emittente. La liturgia è stata
presieduta dal vescovo ausiliare di Roma Nord, mons. Guerino Di Tora, e concelebrata
dal nostro direttore, padre Federico Lombardi. Al microfono di Alessandro Gisotti,
don Paolo Salvo racconta il percorso che lo ha portato al sacerdozio, dagli
anni giovanili alla grande famiglia dei Pallottini, attraverso il lungo servizio nella
“Radio del Papa”:
R. - E’
una vocazione che viene da lontano. La mia è una storia un po’ fuori dagli schemi.
Tutto è cominciato quand’ero ragazzo di più o meno 20 anni, nella mia parrocchia dei
Padri Pallottini. Entrato in questo Istituto, ho fatto tutti gli studi di filosofia
e teologia e, arrivato al quinto anno per la laurea in Teologia, è successo un fatto,
perché tutti noi uomini dobbiamo poi fare i conti con la nostra umanità: sono andato
in crisi. Da un lato, perché avevo mia madre sola - e anche il mio superiore provinciale
me lo fece notare. Dall’altra parte, però, io stesso mi ero posto una domanda, mi
ero impuntato su una questione, e dicevo: “Io voglio, di fronte alla scelta decisiva,
una valida alternativa, davanti alla quale pormi per poter fare una libera scelta”. D.
- Quindi, il disegno alternativo in qualche modo tu l’hai letto proprio nella Radio
Vaticana... R. - La Radio Vaticana è stato il disegno alternativo,
parliamo dell’inizio degli anni ’70. Io devo dire una cosa di tutto questo periodo,
di questi anni della Radio Vaticana, una cosa che mi ha colpito una volta e che mi
è rimasta proprio dentro. C’è un articolo nel regolamento della Radio Vaticana, il
quale dice: “Coloro che lavorano alla Radio Vaticana partecipano alla missione universale
del romano Pontefice”. Altro che disegno alternativo! Io ho vissuto veramente questo
lavoro, non solo come tale - sono diventato giornalista professionista - ma come una
missione. D. - Un lavoro che è una missione e che chiaramente
ha aiutato anche a tenere viva la vocazione. E così arriviamo ai giorni nostri... R.
- Direi che i passi concreti di questo risveglio vocazionale li ho compiuti quando
ancora lavoravo alla Radio Vaticana. Naturalmente, il mio lavoro ha assorbito molto
le mie energie, quindi non era facile poi impegnarmi in altre cose. Stabilii un contatto
con il cardinale Ruini - mi venne questa intuizione - e il cardinale Ruini mi fece
rispondere dal suo segretario don Mario Parmeggiani, che adesso è diventato vescovo
di Tivoli, con il quale ebbi un colloquio bellissimo, che lui poi ha riferito al cardinale
Ruini, e mi hanno indirizzato ad un sacerdote - padre spirituale al Seminario maggiore
di Roma, don Angelo De Donatis - che in quel momento diventava parroco nella parrocchia
di San Marco a Piazza Venezia. Mi hanno affidato a lui. Quindi, ho vissuto un periodo
in questa parrocchia di San Marco evangelista a Piazza Venezia. D.
- Parlavi all’inizio di una vocazione fuori dagli schemi, sicuramente c’è anche questa
originalità: arrivare all’ordinazione sacerdotale in età adulta. Come vivi questo
aspetto particolare della tua dimensione vocazionale e sacerdotale? Come la vivono
i confratelli, i Pallottini, e i fedeli, che già ormai da qualche anno incontri quotidianamente? R.
- Certo, perché adesso viviamo insieme. Sto con due sacerdoti brasiliani nel quartiere
di Pietralata, che è un quartiere periferico popolare di Roma. Che cosa provo? Io
sento questo, ci ho pensato in questi ultimi tempi: un senso di sereno stupore. D.
- L’età è grande, ma è ancora più grande l’entusiasmo... R.
- Il sacerdote che fa il parroco nella parrocchia di Pietralata dove mi trovo una
volta mi ha detto proprio questo: “Paolo, abbiamo bisogno del tuo entusiasmo”. Quando
ho dovuto fare l’immaginetta per il ricordo dell’ordinazione sacerdotale ho scelto
una frase del Curato d’Ars: “Il prete non è per se stesso, ma è per voi”. Essere un
testimone delle meraviglie del Signore, che Lui compie nella vita di tutti noi, se
ci apriamo a Lui. Poi, un altro pensiero che mi viene è questo - perché ho nominato
il Curato d’Ars - che Dio si serve non solo dei Santi, ma anche dei peccatori. Questo
mi dà molta serenità e naturalmente mi suggerisce anche di dire ad un certo punto:
“Peccatori di tutto il mondo uniamoci e convertiamoci, tutti insieme, perché altrimenti
se non ci convertiamo precipitiamo nel vuoto, nel baratro”. D.
- Sei felice di questa tua condizione di servizio totale a Dio e ai fedeli? R.
- Felicità è una parola grande. Direi sono contento, sono sereno. Il sentimento che
sento maggiormente dentro di me, come dicevo prima, è questo sereno stupore e un sentimento
di gioia, la gioia di cominciare una vita nuova.