Cor Unum rilancia l'appello del Papa: aiuti generosi. Hanno perso la vita anche l'arcivescovo
Miot e Zilda Arns, la Madre Teresa dell'America Latina
Dramma e caos ad Haiti dopo il devastante terremoto che ha colpito il Paese martedì
scorso. Il Pontificio Consiglio Cor Unum ha rilanciato l’appello del Papa, mercoledì
all’udienza generale: gli aiuti – afferma un comunicato del dicastero vaticano – “devono
essere generosi e concreti per venire incontro alle pressanti necessità dei nostri
fratelli e sorelle in Haiti”. “Cor Unum, in diretto contatto con Catholic Relief Services
(Crs), l'agenzia umanitaria internazionale dei vescovi degli Stati Uniti, – riferisce
il comunicato - ha chiesto all’organismo di coordinare gli sforzi di assistenza in
questa fase. Il personale già sul posto, che conta più di 300 membri attivi da tempo
in Haiti l'esperienza passata, le capacità e le risorse di Crs, permetteranno pronto
ed efficace coordinamento degli sforzi della Chiesa”. In azione anche la Caritas Internationalis
guidata dal cardinale honduregno Oscar Rodriguez Maradiaga. Ma le operazioni di soccorso
sono purtroppo estremamente difficili: si scava a mani nude in cerca di sopravvissuti
sotto le macerie. Tra le tante vittime c'è anche l’arcivescovo di Port-au-Prince.
Il servizio di Amedeo Lomonaco:
Haiti è un cumulo
di macerie. A Port-au-Prince lo scenario è apocalittico. Nelle zone periferiche si
moltiplicano anche voci di presunti saccheggi. L’intero Paese è sotto choc come il
suo presidente, René Preval, che intervistato dalla Cnn racconta il proprio dramma
e quello di una nazione intera:
R. – My Palace collapsed… Il Palazzo
presidenziale è crollato. Non posso stare nel mio Palazzo e non posso stare nella
mia casa, perché entrambi sono crollati. Adesso sto lavorando per salvare le persone.
Siamo in una situazione drammatica: bisogna vederla, per poterci credere. Case distrutte,
ospedali, scuole crollati. E la gente è per le strade. Non possiamo portarli all’ospedale.
Ora, prima di tutto, dobbiamo ripulire le strade perché i soccorritori possano lavorare.
Abbiamo bisogno di dottori, di medicine. Gli ospedali che funzionano sono pieni e
la gente è fuori, davanti alle strutture sanitarie. C’è il rischio che le case continuino
a crollare. C’è il rischio di epidemie. Ma tutti stanno facendo del loro meglio per
aiutare. Voglio ringraziare tutti i Paesi che hanno cominciato ad aiutarci.
Il
bilancio è pesantissimo anche per la Chiesa locale. Anche l’arcivescovo di Port-au-Prince,
mons. Serge Miot, è morto nel sisma. Ieri sera molti sopravvissuti hanno pregato nelle
piazze del centro della capitale. Secondo fonti locali sono almeno 100 sacerdoti e
seminaristi rimasti uccisi in seguito al terremoto. Ascoltiamo la testimonianza di
un sacerdote haitiano, padre Jean Patrick, raccolta da Marie Duhamel: R. – L’Eglise
haïtienne… La Chiesa haitiana è stata gravemente colpita da questa catastrofe.
Sono crollate numerose chiese, la cattedrale è stata devastata dalle fiamme, anche
il seminario è stato colpito, sono morti dei seminaristi e molti, molti fedeli della
diocesi hanno perso la vita in questa catastrofe. In giro vediamo e sentiamo grida,
dolore, angoscia. Bisogna dire che quando la Chiesa è colpita, è colpita anche la
solidarietà perché la Chiesa è il luogo in cui la gente vive la solidarietà. Adesso
è la Chiesa stessa qui ad Haiti a trovarsi in difficoltà e fa affidamento sul sostegno
degli altri, in particolare sull’aiuto della Chiesa universale: la forza di questo
aiuto sta nel fatto che è un aiuto di cuore, è un aiuto che viene dall’amore della
Chiesa universale nei riguardi di una piccola Chiesa locale. Ogni Chiesa darà il suo
contributo e questo ci consentirà di cambiare la situazione. Noi haitiani siamo abituati
alle catastrofi: quando non sono quelle naturali, sono quelle politiche o di altro
genere e da sempre scuotono il Paese. Ma il popolo ogni volta riprende a sperare,
sempre torna a sperare che il domani sarà migliore. E questa speranza è una speranza
cristiana. Questo popolo è convinto che Dio lo accompagni lungo la sua storia e che
sia al suo fianco, nonostante tutto. Per gli haitiani l’amore è più forte … E’
estremamente difficile avere notizie da Haiti. Le comunicazioni telefoniche sono interrotte.
Gli unici collegamenti con il Paese caraibico sono attualmente possibili attraverso
skype. Ascoltiamo la testimonianza di Tito Ippolito, volontario Avsi che si trova
a 100 chilometri da Port-au-Prince, raccolta da Luca Collodi:
R. – Le notizie
sono di una situazione evidentemente fuori controllo, nella quale l’unica cosa che
si può fare è di attendere l’arrivo delle squadre di soccorso dai Paesi vicini: lo
Stato haitiano non è assolutamente attrezzato per affrontare una situazione di emergenza
del genere, per cui si procede anche a mani nude alla ricerca di eventuali superstiti
tra le macerie. Macerie che hanno completamente invaso la città. D.
– Com’è possibile aiutare dall’Europa e dall’Italia queste persone? R.
– Al momento noi non possiamo che attendere che la situazione si normalizzi. Per poter
pensare di organizzare un’azione di aiuto alla popolazione haitiana dovremmo prima
di tutto renderci conto di che situazione abbiamo di fronte per poter capire bene
cosa fare e in che modo procedere. Credo che per poter fare una valutazione del genere
purtroppo saremo costretti ad aspettare qualche giorno. D. –
Anche gli ospedali hanno delle difficoltà, perché si parla di crolli …
R.
– Le informazioni che mi sono giunte è che sia rimasto un unico ospedale funzionante
rispetto ai quattro normalmente in funzione nella capitale, perché gli altri tre sono
crollati. Un ospedale, quindi, che è già oltre la sua capacità di accoglienza e che
è ormai costretto a rifiutare l’arrivo di altri feriti in quanto non ha più la possibilità
di gestirli. D. – C’è qualcuno che sta coordinando o quantomeno
sta provando a coordinare i soccorsi? R. – Per il momento, purtroppo,
credo di no. Regna il caos, è una situazione assolutamente fuori controllo nella quale
ognuno cerca, con i propri mezzi, di riuscire a recuperare eventuali superstiti tra
le macerie. Ma senza l’arrivo di squadre organizzate la situazione non può assolutamente
volgere ad un miglioramento.
Nel Paese cominciano ad arrivare gli aiuti
della comunità internazionale. Sono anche molteplici gli sforzi per mettersi in contatto
con i sopravvissuti. Il Comitato internazionale della Croce Rossa ha attivato uno
speciale sito Internet per aiutare gli haitiani ad avere notizie dei propri cari dopo
il terribile sisma che ha colpito il Paese. L'indirizzo è www.icrc.org/familylinks.
Sono almeno 200 i dispersi tra quanti fanno parte del personale dell’Onu nel Paese.
Intanto, le organizzazioni presenti sul posto stanno monitorando il territorio per
organizzare i soccorsi, come spiega, al microfono di Linda Giannattasio, Francesco
Rocca, commissario straordinario della Croce Rossa Italiana: R. – Sono arrivati
i primi aiuti e sono cominciati ad arrivare i primi aerei. Si sta verificando anche
dove e come dislocare gli aiuti e si stanno individuando le aree dove poter mettere
gli eventuali ospedali da campo, i rifugi, le tende, gli alloggi provvisori. Per fare
questo, però, occorre individuare delle aree che siano adatte anche per portare elettricità
ed acqua, perché lì le infrastrutture sono venute completamente giù e lavoriamo in
un Paese poverissimo, dove già prima la conduzione politica, le infrastrutture di
carattere amministrativo, quindi il coordinamento, era difficile. La valutazione sul
terreno è fondamentale. D. – Gli aerei ora riescono a raggiungere
la capitale? R. – Con difficoltà i primi aerei sono arrivati.
Si sta lavorando per mettere a posto l’aeroporto. D. – Quali
sono a suo avviso i problemi più urgenti? R. – Il problema principale
è quello sanitario. C’è, però, il problema del cibo, c’è il problema dell’elettricità
e dell’acqua, e qui andiamo ad operare su un territorio dove comunque mancano le infrastrutture
di collegamento. Mentre con lo tsunami si è operato in zone povere, ma dove c’era
uno Stato forte, qui abbiamo una forte difficoltà. D. – Da più
parti sta arrivando l’appello a non inviare cibo. Di che tipo di aiuti ha realmente
bisogno la popolazione? R. – Il cibo inviato, ad esempio, dall’Italia,
ora che viene organizzato, che viene stoccato e consegnato! Dai Paesi caraibici vicini
possiamo ordinarlo. Quindi, non serve in questo momento inviare cibo, serve sostenere
la Croce Rossa o le altre organizzazioni, che operano sul territorio con contributi
in denaro, perché lì chi lavora sul posto può fare la valutazione dei bisogni. Non
facciamo l’errore di dare beni in natura, che poi possono portare solo difficoltà
nella distribuzione e c’è il rischio che non vadano a buon fine. Dalla comunità
internazionale cominciano dunque ad arrivare i primi aiuti. Secondo le Nazioni Unite,
almeno tre milioni di persone avrebbero bisogno di soccorsi. Un grande contributo,
in particolare, è assicurato in queste drammatiche ore, dalla confinante Repubblica
Dominicana. Mons. Józef Wesołoski, nunzio apostolico nella Repubblica Dominicana: R.
–Si è riscontrata veramente molta solidarietà tra la gente nell’aiutare i nostri fratelli
e sorelle che si trovano nella Repubblica di Haiti. In particolare, sono arrivati
i primi aiuti da parte degli altri Paesi, come gli Stati Uniti, e si nota la presenza
della comunità europea e l’Onu. D. – Quali sono le priorità
in questo momento? R. – Adesso si devono concentrare tutti gli
sforzi nella liberazione di tutte quelle persone che si trovano ancora sotto le macerie
delle case cadute. La seconda fase è aiutare la gente con cibo, acqua potabile, organizzare
la loro vita quotidiana. Ora la grande preoccupazione riguarda anche le Chiese, perché
ci sono anche sacerdoti e seminaristi tra coloro che hanno perso la vita. D.
– Quali iniziative prenderà la nunziatura della Repubblica Dominicana per aiutare
la popolazione di Haiti colpita dal terremoto? R. – In questo momento la
nunziatura di Santo Domingo sta preparando gli aiuti. Tanta gente ha chiamato per
informarsi su quale sia la situazione nel Paese vicino. Per il futuro pensiamo di
mandare aiuti umanitari e nelle Chiese abbiamo pregato per chi ha perso la vita, per
tutta quella gente che adesso ha bisogno di coraggio, di amore e di carità.
Iniziative
di solidarietà sono state intraprese dalle Chiese di tutti i continenti, Europa, Asia,
Africa, Oceania. Ma grande è stata in particolare la commozione per quanto accaduto
ad Haiti nelle comunità ecclesiali del Continente americano e soprattutto dell'America
Latina. Immediata la mobilitazione delle Conferenze episcopali locali, dopo l’appello
di ieri del Papa, a sostegno della popolazione colpita. Lo conferma ai nostri microfoni
il nostro collega cileno Luis Badilla:
R. – La risposta delle Chiese latino-americane
è stata generosissima e immediata, subito dopo l’appello lanciato ieri da Benedetto
XVI, per portare solidarietà, vicinanza e aiuti concreti alle popolazioni haitiane.
Dopo le commosse parole del Papa, la quasi totalità delle 22 Conferenze episcopali
dell’America Latina ha annunciato, nei limiti delle proprie risorse, sempre scarse,
importanti aiuti finanziari ad Haiti. Ovviamente, in prima linea, le diverse Caritas
nazionali dell’America Latina, alcune delle quali stanno facendo arrivare già in questo
momento i loro primi aiuti. Hanno mandato anche i loro inviati che stanno organizzando
l’arrivo di altri urgenti sostegni come per esempio cibo, coperte, medicinali, abbigliamento.
La cosa fondamentale è comunque l’appello indirizzato ai popoli cattolici dell’America
Latina, a tutti in generale, a donare quello che è possibile per Haiti. I vescovi
insistono soprattutto perché si doni quello che serve veramente.
Dietro
ogni vittima del terremoto di Haiti si nasconde una singola storia. E’ nel segno della
solidarietà quella di Zilda Arns, 75 anni, fondatrice della Pastorale del Bambino,
organizzazione legata alla Conferenza Nazionale dei vescovi del Brasile. Sorella del
cardinale Paulo Evaristo Arns, arcivescovo emerito di San Paolo, era in missione a
Port-au-Prince, ed è morta nelle vie della capitale haitiana. Un suo ritratto nel
servizio di Benedetta Capelli: Era conosciuta come la Madre Teresa dell'America
Latina. Medico pediatra, Zilda Arns aveva 5 figli e nel 1983 fondò la Pastorale del
Bambino che nel Paese sudamericano assiste quasi due milioni di bimbi, 95 mila donne
incinte in oltre 42 mila comunità. Una vita spesa nell’amore appassionato degli altri,
in difesa della vita, della famiglia e dei bambini poveri. Ascoltiamola in un’intervista
rilasciata al programma brasiliano della Radio Vaticana: (parole
in portoghese) "Conoscere Gesù, essere una sua discepola o un suo discepolo
è la nostra gioia. Seguirlo è una grazia così come dare testimonianza; partecipare
con solidarietà sostenendo le famiglie povere è la nostra missione perché tutti i
bambini possano vivere in abbondanza. Tutti insieme possiamo costruire una società
giusta e fraterna a servizio della vita e della speranza". Punto
di riferimento per l’America Latina nella lotta contro la denutrizione e la mortalità
infantile: due campi nei quali aveva ottenuto risultati eccellenti vantando una riduzione
del 60% nel primo caso, del 50% nel secondo. Per il suo impegno è stata candidata
al premio Nobel per la Pace. I vescovi del Brasile, in una nota, hanno ricordato che
è morta nel “pieno esercizio della causa in cui credeva”, mettendo in pratica la missione
di Gesù: “Io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza”
(Gv 10,10).