Aiuti ad Haiti: Cuba apre lo spazio aereo agli Usa. I soccorsi della Caritas
Si continua a scavare senza sosta alla ricerca di sopravvissuti sotto le macerie.
I feriti e i senzatetto sarebbero più di tre milioni su una popolazione di poco più
di nove. Il bilancio delle vittime è ancora provvisorio, alcune fonti parlano di oltre
100 mila morti, altre ipotizzano addirittura 500 mila vittime. Migliaia di cadaveri
sono già stati sepolti in fosse comuni. Camion requisiti dalla polizia continuano
incessantemente a trasportare corpi in decomposizione raccolti dalle strade o estratti
dalle macerie. Mancano cibo, acqua e mezzi per estrarre dalle case crollate persone
ancora vive. Il direttore generale della Fao Jacques Diouf parla di "sofferenza apocalittica".
Ascoltiamo alcune drammatiche testimonianze di cittadini haitiani raccolte dalla
Bbc:
“That was
my father’s house… Quella era la casa di mio padre. Non c’è più, è crollata…qui
sotto le macerie c’è qualcuno, ci sono alcune persone, ma non riusciamo a salvarle:
non abbiamo una scavatrice per tirarle fuori!” “Many people
died... Sono morte molte persone! Abbiamo bisogno dell’aiuto internazionale!
Servono aiuti d’emergenza! Non c’è più ospedale, non c’è più l’elettricità, niente!
Non c’è telefono, non c’è più cibo, né acqua, niente! Troppe persone sono morte!” “My
daughter is lying ... Mia figlia giace come spazzatura, lì per terra, morta,
non posso lasciarla così! E’ stata estratta da sotto le macerie di una scuola” “I’m
happy ... Io sono felice, sono vivo, ho perso tutto ma sono vivo! Questa
è la cosa più importante”. “I need help... Ho bisogno
di aiuto. Mia figlia è ferita, sta lottando per sopravvivere ma ho bisogno di aiuto.
In quest’ospedale non c’è aiuto. Mia figlia sta morendo. Vuole lottare. Ha bisogno
di andare in sala operatoria, ma non c’è più nessuno, non c’è aiuto. Cerco di salvare
almeno lei: mia figlia più piccola è morta, sepolta dalle macerie non so dove, così
mia nonna, anche lei è sepolta da qualche parte. Ma adesso sto lottando con tutte
le forze per salvare questa piccola, per cercare di tenerla in vita. Il
dramma mostra scenari impensati: Cuba ha aperto il proprio spazio aereo agli Stati
Uniti per i voli umanitari e il trasporto dei feriti. Nel Paese caraibico intanto
agli aiuti della comunità internazionale si aggiungono quelli preziosi della Chiesa,
come conferma al microfono di Amedeo LomonacoAlessandra Arcidiacono,
del Dipartimento emergenze della Caritas Internationalis:
R. – La Caritas
Internationalis ha iniziato immediatamente la distribuzione di coperte e tende alla
popolazione colpita. Fornisce anche assistenza medico-sanitaria. La prima consegna
di alimenti avverrà proprio questo pomeriggio a Port-au-Prince; razioni alimentari
vengono preparate proprio in questo momento da volontari, che stanno lavorando però
a Santo Domingo. Da Santo Domingo le razioni verranno poi spedite a Port-au-Prince.
La Caritas Internationalis cercherà di portare i primi aiuti sanitari e quindi anche
cibo ed acqua potabile. Si preoccupa di fornire riparo anche se temporaneo. Il presidente
di Caritas Haiti ha lanciato appelli alla calma, alla pace per evitare episodi di
violenza. D. – Ci sono altre iniziative previste in futuro per
rispondere anche agli appelli lanciati in questi giorni dal Papa? R.
– Stiamo cercando proprio di organizzare una risposta più forte. Adesso stiamo mobilitando
tutta la nostra concertazione. Tutte le Caritas nazionali si stanno muovendo. Stiamo
creando anche una squadra di rappresentanti Caritas come appoggio alla Caritas Haiti
sul posto. Il cardinale Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga,
presidente di Caritas Internationalis, ha anche lanciato un appello alla Comunità
internazionale, richiamando alla solidarietà. La prossima domenica alcune Caritas
hanno promosso la lettura di una preghiera speciale durante la Santa Messa per le
vittime del sisma, con annessa raccolta fondi.
Al rischio di epidemie si
aggiunge adesso a Port-au-Prince il dramma delle rivolte. Nelle ultime ore si segnalano
numerosi saccheggi di negozi. Bande armate sono attive nel cuore del centro commerciale
ridotto ora ad un ammasso di macerie. Dalle prigioni sono fuggite migliaia di detenuti
e persone esasperate per i ritardi negli aiuti hanno addirittura eretto blocchi stradali
utilizzando i cadaveri. Secondo diversi osservatori è anche alto il rischio che qualcuno
possa approfittare della situazione per conquistare il potere con le armi. Molti deputati
e senatori sono morti, il presidente René Preval ha ammesso di non avere più un ufficio.
Al microfono di Amedeo Lomonaco l’addetto stampa delle Nazioni Unite per l’Italia,
Fabio Graziosi:
R. – Il primo
ministro haitiano ha espressamente rivolto alle Nazioni Unite la preoccupazione di
tutto il governo perché non si riescono a trovare strutture presso le quali iniziare
a ricominciare il lavoro. La polizia locale sembra non essere più presente. Naturalmente,
vista la latitanza della struttura governativa, di fatto la popolazione si attende
azioni da parte della missione Onu. D. – Come procede il coordinamento
degli aiuti delle Nazioni Unite per far fronte all’emergenza? R.
– Le Nazioni Unite stanno già predisponendo, sulla base della struttura esistente,
un’attività di coordinamento. Questo è un punto che Ban Ki-moon ha espresso chiaramente
fin da subito, basandosi anche sull’esperienza dello tsunami di cinque anni fa. Si
tratta cioè di garantire un ruolo di coordinamento per le Nazioni Unite, in modo che
si possa il più efficacemente possibile utilizzare tutto quel gran flusso di aiuti
che la comunità internazionale ha promesso ai vari livelli: a livello privato, a livello
delle organizzazioni non governative, e delle agenzie nazionali per lo sviluppo. Il
problema successivo sarà quello di organizzare e dare sicurezza alle attività di distribuzione
degli aiuti. Dopo lo shock e il caos iniziale, ad Haiti cominciano
quindi ad arrivare i primi aiuti: generi di prima necessità ma anche soccorritori,
team di medici e materiale per ospedali da campo. Il presidente americano Barack Obama
ha promesso “uno dei più grandi sforzi umanitari della storia” degli Usa. La macchina
dei soccorsi può far affidamento, in particolare, sul prezioso aiuto assicurato dalla
confinante Repubblica Dominicana. Ascoltiamo al microfono di Luca Collodi la
direttrice ente turismo della Repubblica Dominicana, Neyda Garcia Castillo:
R. – Già
da martedì sera e mercoledì mattina, tutti gli ospedali dominicani si sono messi a
disposizione. Il presidente della Repubblica Dominicana ha messo a disposizione tutti
i mezzi di trasporto; ha messo a disposizione i militari in modo da aiutare gli haitiani
ad attraversare la frontiera e ad andare in ospedale. In questo momento, tutti gli
ospedali dominicani sono al servizio dei feriti haitiani, come è nostro dovere, essendo
nostri vicini. D. – Molti haitiani stanno cercando di entrare
nella Repubblica Dominicana per avere i primi aiuti... R. –
Siamo noi che stiamo prendendo gli haitiani e li stiamo portando nella Repubblica
Dominicana, soprattutto in ospedale per curarli. Tutti quanti siamo vicini ai nostri
connazionali e siamo vicini agli haitiani per aiutarli in questa disgrazia, per aiutarli
a passare la notte in modo umano.
Anche dall’Italia è previsto l’invio
di aiuti per la popolazione di Haiti. Al microfono di Luca Collodi il generale
Vincenzo Camporini, capo di Stato maggiore della Difesa:
R. – Credo
che questa sia una circostanza in cui la piena disponibilità delle risorse umane,
tecniche, che le forze armate possono dispiegare, sia più che doverosa. In effetti,
abbiamo già risposto alla richiesta della Protezione Civile di mettere a disposizione
un velivolo per il trasporto di un ospedale da campo che, tra poche ore, potrà già
cominciare ad operare in questa terra devastata. E’ chiaro che, sempre nei limiti
delle nostre possibilità siamo a piena disposizione; attendiamo disposizioni ovviamente
dal governo per quello che ci verrà chiesto di fare. D. – Generale
Camporini, possiamo dire quindi che la Difesa italiana è pronta ad un eventuale rafforzamento
dell’aiuto umanitario in Haiti? R. – Certo, questo fa parte
del nostro dna. Noi siamo sempre pronti in queste emergenze a dare il nostro contributo
per cercare di ristabilire quelle condizioni di vivibilità che sono prerequisito essenziale
per un positivo sviluppo delle società, in cui ci troviamo ad operare. Tra
le organizzazioni impegnate da anni ad Haiti c’è il Movimento Laici America Latina
(Mlal), che ha in corso un programma per la sicurezza alimentare per oltre 4000 persone
e in fase di avvio un altro progetto per la ricostruzione del territorio. Se si guarda
agli ultimi prestiti della Banca Mondiale per Haiti, con un’economia già piegata da
uragani e recessione, si nota come si sia trattato di finanziamenti per la ricostruzione
di strade e ponti devastati da eventi naturali disastrosi. Sulla situazione ad Haiti,
ascoltiamo Martino Vinci, coordinatore del Progetto Mondo-Mlal in Centro America
e Caraibi, raggiunto telefonicamente in Nicaragua da Giada Aquilino:
R. – Haiti
è un Paese che ha problemi di povertà estrema e che, per debolezze strutturali, non
è in grado ancora di poter condurre politiche di sviluppo. Credo che in questo momento
la gravità della situazione sia legata al fatto che - a differenza di altri disastri
che avevano prevalentemente riguardato le zone rurali, come i più recenti uragani
- si tratta di un evento che ha colpito la capitale, che ha colpito il Paese nel suo
centro più vitale. Non credo che si esageri nelle notizie quando si parla di una situazione
catastrofica. E’ un Paese che in questo momento vede seriamente pregiudicata qualsiasi
possibilità di intraprendere nuovamente un percorso di sviluppo. La Comunità internazionale
dovrà dare un grande aiuto. D. – Il Movimento Laici America
Latina ad Haiti ha due progetti: uno agricolo ed alimentare ed uno, previsto per i
prossimi mesi, proprio per la ricostruzione del territorio. Come questi progetti potranno
essere utili al Paese nel dopo terremoto?
R. – Uno dei progetti è stato
realizzato, fra l’altro, in una zona prossima all’epicentro. Abbiamo rafforzato delle
organizzazioni contadine, le abbiamo dotate di alcune infrastrutture che certamente
in una situazione di crisi come questa potranno costituire un punto di riferimento
per le comunità in loco. Per quanto riguarda l’altro progetto, si ribadisce l’importanza
di continuare a lavorare a programmi che permettano al territorio di essere maggiormente
in grado di resistere a qualsiasi tipo di emergenza. Siamo in contatto con una Ong
della Repubblica Dominicana, dove si sta cercando di organizzare i soccorsi. Non è
disponibile alcun bene di prima necessità; la capacità di Port-au-Prince riguardo
alla fornitura di qualsiasi bene è assolutamente nulla. Stessa situazione anche per
la mobilitazione di risorse finanziarie: abbiamo in loco dei soldi legati ai progetti
e che potremmo utilizzare magari per far fronte a questa emergenza, ma è assolutamente
impossibile. Le banche sono crollate, i sistemi di comunicazione non esistono. Sarebbe,
quindi, assolutamente impossibile fare qualsiasi operazione. D.
– Al fianco di organizzazioni come la vostra e dell’aiuto della Comunità internazionale,
che ruolo possono avere – per esempio – i tanti haitiani che vivono all’estero? R.
– Molte delle Organizzazioni con cui lavoriamo e la società civile sperano che la
diaspora haitiana – come viene definita – possa assumere un ruolo più importante nella
ricostruzione del Paese. Io credo che la tragedia appena avvenuta possa avere davvero
un impatto, almeno a livello psicologico, nei confronti della diaspora e possa ricompattare
anche questo settore, che è chiaramente fondamentale. Penso che siano circa 4 milioni
gli haitiani che vivono all’estero, tra Stati Uniti, Francia e Paesi limitrofi. Il
problema è che ad Haiti deve ricostituirsi una minima capacità di azione e di coordinamento. L’immane
tragedia che ha colpito la popolazione di Haiti chiama tutti alla solidarietà. Raccogliendo
l’accorato appello del Santo Padre, la Conferenza Episcopale Italiana ha reso noto
che domenica 24 gennaio in tutte le chiese d’Italia si terrà una raccolta straordinaria
a sostegno delle popolazioni colpite dal terremoto nell’isola caraibica. Le offerte
raccolte dovranno essere integralmente inviate con sollecitudine a Caritas Italiana,
Via Aurelia 796 - 00165 Roma, utilizzando il conto corrente postale n. 347013 o mediante
bonifico bancario su UniCredit Banca di Roma SpA, via Taranto 49, Roma – Iban: IT50
H030 0205 2060 0001 1063 119 specificando nella causale "Emergenza Terremoto Haiti".