2010-01-12 14:54:26

I 50 anni di "Tutto il calcio minuto per minuto": quando la parola fa "vedere" l'emozione di un gol. Intervista con Alfredo Provenzali


Era il 10 gennaio 1960 quando gli appassionati di calcio italiani furono spettatori di una “rivoluzione” radiofonica destinata a restare nel tempo e a incidere nel costume del Paese. Per la prima volta - in un’epoca in cui erano le radio a transistor a trasmettere le emozioni di una sola partita della domenica - una trasmissione proponeva le radiocronache da più campi collegati contemporaneamente in diretta. Per 50 anni, festeggiati con passione in questi giorni, inalterata è rimasta la filosofia di “Tutto il calcio minuto per minuto”, che l’avvento della diretta in pay tv non ha scalfito né ha condizionato lo stile che ha reso il programma enormemente popolare. Luca Collodi ne ha parlato con una delle voci “storiche” e attuale conduttore della trasmissione, Alfredo Provenzali:RealAudioMP3

(Sigla: “Tutto il calcio minuto per minuto”)

 
R. - All'epoca, lo sport più importante in Italia, quello più seguito e più popolare, era il ciclismo. Ci fu poi il passaggio di staffetta dal ciclismo al calcio, perché il 10 gennaio nasceva la trasmissione “Tutto il calcio minuto per minuto” e praticamente il calcio negli usi e nei costumi degli italiani prese il posto del ciclismo, diventando un sport popolare, con tutte le implicazioni che poi ha comportato.

 
D. - Come è cambiato il calcio dal 1960 ad oggi?

 
R. - Ahimè, è cambiato moltissimo, perché allora era un fatto prettamente ed unicamente sportivo. E’ diventato oggi un qualcosa di estremamente commerciale, con molti quattrini in ballo, con interessi di diversa natura e quindi con tutte le implicazioni che lo hanno portato ad essere quello che è oggi.

 
D. - In questi giorni è partita la Coppa d’Africa, con le vicende legate al Togo. La violenza nel calcio oggi sembrerebbe una costante, anche con implicazioni politiche internazionali. Lei cosa ne pensa?

 
R. - E’ una cosa che mi colpisce e che mi fa molto male. Mi fa molto male il pensiero che uno sport - che dovrebbe essere in fin dei conti un divertimento, che dovrebbe rappresentare il massimo del comportamento etico - sia stato portato a livelli tali che francamente non sono più sopportabili e che hanno portato agli esempi che abbiamo sotto gli occhi continuamente: non solo l’ultimo recentissimo, ma anche altri che accadono praticamente ogni domenica sui campi di calcio.

 
D. - Il 2010 è l’anno anche dei Mondiali in Sudafrica e quindi l’Africa - un continente complesso - è ancora protagonista questa volta nello sport. Lei pensa che questo incontro tra grandi nazionali del mondo possa rappresentare un momento, diciamo, "pre-politico", di dialogo, per risolvere i tanti problemi che ci sono oggi nel mondo? Il calcio può contribuire a questo dialogo?

 
R. - Lo spero ardentemente, perché ogni volta che riusciamo a creare qualcosa di positivo, ad aprire delle porte e ad aprire soprattutto delle menti, l’occasione c’è: un’occasione da non lasciarsi scappare. Saranno, però, davvero in grado i protagonisti di approfittarne? Saranno veramente in grado di guardare un po' al di là dei propri occhi e di capire che in questo mondo ci vuole tanta serenità, ci vuole tanto amore? Bisogna cercare di bandire l’odio, bisogna cercare di considerare gli altri soltanto come competitori in una gara e questo non soltanto nel calcio, ma in tutti gli aspetti della vita. (Montaggio a cura di Maria Brigini)







All the contents on this site are copyrighted ©.