I 50 anni di "Tutto il calcio minuto per minuto": quando la parola fa "vedere" l'emozione
di un gol. Intervista con Alfredo Provenzali
Era il 10 gennaio 1960 quando gli appassionati di calcio italiani furono spettatori
di una “rivoluzione” radiofonica destinata a restare nel tempo e a incidere nel costume
del Paese. Per la prima volta - in un’epoca in cui erano le radio a transistor a trasmettere
le emozioni di una sola partita della domenica - una trasmissione proponeva le radiocronache
da più campi collegati contemporaneamente in diretta. Per 50 anni, festeggiati con
passione in questi giorni, inalterata è rimasta la filosofia di “Tutto il calcio minuto
per minuto”, che l’avvento della diretta in pay tv non ha scalfito né ha condizionato
lo stile che ha reso il programma enormemente popolare. Luca Collodi ne ha
parlato con una delle voci “storiche” e attuale conduttore della trasmissione, Alfredo
Provenzali:
(Sigla: “Tutto
il calcio minuto per minuto”)
R. - All'epoca, lo
sport più importante in Italia, quello più seguito e più popolare, era il ciclismo.
Ci fu poi il passaggio di staffetta dal ciclismo al calcio, perché il 10 gennaio nasceva
la trasmissione “Tutto il calcio minuto per minuto” e praticamente il calcio negli
usi e nei costumi degli italiani prese il posto del ciclismo, diventando un sport
popolare, con tutte le implicazioni che poi ha comportato.
D.
- Come è cambiato il calcio dal 1960 ad oggi?
R.
- Ahimè, è cambiato moltissimo, perché allora era un fatto prettamente ed unicamente
sportivo. E’ diventato oggi un qualcosa di estremamente commerciale, con molti quattrini
in ballo, con interessi di diversa natura e quindi con tutte le implicazioni che lo
hanno portato ad essere quello che è oggi.
D. - In
questi giorni è partita la Coppa d’Africa, con le vicende legate al Togo. La violenza
nel calcio oggi sembrerebbe una costante, anche con implicazioni politiche internazionali.
Lei cosa ne pensa?
R. - E’ una cosa che mi colpisce
e che mi fa molto male. Mi fa molto male il pensiero che uno sport - che dovrebbe
essere in fin dei conti un divertimento, che dovrebbe rappresentare il massimo del
comportamento etico - sia stato portato a livelli tali che francamente non sono più
sopportabili e che hanno portato agli esempi che abbiamo sotto gli occhi continuamente:
non solo l’ultimo recentissimo, ma anche altri che accadono praticamente ogni domenica
sui campi di calcio.
D. - Il 2010 è l’anno anche
dei Mondiali in Sudafrica e quindi l’Africa - un continente complesso - è ancora protagonista
questa volta nello sport. Lei pensa che questo incontro tra grandi nazionali del mondo
possa rappresentare un momento, diciamo, "pre-politico", di dialogo, per risolvere
i tanti problemi che ci sono oggi nel mondo? Il calcio può contribuire a questo dialogo?
R.
- Lo spero ardentemente, perché ogni volta che riusciamo a creare qualcosa di positivo,
ad aprire delle porte e ad aprire soprattutto delle menti, l’occasione c’è: un’occasione
da non lasciarsi scappare. Saranno, però, davvero in grado i protagonisti di approfittarne?
Saranno veramente in grado di guardare un po' al di là dei propri occhi e di capire
che in questo mondo ci vuole tanta serenità, ci vuole tanto amore? Bisogna cercare
di bandire l’odio, bisogna cercare di considerare gli altri soltanto come competitori
in una gara e questo non soltanto nel calcio, ma in tutti gli aspetti della vita.
(Montaggio a cura di Maria Brigini)