2010-01-11 15:19:14

Benedetto XVI al Corpo diplomatico: la Chiesa è aperta a tutti perché esiste per gli altri. Difendiamo il creato dall'egoismo dell'uomo


La difesa dell’ambiente non è un fatto “estetico” ma “morale”, ma è prima di tutto l’uomo, in quanto figlio di Dio, a dover essere tutelato nella sua dignità, perché è dal rispetto dell’“ecologia umana” che deriva il rispetto di quella ambientale. Benedetto XVI ha articolato attorno a questo principio l’importante discorso rivolto, questa mattina, al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, ricevuto in Vaticano per la consueta udienza di inizio anno. Attuali e delicati i temi affrontati dal Papa: dalla crisi economica al proliferare delle armi nucleari, dal fenomeno del terrorismo a quello dell’immigrazione, dalla difesa dei cristiani perseguitati a quella delle radici cristiane dell’Europa. Ha rivolto l’indirizzo di omaggio al Santo Padre, come decano del Corpo diplomatico, l’ambasciatore dell’Honduras Alejandro Emilio Valladares Lanza. Il servizio di Alessandro De Carolis:RealAudioMP3

Valutare cosa gli uomini fanno per la pace nel mondo osservando in che modo rispettano il loro pianeta. Una delle punte più recenti del magistero di Benedetto XVI - custodire la pace, custodendo il creato - è la chiave di lettura anche del lungo discorso agli ambasciatori dei 178 Stati che attualmente intrattengono relazioni diplomatiche piene con la Santa Sede: di poche settimane è la ratifica siglata con la Federazione Russa. La premessa che il Papa fa al suo discorso è un atto di libertà: il “Successore di Pietro - ha affermato - mantiene le sue porte aperte a tutti e con tutti desidera avere relazioni che contribuiscano al progresso della famiglia umana”, così come la Chiesa - dice - “è aperta a tutti perché - in Dio - esiste per gli altri”. Da qui parte il primo sguardo del Papa al mondo. In cima, come nel 2009, c’è ancora la crisi economica, ma con una forte correlazione in primo piano: se la crisi è stata provocata, ripete, dal materialismo che pensa solo al profitto, questa “stessa mentalità” oggi “minaccia anche il creato”. Come prova, Benedetto XVI indica quelle “profonde ferite” che il sistema ateo del socialismo est europeo aveva inferto agli uomini e alla natura e che furono evidenti dopo il crollo del Muro di Berlino: 
“Le négation de Dieu...
La negazione di Dio sfigura la libertà della persona umana, ma devasta anche la creazione! Ne consegue che la salvaguardia del creato non risponde in primo luogo ad un’esigenza estetica, ma anzitutto a un’esigenza morale, perché la natura esprime un disegno di amore e di verità che ci precede e che viene da Dio”.  
Il mondo fatica a trovare un linea comune nel campo della tutela dell’ambiente. Il Papa rileva le “resistenze di ordine economico e politico” registrate al recente Vertice di Copenaghen sul clima e dice di sperare che un “accordo” possa emergere dai prossimi appuntamenti di Bonn e Città del Messico. “Ne va - osserva - del destino stesso di alcune nazioni”, specie se insulari. E se al clima si aggiungono i fenomeni della desertificazione o l’esigenza di una "corretta gestione delle risorse naturali”, ecco che l’Africa diventa per Benedetto XVI una porzione di pianeta fortemente emblematica: 
“En Afrique, comme ailleurs...
In Africa, come altrove, è necessario adottare scelte politiche ed economiche che assicurino ‘forme di produzione agricola e industriale rispettose dell’ordine della creazione e soddisfacenti per i bisogni primari di tutti. Come dimenticare, poi, che la lotta per l’accesso alle risorse naturali è una delle cause di vari conflitti, tra gli altri in Africa, così come la sorgente di un rischio permanente in altre situazioni?”. 
E subito, quando il discorso si sposta di poco sui modi di sfruttamento della terra, Benedetto XVI si riferisce a quanto avviene in Afghanistan come in America Latina, dove “purtroppo”, nota:
 
“...l'agriculture est ancore liée...
L’agricoltura è ancora legata alla produzione di droga e costituisce una fonte non trascurabile di occupazione e di sostentamento. Se si vuole la pace, occorre custodire il creato con la riconversione di tali attività. Chiedo perciò alla comunità internazionale, ancora una volta, che non si rassegni al traffico della droga ed ai gravi problemi morali e sociali che essa genera”. 
E a tale richiesta, il Papa fa seguire un altro dei molti appelli che costelleranno tutto il suo discorso. In questo caso, a preoccuparlo “sono le ingenti risorse” di denaro spese per le armi piuttosto che per i più poveri:
 
“J'espère fermament que...
Confido, fermamente, che nella Conferenza di esame del Trattato di Non-Proliferazione nucleare, in programma per il maggio prossimo a New York, vengano prese decisioni efficaci in vista di un progressivo disarmo, che porti a liberare il pianeta dalle armi nucleari”.  
A più riprese, il Pontefice prende spunto da situazioni specifiche per sollecitare la comunità internazionale a muoversi con più decisione per risolvere crisi o conflitti . E’ il caso del Darfur o della Repubblica democratica del Congo, quando il Papa è diretto nello stigmatizzare “l’incapacità” di chi combatte a “sottrarsi alla spirale della violenza” ma anche, dice, l’“impotenza” di chi dovrebbe mediare o, peggio, l’“indifferenza quasi rassegnata dell’opinione pubblica mondiale”. Le armi, poi, alimentano un’altra piaga che sfigura il pianeta e provoca tra i suoi abitanti “un diffuso senso di angoscia”, il terrorismo: 
“En cette circonstance solennelle...
In questa solenne circostanza, desidero rinnovare l’appello che ho lanciato il 1° gennaio durante la preghiera dell’Angelus a quanti fanno parte di gruppi armati di qualsiasi tipo affinché abbandonino la strada della violenza e aprano il loro cuore alla gioia della pace”.

A questo punto il Papa, che poco più tardi evocherà le sofferenze causate a milioni di persone dalle catastrofi naturali accadute nel 2009 - dai terremoti in Indonesia e in Abruzzo, alle devastazioni nelle Filippine e nel sudest asiatico - constata che violenze, disastri e degrado ambientale “contribuiscono a ingrossare le fila di quanti abbandonano la propria terra”. Chiedendo per loro ai governi “solidarietà e lungimiranza”, Benedetto XVI apre l’appassionato e minuzioso capitolo in difesa dei cristiani perseguitati: 
“En particulier, je voudrais...
In particolare, vorrei menzionare i Cristiani in Medio Oriente: colpiti in varie maniere, fin nell’esercizio della loro libertà religiosa, essi lasciano la terra dei loro padri in cui si è sviluppata la Chiesa dei primi secoli. E’ per offrire loro un sostegno e per far loro sentire la vicinanza dei fratelli nella fede, che ho convocato, per l’autunno prossimo, l’Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi sul Medio Oriente”.
In modo analogo, chiede “rispetto, sicurezza e libertà” per i cristiani in Iraq e integrazione per quelli in Pakistan. E allargando il discorso all’Europa, dove l’avversario del cristianesimo non è la violenza ma il relativismo che, asserisce, suscita un “sentimento di scarsa considerazione e, talvolta, di ostilità”, Benedetto XVI afferma: 
“Il est clair que...
E’ chiaro che, se il relativismo è concepito come un elemento costitutivo essenziale della democrazia, si rischia di concepire la laicità unicamente in termini di esclusione o, meglio, di rifiuto dell’importanza sociale del fatto religioso. Un tale approccio crea tuttavia scontro e divisione, ferisce la pace, inquina l’’ecologia umana’ e, rifiutando, per principio, le attitudini diverse dalla propria, si trasforma in una strada senza uscita. Urge, pertanto, definire una laicità positiva, aperta, che, fondata su una giusta autonomia tra l’ordine temporale e quello spirituale, favorisca una sana collaborazione e un senso di responsabilità condivisa”. 
E il Pontefice coglie un attacco al Creato di Dio e alle sue creature anche in quelle leggi o progetti che, scandisce, “in nome della lotta contro la discriminazione, colpiscono il fondamento biologico della differenza fra i sessi”, come accade in alcuni Stati europei o del continente americano:
 
“La liberté ne peut...
La libertà non può essere assoluta, perché l’Uomo non è Dio, ma immagine di Dio, sua creatura. Per l’uomo, il cammino da seguire non può quindi essere l’arbitrio, o il desiderio, ma deve consistere, piuttosto, nel corrispondere alla struttura voluta dal Creatore”.  
Oltre che rispetto per i cristiani di Terra Santa, Benedetto XVI torna a implorare l’avvento della pace tra israeliani e palestinesi, con la possibilità per entrambi di godere della sicurezza garantita da due Stati, oltre che rispetto per “il carattere sacro” di Gerusalemme. E tra tanti scampoli di umanità in cerca di distensione, il Pontefice indica anche, quasi come segnali di speranza, i risultati ottenuti da quei Paesi che hanno posto fine a conflitti o dispute territoriali: Colombia-Ecuador, Croazia e Slovenia, Armenia e Turchia. Ad essi, Benedetto XVI fa seguire auspici per Iran, Libano, Honduras.
 
Sì, riconosce il Papa, “c’è tanta sofferenza nell’umanità e l’egoismo umano ferisce la creazione in molteplici modi”. La Chiesa, soggiunge, indica che la risposta all’anelito di pace universale è Cristo: 
“Fixant sur Lui mon regard...
Fissando lo sguardo su di Lui, esorto ogni persona di buona volontà ad operare con fiducia e generosità per la dignità e la libertà dell’uomo. Che la luce e la forza di Gesù ci aiutino a rispettare l’“ecologia umana”, consapevoli che anche l’ecologia ambientale ne trarrà beneficio, poiché il libro della natura è uno ed indivisibile. E’ così che potremo consolidare la pace, oggi e per le generazioni che verranno”. (applausi)







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