All'insegna della vicinanza spirituale, pellegrinaggio in Terra Santa di vescovi
europei e americani
Con una visita pastorale alle comunità cristiane della Cisgiordania, di Nablus, Jifna,
Aboud, Ain Arik, si apre oggi la visita del Coordinamento dei vescovi statunitensi
e europei per la Terra Santa che dal 1998, si svolge ogni anno in gennaio, su mandato
della Santa Sede, con l’organizzazione della Conferenza episcopale di Inghilterra
e Galles e dell’Assemblea dei vescovi cattolici della Terra Santa, "Holy Land Coordination"
(Hlc). L’incontro con la comunità cristiana di Gaza, non avrà luogo, per motivi di
sicurezza. Il servizio di Daniele Rocchi, inviato in Terra Santa dell'agenzia
Sir:
Lo scopo è quello di promuovere vicinanza spirituale e materiale alla
Chiesa locale facendo anche pressione sul piano politico e socio-economico. Quest’anno
farà parte della delegazione, composta da circa 26 vescovi - ma qualcuno è stato fermato
temporaneamente dal maltempo in Europa - anche padre Duarte da Cunha, segretario generale
del Ccee (Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa). “Con questa visita, i vescovi
europei, hanno inteso esprimere il loro desiderio di comprendere meglio e condividere
le difficoltà delle popolazioni di quei territori e allo stesso tempo dare un segno
tangibile della vicinanza che le nostre Chiese hanno verso i cristiani della Terra
Santa e dell’amicizia nei confronti del popolo israeliano e palestinese – afferma
da Cunha - la Chiesa in Europa ha bisogno di questo tipo di incontri per costruire
ponti di solidarietà e per definire il genere di interventi a sostegno dei nostri
fratelli cristiani”. Inizio dei lavori è fissato per domani, 11 gennaio, quando parleranno
il Patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal, e il nunzio apostolico, mons. Antonio
Franco. Il primo sulla situazione dei cristiani in Terra Santa e sulla visita del
Papa del 2009, il secondo relazionerà, invece, sull'andamento dei lavori per l'approvazione
dell'accordo fondamentale tra Santa Sede e Israele. Nei prossimi giorni, poi, la delegazione
si recherà all’università di Betlemme e al Seminario di Beit Safa. Particolarmente
significativi sono gli incontri, mercoledì 13, con il presidente israeliano Shimon
Peres e con quello palestinese Mahmud Abbas. La visita si concluderà giovedì 14 gennaio
a Gerusalemme con una celebrazione al Santo Sepolcro e con una conferenza stampa. Ma
con quali sentimenti e aspettative i presuli vivono questa visita in Terra Santa?
Gabriella Ceraso lo ha chiesto a mons. Riccardo Fontana, arcivescovo-vescovo
di Arezzo-Cortona-Sansepolcro :
R. – Da una
parte con un sentimento di grande speranza e, dall’altra, con la voglia di un coinvolgimento
nella storia dei cristiani di questa terra benedetta dalla presenza del Signore. Non
possiamo guardare alla Terra Santa semplicemente come una località, dove andare a
pellegrinare, dove fare delle pie riflessioni, ma essenzialmente dobbiamo riferirci
alle Chiese che sono qui. Credo che sia molto importante avere questo senso di appartenenza.
Siamo noi in questa Gerusalemme che è al tempo stesso la capitale eterna di tutti
i figli di Abramo, con grande attenzione verso tutti, senza trascurare nessuno ma
con la certezza che siamo noi cristiani. “Tutti qua siamo nati”, dice il Salmo. Io
credo che questo sia un senso da cui deve provenire una nostra attenzione speciale. D.
– Mons. Fontana, nel concreto, come manifestare questa attenzione? R.
– Non bastano pii desideri, bisogna sostenere i fratelli vescovi che sono qui: innanzitutto
il patriarca Fouad Twal, insieme col Santo Padre che ci ha dato l’esempio anche di
questo, essere presenti: essere presenti non soltanto nel momento del pellegrinaggio
ma anche ritornando a casa. I legami con la Chiesa madre di Gerusalemme devono essere
tenuti vivi. Questo è un senso forte di speranza perché senz’altro è possibile fare
molto. E’ il Signore che ispira e guida tutte le tre grandi religioni monoteiste,
è il Signore che guida i figli di Abramo, e ancora una volta dobbiamo trovare le vie
della pace. (Montaggio a cura di Maria Brigini)