Epifania: testo integrale dell'omelia del Papa alla Messa odierna nella Basiliaca
vaticana
Cari fratelli e sorelle! Oggi, Solennità dell’Epifania, la grande luce che irradia
dalla Grotta di Betlemme, attraverso i Magi provenienti da Oriente, inonda l’intera
umanità. La prima lettura, tratta dal Libro del profeta Isaia, e il brano del Vangelo
di Matteo, che abbiamo poc’anzi ascoltato, pongono l’una accanto all'altro la promessa
e il suo adempimento, in quella particolare tensione che si riscontra quando si leggono
di seguito brani dell’Antico e del Nuovo Testamento. Ecco apparire davanti a noi la
splendida visione del profeta Isaia il quale, dopo le umiliazioni subite dal popolo
di Israele da parte delle potenze di questo mondo, vede il momento in cui la grande
luce di Dio, apparentemente senza potere e incapace di proteggere il suo popolo, sorgerà
su tutta la terra, così che i re delle nazioni si inchineranno di fronte a lui, verranno
da tutti i confini della terra e deporranno ai suoi piedi i loro tesori più preziosi.
E il cuore del popolo fremerà di gioia. Rispetto a tale visione, quella che ci
presenta l’evangelista Matteo appare povera e dimessa: ci sembra impossibile riconoscervi
l’adempimento delle parole del profeta Isaia. Infatti, arrivano a Betlemme non i potenti
e i re della terra, ma dei Magi, personaggi sconosciuti, forse visti con sospetto,
in ogni caso non degni di particolare attenzione. Gli abitanti di Gerusalemme sono
informati dell'accaduto, ma non ritengono necessario scomodarsi, e neppure a Betlemme
sembra che ci sia qualcuno che si curi della nascita di questo Bambino, chiamato dai
Magi Re dei Giudei, o di questi uomini venuti dall’Oriente che vanno a farGli visita.
Poco dopo, infatti, quando il re Erode farà capire chi effettivamente detiene il potere
costringendo la Sacra Famiglia a fuggire in Egitto e offrendo una prova della sua
crudeltà con la strage degli innocenti (cfr Mt 2,13-18), l'episodio dei Magi
sembra essere cancellato e dimenticato.E’, quindi, comprensibile che il cuore
e l'anima dei credenti di tutti i secoli siano attratti più dalla visione del profeta
che non dal sobrio racconto dell'evangelista, come attestano anche le rappresentazioni
di questa visita nei nostri presepi, dove appaiono i cammelli, i dromedari, i re potenti
di questo mondo che si inginocchiano davanti al Bambino e depongono ai suoi piedi
i loro doni in scrigni preziosi. Ma occorre prestare maggiore attenzione a ciò che
i due testi ci comunicano. In realtà, che cosa ha visto Isaia con il suo sguardo
profetico? In un solo momento, egli scorge una realtà destinata a segnare tutta la
storia. Ma anche l’evento che Matteo ci narra non è un breve episodio trascurabile,
che si chiude con il ritorno frettoloso dei Magi nelle proprie terre. Al contrario,
è un inizio. Quei personaggi provenienti dall'Oriente non sono gli ultimi, ma i primi
della grande processione di coloro che, attraverso tutte le epoche della storia, sanno
riconoscere il messaggio della stella, sanno camminare sulle strade indicate dalla
Sacra Scrittura e sanno trovare, così, Colui che apparentemente è debole e fragile,
ma che, invece, ha il potere di donare la gioia più grande e più profonda al cuore
dell’uomo. In Lui, infatti, si manifesta la realtà stupenda che Dio ci conosce e ci
è vicino, che la sua grandezza e potenza non si esprimono nella logica del mondo,
ma nella logica di un bambino inerme, la cui forza è solo quella dell’amore che si
affida a noi. Nel cammino della storia, ci sono sempre persone che vengono illuminate
dalla luce della stella, che trovano la strada e giungono a Lui. Tutte vivono, ciascuna
a proprio modo, l’esperienza stessa dei Magi. Essi hanno portato oro, incenso e
mirra. Non sono certamente doni che rispondono a necessità primarie o quotidiane.
In quel momento la Sacra Famiglia avrebbe certamente avuto molto più bisogno di qualcosa
di diverso dall’incenso e dalla mirra, e neppure l'oro poteva esserle immediatamente
utile. Ma questi doni hanno un significato profondo: sono un atto di giustizia. Infatti,
secondo la mentalità vigente a quel tempo in Oriente, rappresentano il riconoscimento
di una persona come Dio e Re: sono, cioè, un atto di sottomissione. Vogliono dire
che da quel momento i donatori appartengono al sovrano e riconoscono la sua autorità.
La conseguenza che ne deriva è immediata. I Magi non possono più proseguire per la
loro strada, non possono più tornare da Erode, non possono più essere alleati con
quel sovrano potente e crudele. Sono stati condotti per sempre sulla strada del Bambino,
quella che farà loro trascurare i grandi e i potenti di questo mondo e li porterà
a Colui che ci aspetta fra i poveri, la strada dell'amore che solo può trasformare
il mondo. Non soltanto, quindi, i Magi si sono messi in cammino, ma da quel loro
atto ha avuto inizio qualcosa di nuovo, è stata tracciata una nuova strada, è scesa
sul mondo una nuova luce che non si è spenta. La visione del profeta si realizza:
quella luce non può più essere ignorata nel mondo: gli uomini si muoveranno verso
quel Bambino e saranno illuminati dalla gioia che solo Lui sa donare. La luce di Betlemme
continua a risplendere in tutto il mondo. A quanti l’hanno accolta Sant’Agostino ricorda:
“Anche noi, riconoscendo Cristo nostro re e sacerdote morto per noi, lo abbiamo onorato
come se avessimo offerto oro, incenso e mirra; ci manca soltanto di testimoniarlo
prendendo una via diversa da quella per la quale siamo venuti” (Sermo 202. In Epiphania
Domini, 3,4). Se dunque leggiamo assieme la promessa del profeta Isaia e il
suo compimento nel Vangelo di Matteo nel grande contesto di tutta la storia, appare
evidente che ciò che ci viene detto, e che nel presepio cerchiamo di riprodurre, non
è un sogno e neppure un vano gioco di sensazioni e di emozioni, prive di vigore e
di realtà, ma è la Verità che s'irradia nel mondo, anche se Erode sembra sempre essere
più forte e quel Bambino sembra poter essere ricacciato tra coloro che non hanno importanza,
oaddirittura calpestato. Ma solamente in quel Bambino si manifesta la forza
di Dio, che raduna gli uomini di tutti i secoli, perché sotto la sua signoria percorrano
la strada dell’amore, che trasfigura il mondo. Tuttavia, anche se i pochi di Betlemme
sono diventati molti, i credenti in Gesù Cristo sembrano essere sempre pochi. Molti
hanno visto la stella, ma solo pochi ne hanno capito il messaggio. Gli studiosi della
Scrittura del tempo di Gesù conoscevano perfettamente la parola di Dio. Erano in grado
di dire senza alcuna difficoltà che cosa si poteva trovare in essa circa il luogo
in cui il Messia sarebbe nato, ma, come dice sant'Agostino: “è successo loro come
le pietre miliari (che indicano la strada): mentre hanno dato indicazioni ai viandanti
in cammino, essi sono rimasti inerti e immobili” (Sermo199. In Epiphania
Domini, 1,2). Possiamo allora chiederci: qual è la ragione per cui alcuni vedono
e trovano e altri no? Che cosa apre gli occhi e il cuore? Che cosa manca a coloro
che restano indifferenti, a coloro che indicano la strada ma non si muovono? Possiamo
rispondere: la troppa sicurezza in se stessi, la pretesa di conoscere perfettamente
la realtà, la presunzione di avere già formulato un giudizio definitivo sulle cose
rendono chiusi ed insensibili i loro cuori alla novità di Dio. Sono sicuri dell’idea
che si sono fatti del mondo e non si lasciano più sconvolgere nell'intimo dall'avventura
di un Dio che li vuole incontrare. Ripongono la loro fiducia più in se stessi che
in Lui e non ritengono possibile che Dio sia tanto grande da potersi fare piccolo,
da potersi davvero avvicinare a noi. Alla fine, quello che manca è l'umiltà autentica,
che sa sottomettersi a ciò che è più grande, ma anche il coraggio autentico, che porta
a credere a ciò che è veramente grande, anche se si manifesta in un Bambino inerme.
Manca la capacità evangelica di essere bambini nel cuore, di stupirsi, e di uscire
da sé per incamminarsi sulla strada che indica la stella, la strada di Dio. Il Signore
però ha il potere di renderci capaci di vedere e di salvarci. Vogliamo, allora, chiedere
a Lui di darci un cuore saggio e innocente, che ci consenta di vedere la stella della
sua misericordia, di incamminarci sulla sua strada, per trovarlo ed essere inondati
dalla grande luce e dalla vera gioia che egli ha portato in questo mondo. Amen!