Narratori e testimoni della vocazione al centro del Convegno vocazionale nazionale
a Roma
"Nella tenda della testimonianza: narratori della Vocazione". E’ il tema del Convegno
vocazionale nazionale, conclusosi oggi a Roma nella "Domus Mariae" e promosso dalla
Conferenza episcopale italiana. L’incontro si è rivelato un importante appuntamento
di scambio tra i vari operatori di pastorale vocazionale, in un cammino di preghiera
nella preziosa varietà di esperienze e proposte presenti nelle Chiese locali. Il servizio
di Amedeo Lomonaco:
Nel contesto
dell'Anno Sacerdotale, il convegno si è focalizzato su priorità e contenuti significativi
della pastorale vocazionale creando convergenze e sinergie attorno alla prossima Giornata
mondiale di preghiera per le vocazioni 2010, incentrata sul tema: “La testimonianza
di vita suscita Vocazioni”. Per un bilancio sul convegno, la riflessione di don
Domenico Dal Molin, direttore del Centro nazionale vocazioni (Cnv):
R.
– Il bilancio è avere delineato che la pastorale vocazionale non è fatta di strategie
operative e neppure di grandi opere. E’ fatta soprattutto di testimoni dell’ordinario,
che sono però consapevoli che la propria scelta di vita è una scelta che vale la pena
di essere raccontata.
D. – Testimoni di speranza
e narratori della vocazione. Cosa significa essere custodi di questi patrimoni?
R.
– Significa portare nel cuore la consapevolezza che nel mondo, come in ciascuno di
noi, c’è una fragilità. Questa fragilità, però, può diventare una straordinaria risorsa.
Talvolta le ferite diventano delle feritoie di luce. La nostra fragilità può diventare
veramente un racconto di quello che il Signore opera in noi e quindi diventa anche
una meraviglia, uno stupore da poter trasmettere agli altri.
D.
– Dunque un mondo ferito, ma anche ricco di speranza. Quale panorama vocazionale è
emerso dal convegno?
R. – E’ emerso un panorama realistico:
non c'è più una forma di vittimismo o di lamentela sulla crisi delle vocazioni, perché
i numeri delle vocazioni calano, ma è la consapevolezza che c’è anche una grande qualità
nelle vocazioni. Una qualità fatta di un’umanità, secondo me, più bella. Ci sono dei
giovani che hanno un cuore generoso, che hanno una grande passione per la vita. Quindi,
lo sguardo che è emerso è uno sguardo di maggiore fiducia nelle risorse che abbiamo,
nella testimonianza dell’essere convinti e di stare bene nella nostra scelta vocazionale.
La
testimonianza trova straordinari modelli nei Santi e nei martiri. E’ quanto ha sottolineato
nella relazione conclusiva padre Ermes Ronchi, docente presso
la Pontificia Facoltà Marianum:
R. – I Santi raccontano
che vivere come ha vissuto Gesù rende la vita più viva, raccontano che il credente
ha un cuore moltiplicato, che è l’uomo dal cuore plurale, che sa amare il cielo e
la terra con la stessa intensità, che sa fissare gli abissi del cielo e gli occhi
delle creature. Raccontano che noi dobbiamo puntare gli occhi sul positivo che c’è
in noi, sul buon grano, non sulla zizzania, quindi essere martiri nel senso evangelico
di testimoni della luce, cioè del bene, del buono, della luminosità che c’è nelle
persone, in me, nel mondo, non testimoni del degrado, del fango, dell’oscurità, ma
guardare la linea della luce che sembra minoritaria, ma è vincente. E poi raccontare
che noi crediamo all’amore e non alla forza. Poi, testimoniare anche la gioia. Dio
affascina ancora, perché parla il linguaggio della gioia.