Stop poverty now. Un imperativo con il quale inizia il 2010, anno che l’Unione Europea,
accogliendo le richieste delle Caritas nazionali, ha dedicato alla lotta contro la
povertà e l’esclusione sociale. Secondo dati diffusi dalla Commissione Europea, circa
80 milioni di persone nell’Ue vivono sotto la soglia di povertà: un flagello che colpisce
in particolare l’infanzia con 19 milioni di minori in condizioni di precarietà ed
esclusione. L’Anno inizierà ufficialmente il prossimo 21 gennaio a Madrid. Paolo
Ondarza ne ha parlato con Paolo Pezzana, rappresentante italiano nella
Task Force 2010 di Caritas Europa:
R. – Il 2010
è l’anno nel quale termina la strategia di Lisbona, ossia la grande strategia politica
che l’Unione Europea si era data dieci anni fa per raggiungere una serie di obiettivi,
tra i quali lo sradicamento della povertà nel continente europeo. Quanto il raggiungimento
di quest’obiettivo sia distante dalla realtà è sotto gli occhi di tutti: 75 milioni
di persone in Europa vivono sotto la soglia di povertà; è in aumento l'emarginazione
e la crisi economica non ha fatto che aggravare questa situazione.
D.
– Non è l’utopia di sconfiggere la povertà entro l’anno il vostro obiettivo, ma la
sensibilizzazione. Che cosa fare per abbattere il muro d’indifferenza?
R.
– Noi associazioni abbiamo deciso, in quest’anno, di cercare di attivare azioni che
vadano a coinvolgere gli insegnanti e gli studenti. Bisogna investire sul futuro e
quindi moduli per le scuole, moduli per la sensibilizzazione degli insegnanti, disponibilità
a livello nazionale. Ma si deve agire anche a livello diocesano ed andare nelle scuole
a parlare di povertà, ad invitare al volontariato. In termini di comunicazione, poi,
cercare di abbattere gli stereotipi.
D. – Appare
quanto mai importante il ruolo dei media ...
R. –
E’ fondamentale: una buona parte del budget dell’Unione Europea è dedicato al coinvolgimento
dei media, proprio per far capire che la povertà non è una colpa. Si deve far capire
che non si diventa o si rimane poveri per scelta. Si deve far capire che vivere per
strada non é mai una situazione piacevole. Tutte cose che purtroppo, invece, nella
mente e nella considerazione pratica dei nostri concittadini in Europa non sono ancora
così diffuse.
D. – E non si tiene conto di un dato
importante: circa il 16 per cento della popolazione totale dell’Ue è sotto la soglia
di povertà, con particolare evidenza del dato dei bambini, che sono la categoria,
la fascia sociale più esposta ...
R. – Esattamente.
Settantacinque milioni, una nazione più grande della Germania. Il dato sulla povertà
minorile ci fa capire che è in corso un meccanismo di trasmissione della povertà di
generazione in generazione. Ed è proprio questo che dobbiamo interrompere.
D.
– Quali volti ha la povertà in Europa?
R. – Esiste
una dimensione materiale della povertà – la povertà economica – ma esiste anche una
dimensione immateriale: i sociologi la chiamano povertà simbolico-esistenziale, cioè
l’incapacità di dare senso e significato alla propria vita, alle cose che ci succedono.
E quindi intervengono lo stress, la depressione, il ricorso all’alcol piuttosto che
alle droghe e al gioco d’azzardo come surrogati per compensare quell’assenza di senso
che si sente non riuscendo a vivere pienamente la propria esistenza. Queste forme
di povertà, con la crisi economica che abbiamo avuto, si sono clamorosamente incontrate.
D.
– E sono forse le forme più subdole di povertà perché non emergono. Forse a volte
ci si vergogna anche di palesarle ...
R. – Proprio
perché vanno a toccare quei delicatissimi meccanismi interiori che ci permettono di
dare un senso alla nostra esistenza. Bisogna dare risposte a questo fenomeno sul piano
materiale, perché se uno ha fame o non ha i soldi per pagare la bolletta bisogna risolvere
quel problema; ci vogliono i servizi, ci vuole la prossimità, l’attenzione diffusa
e comunitaria. Ciascuno di noi ha un compito nella lotta alla povertà, fosse anche
solo quello di stare un po’ più attenti al vicino o di fare volontariato in un’associazione.
Per questo il 2010 è un’occasione ed un richiamo per tutti, non soltanto per le istituzioni.