2010-01-03 10:22:40

L'Ue dedica il 2010 alla lotta contro la povertà


Stop poverty now. Un imperativo con il quale inizia il 2010, anno che l’Unione Europea, accogliendo le richieste delle Caritas nazionali, ha dedicato alla lotta contro la povertà e l’esclusione sociale. Secondo dati diffusi dalla Commissione Europea, circa 80 milioni di persone nell’Ue vivono sotto la soglia di povertà: un flagello che colpisce in particolare l’infanzia con 19 milioni di minori in condizioni di precarietà ed esclusione. L’Anno inizierà ufficialmente il prossimo 21 gennaio a Madrid. Paolo Ondarza ne ha parlato con Paolo Pezzana, rappresentante italiano nella Task Force 2010 di Caritas Europa:RealAudioMP3

R. – Il 2010 è l’anno nel quale termina la strategia di Lisbona, ossia la grande strategia politica che l’Unione Europea si era data dieci anni fa per raggiungere una serie di obiettivi, tra i quali lo sradicamento della povertà nel continente europeo. Quanto il raggiungimento di quest’obiettivo sia distante dalla realtà è sotto gli occhi di tutti: 75 milioni di persone in Europa vivono sotto la soglia di povertà; è in aumento l'emarginazione e la crisi economica non ha fatto che aggravare questa situazione.

 
D. – Non è l’utopia di sconfiggere la povertà entro l’anno il vostro obiettivo, ma la sensibilizzazione. Che cosa fare per abbattere il muro d’indifferenza?

 
R. – Noi associazioni abbiamo deciso, in quest’anno, di cercare di attivare azioni che vadano a coinvolgere gli insegnanti e gli studenti. Bisogna investire sul futuro e quindi moduli per le scuole, moduli per la sensibilizzazione degli insegnanti, disponibilità a livello nazionale. Ma si deve agire anche a livello diocesano ed andare nelle scuole a parlare di povertà, ad invitare al volontariato. In termini di comunicazione, poi, cercare di abbattere gli stereotipi.

 
D. – Appare quanto mai importante il ruolo dei media ...

 
R. – E’ fondamentale: una buona parte del budget dell’Unione Europea è dedicato al coinvolgimento dei media, proprio per far capire che la povertà non è una colpa. Si deve far capire che non si diventa o si rimane poveri per scelta. Si deve far capire che vivere per strada non é mai una situazione piacevole. Tutte cose che purtroppo, invece, nella mente e nella considerazione pratica dei nostri concittadini in Europa non sono ancora così diffuse.

 
D. – E non si tiene conto di un dato importante: circa il 16 per cento della popolazione totale dell’Ue è sotto la soglia di povertà, con particolare evidenza del dato dei bambini, che sono la categoria, la fascia sociale più esposta ...

 
R. – Esattamente. Settantacinque milioni, una nazione più grande della Germania. Il dato sulla povertà minorile ci fa capire che è in corso un meccanismo di trasmissione della povertà di generazione in generazione. Ed è proprio questo che dobbiamo interrompere.

 
D. – Quali volti ha la povertà in Europa?

 
R. – Esiste una dimensione materiale della povertà – la povertà economica – ma esiste anche una dimensione immateriale: i sociologi la chiamano povertà simbolico-esistenziale, cioè l’incapacità di dare senso e significato alla propria vita, alle cose che ci succedono. E quindi intervengono lo stress, la depressione, il ricorso all’alcol piuttosto che alle droghe e al gioco d’azzardo come surrogati per compensare quell’assenza di senso che si sente non riuscendo a vivere pienamente la propria esistenza. Queste forme di povertà, con la crisi economica che abbiamo avuto, si sono clamorosamente incontrate.

 
D. – E sono forse le forme più subdole di povertà perché non emergono. Forse a volte ci si vergogna anche di palesarle ...

 
R. – Proprio perché vanno a toccare quei delicatissimi meccanismi interiori che ci permettono di dare un senso alla nostra esistenza. Bisogna dare risposte a questo fenomeno sul piano materiale, perché se uno ha fame o non ha i soldi per pagare la bolletta bisogna risolvere quel problema; ci vogliono i servizi, ci vuole la prossimità, l’attenzione diffusa e comunitaria. Ciascuno di noi ha un compito nella lotta alla povertà, fosse anche solo quello di stare un po’ più attenti al vicino o di fare volontariato in un’associazione. Per questo il 2010 è un’occasione ed un richiamo per tutti, non soltanto per le istituzioni.







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