Biodiversità. A rischio 34 mila specie vegetali e 5.200 animali
I governi e i cittadini devono impegnarsi a salvaguardare la vita sulla terra. E’
l’esortazione che anima il 2010 proclamato dalle Nazioni Unite: “Anno internazionale
della Biodiversità”. L’iniziativa pone l’accento sul fenomeno dell’estinzione delle
specie. Secondo stime recenti sarebbero a rischio circa 34 mila specie vegetali e
5.200 animali. Ma questo cosa comporta concretamente? Massimiliano Menichetti
lo ha chiesto ad Alessandro Giannì direttore Campagne di Greenpeace.
R.
– Succede che gli ecosistemi funzionano male. Ci sono tanti buchi che si vengono a
creare e questi, per esempio, possono essere colmati da specie invasive che alterano
ulteriormente gli equilibri: questo è uno dei tre problemi principali che intaccano
la biodiversità del nostro pianeta. Le attività umane e i cambiamenti climatici fanno
sì che sempre più specie aliene invadano i nostri ecosistemi.
D.
– Come rispondono gli ecosistemi quando specie che appartengono ad un Paese arrivano
in un altro luogo?
R. – Un ecosistema stabile reagisce
abbastanza bene alla presenza di una nuova specie; un ecosistema reso invece più fragile
può accettare più facilmente la specie che lo invade e perdere le proprie peculiarità.
D.
– Cosa incide maggiormente nel cambiamento della biodiversità?
R.
– In primo luogo, sicuramente la grande minaccia del cambiamento climatico. Le stime
a medio termine parlano di un 30-40% della biodiversità che andrà persa se le temperature
supereranno la soglia di un aumento di 1,5 gradi. Adesso siamo a 0,8 gradi. La seconda
minaccia è la perdita degli habitat con la distruzione, per esempio, con la deforestazione,
con l’urbanizzazione eccessiva, l’inquinamento… La terza causa, in ordine di importanza,
è appunto la presenza sempre più massiccia di specie aliene invasive che – ripeto
– è un problema che dipende da molte cause: il cambiamento climatico è una delle cause
che concorre a questa invasione biologica.
D. – Si ribadisce
che è necessario tutelare la biodiversità in ogni Paese del globo, fare attenzione
all’esportazione delle sementi o all’utilizzo di semi geneticamente modificati. Che
ne pensa?
R. – Sicuramente è importante irrobustire
l’agrobiodiversità locale perché in questa maniera si preserva una 'banca' di geni
che potranno essere utili anche tramite incroci successivi per sconfiggere, per esempio,
delle patologie. Famoso è il caso del cosiddetto “riso del miracolo”, che era una
varietà di riso che resisteva a dieci diversi agenti patogeni; arrivò l’undicesimo
e fece dei danni incredibili; i raccolti di riso sono stati salvati perché in una
remota regione dell’Asia c’era ancora una varietà di riso che conteneva l’agente in
grado di resistere a questo patogeno. Questo fa capire che è importante avere una
sorta di assicurazione che consiste nella grande varietà dei germoplasmi delle piante
o anche delle razze animali.
D. – L’Anno internazionale
della Biodiversità intende ribadire questo valore. A che punto siamo?
R.
– Ricordo che il 2010 sarebbe dovuto essere l’anno in cui si sarebbe dovuta arrestare
– o perlomeno minimizzare – la perdita della biodiversità. Purtroppo i dati che abbiamo
snocciolato finora puntano nella direzione contraria: siamo appena reduci da questa
Conferenza sul clima di Copenaghen. E’ stato un grande fiasco e devo dire che gli
impegni sono stati – purtroppo – ampiamente disattesi. Bisogna che ci sia maggiore
impegno e, soprattutto, bisogna essere consapevoli che la biodiversità non è qualcosa
di diverso da noi stessi: noi siamo un elemento della biodiversità. E siccome è un
un grande ingranaggio, se salta tutto il meccanismo non è detto che noi ce la possiamo
cavare …
“La biodiversità è uno degli strumenti per sconfiggere
la fame nel mondo”. E' quanto sottolinea Giuseppe Politi, presidente della
Confederazione Italiana Agricoltori, che ribadisce al microfono di Massimiliano
Menichetti, la necessità di valorizzare e far sviluppare ogni patrimonio animale
e vegetale locale.
R.
– Dobbiamo renderci conto che “biodiversità” non significa solo conservazione, ma
è anche potenzialità; e non solo per i Paesi che hanno risolto i loro problemi alimentari,
ma “biodiversità” significa anche cercare di far riattecchire l’agricoltura lì dove
è stata persa. Bisogna valorizzare le caratteristiche proprie di un terreno e le capacità
produttive, e in molti casi anche insegnare …
D. – Quale
è il rischio nel perdere specie vegetali e specie animali?
R.
– Innanzitutto della uniformità. Dobbiamo comprendere che in alcune aree del mondo
è possibile praticare la produzione agricola solo se fortemente legata alle caratteristiche
di quel territorio e dell’ambiente in cui si sviluppa. Non è sufficiente portare un
seme. L'attività agricola richiede una complessità di fattori che rendono possibile
svolgerla o meno.
D. – Si riferisce anche al dibattito
sugli organismi geneticamente modificati?
R. – Parliamo
degli organismi geneticamente modificati. In molti casi c’è anche l’illusione che
si possano risolvere i problemi alimentari adottando delle sementi in maniera indifferenziata.
Però, anno dopo anno, sempre più persone sostanzialmente hanno bisogno di cibo: muoiono
di fame in diverse aree del nostro pianeta. Nonostante la tecnica, c’è un problema
di proprietà del seme, c’è un problema di dipendenza dei contadini di quei Paesi.
Questo è un problema economico ed etico allo stesso tempo. Ci sono anche problemi
produttivi.