2010-01-03 10:15:28

Biodiversità. A rischio 34 mila specie vegetali e 5.200 animali


I governi e i cittadini devono impegnarsi a salvaguardare la vita sulla terra. E’ l’esortazione che anima il 2010 proclamato dalle Nazioni Unite: “Anno internazionale della Biodiversità”. L’iniziativa pone l’accento sul fenomeno dell’estinzione delle specie. Secondo stime recenti sarebbero a rischio circa 34 mila specie vegetali e 5.200 animali. Ma questo cosa comporta concretamente? Massimiliano Menichetti lo ha chiesto ad Alessandro Giannì direttore Campagne di Greenpeace.RealAudioMP3



R. – Succede che gli ecosistemi funzionano male. Ci sono tanti buchi che si vengono a creare e questi, per esempio, possono essere colmati da specie invasive che alterano ulteriormente gli equilibri: questo è uno dei tre problemi principali che intaccano la biodiversità del nostro pianeta. Le attività umane e i cambiamenti climatici fanno sì che sempre più specie aliene invadano i nostri ecosistemi.

 

D. – Come rispondono gli ecosistemi quando specie che appartengono ad un Paese arrivano in un altro luogo?

 

R. – Un ecosistema stabile reagisce abbastanza bene alla presenza di una nuova specie; un ecosistema reso invece più fragile può accettare più facilmente la specie che lo invade e perdere le proprie peculiarità.

 

D. – Cosa incide maggiormente nel cambiamento della biodiversità?

 

R. – In primo luogo, sicuramente la grande minaccia del cambiamento climatico. Le stime a medio termine parlano di un 30-40% della biodiversità che andrà persa se le temperature supereranno la soglia di un aumento di 1,5 gradi. Adesso siamo a 0,8 gradi. La seconda minaccia è la perdita degli habitat con la distruzione, per esempio, con la deforestazione, con l’urbanizzazione eccessiva, l’inquinamento… La terza causa, in ordine di importanza, è appunto la presenza sempre più massiccia di specie aliene invasive che – ripeto – è un problema che dipende da molte cause: il cambiamento climatico è una delle cause che concorre a questa invasione biologica.

 

D. – Si ribadisce che è necessario tutelare la biodiversità in ogni Paese del globo, fare attenzione all’esportazione delle sementi o all’utilizzo di semi geneticamente modificati. Che ne pensa?

 

R. – Sicuramente è importante irrobustire l’agrobiodiversità locale perché in questa maniera si preserva una 'banca' di geni che potranno essere utili anche tramite incroci successivi per sconfiggere, per esempio, delle patologie. Famoso è il caso del cosiddetto “riso del miracolo”, che era una varietà di riso che resisteva a dieci diversi agenti patogeni; arrivò l’undicesimo e fece dei danni incredibili; i raccolti di riso sono stati salvati perché in una remota regione dell’Asia c’era ancora una varietà di riso che conteneva l’agente in grado di resistere a questo patogeno. Questo fa capire che è importante avere una sorta di assicurazione che consiste nella grande varietà dei germoplasmi delle piante o anche delle razze animali.

 

D. – L’Anno internazionale della Biodiversità intende ribadire questo valore. A che punto siamo?

 

R. – Ricordo che il 2010 sarebbe dovuto essere l’anno in cui si sarebbe dovuta arrestare – o perlomeno minimizzare – la perdita della biodiversità. Purtroppo i dati che abbiamo snocciolato finora puntano nella direzione contraria: siamo appena reduci da questa Conferenza sul clima di Copenaghen. E’ stato un grande fiasco e devo dire che gli impegni sono stati – purtroppo – ampiamente disattesi. Bisogna che ci sia maggiore impegno e, soprattutto, bisogna essere consapevoli che la biodiversità non è qualcosa di diverso da noi stessi: noi siamo un elemento della biodiversità. E siccome è un un grande ingranaggio, se salta tutto il meccanismo non è detto che noi ce la possiamo cavare …

 

“La biodiversità è uno degli strumenti per sconfiggere la fame nel mondo”. E' quanto sottolinea Giuseppe Politi, presidente della Confederazione Italiana Agricoltori, che ribadisce al microfono di Massimiliano Menichetti, la necessità di valorizzare e far sviluppare ogni patrimonio animale e vegetale locale.RealAudioMP3



R. – Dobbiamo renderci conto che “biodiversità” non significa solo conservazione, ma è anche potenzialità; e non solo per i Paesi che hanno risolto i loro problemi alimentari, ma “biodiversità” significa anche cercare di far riattecchire l’agricoltura lì dove è stata persa. Bisogna valorizzare le caratteristiche proprie di un terreno e le capacità produttive, e in molti casi anche insegnare …

 

D. – Quale è il rischio nel perdere specie vegetali e specie animali?

 

R. – Innanzitutto della uniformità. Dobbiamo comprendere che in alcune aree del mondo è possibile praticare la produzione agricola solo se fortemente legata alle caratteristiche di quel territorio e dell’ambiente in cui si sviluppa. Non è sufficiente portare un seme. L'attività agricola richiede una complessità di fattori che rendono possibile svolgerla o meno.

 

D. – Si riferisce anche al dibattito sugli organismi geneticamente modificati?

 

R. – Parliamo degli organismi geneticamente modificati. In molti casi c’è anche l’illusione che si possano risolvere i problemi alimentari adottando delle sementi in maniera indifferenziata. Però, anno dopo anno, sempre più persone sostanzialmente hanno bisogno di cibo: muoiono di fame in diverse aree del nostro pianeta. Nonostante la tecnica, c’è un problema di proprietà del seme, c’è un problema di dipendenza dei contadini di quei Paesi. Questo è un problema economico ed etico allo stesso tempo. Ci sono anche problemi produttivi.








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