All'Aquila in anteprima il film di Carlo Verdone sulla storia di un missionario
E’ stato proiettato in anteprima nazionale ieri pomeriggio all’Aquila il nuovo film
scritto, interpretato e diretto da Carlo Verdone “Io, loro e Lara”, prodotto dalla
Warner e in uscita sugli schermi di tutta Italia il prossimo 5 gennaio. Protagonista
un sacerdote missionario rientrato dall’Africa e alle prese con le turbolenze, intolleranze
e cattiverie della nostra società. Uno sguardo affettuoso e rispettoso con un ottimo
cast di attori e una scrittura brillante non privo di riflessioni e temi di coraggiosa
attualità. Il servizio di Luca Pellegrini:
(trailer:
"Dimentico sempre che sei un prete!" - "E allora?" - "Magari ti scandalizzi, che ne
so?" - "Guarda, che è veramente frustrante che una ragazza come te abbia ancora questa
immagine trita e ritrita della figura del sacerdote! Noi non siamo così: siamo persone
normali! Siamo normalissimi!" - "Lo so, lo so!" - "Ma non lo sai, non lo sai! ...".)
No,
nessuno la sa! Per questo Padre Carlo Mascolo è spaesato. In discreta ritirata dall’Africa
dove ha vissuto aiutando il prossimo, missionario dai modi gentili e dimessi, arriva
a Roma, nell’occidente urbanizzato e si penserebbe civilizzato, per un semestre sabbatico
di riflessione e riposo. Povero Padre Carlo: in città, pochissimi ascoltano le sue
ragioni e i suoi sfoghi, la sua famiglia è un coacervo di rivalità, tensioni, cattiverie.
Il padre tenta la ribellione sposando la badante moldava, i fratelli sono corvi rapaci
e nevrotici che menano fendenti in difesa del patrimonio e dei loro gretti interessi,
la nipote appartiene ad un gruppo evanescente che assorbe il disagio sociale e identitario
dei giovani, l’assistente sociale vive di un passato che vorrebbe esorcizzare col
presente; infine, c’è Lara, di cui si fa conoscenza pian piano e si scopre che è una
ragazza con tanti problemi e un figlio che vuole riabbracciare. Per farlo, entrerà
a forza nell’esistenza della famiglia Mascolo, cambiandone, in fondo, i connotati
e trasformando la precedente aggressività in un’aria leggera di pace e di condivisione
dei diversi destini, mentre il missionario capisce che il paesello africano e i suoi
poveri sono la sua speranza e la sua insostituibile missione. Carlo Verdone ha scritto
e diretto un film delicato, attentissimo nel rispettare non soltanto i difficili tempi
comici, ma il suo stesso personaggio e tutto ciò che rappresenta. E’ un antidoto alla
volgarità imperante che si è impossessata della commedia italiana, e si capisce benissimo
che molti dei temi attuali che tratta gli stanno particolarmente a cuore. Ma perché
iniziare il nuovo anno interpretando il difficile ruolo di un sacerdote missionario?
Lo abbiamo chiesto allo stesso Verdone:
R. – Perché volevo mettermi
alla prova interpretando seriamente un sacerdote, inserirlo poi in una commedia, che
deve essere anche divertente. Era francamente una grande sfida, quindi, come attore
ma anche come necessità nell’interpretare un uomo onesto, pulito. Con i tempi che
corrono, avevo questo desiderio.
D. - Che cosa troviamo
dell’uomo e dell’attore Verdone in padre Carlo?
R.
– Ogni attore che faccia bene il suo lavoro ha sempre un po’ del suo temperamento
in qualsiasi cosa vada a fare. Diciamo che un cinque per cento c’è sempre, sempre!
Quindi, anche qua: in certe emozioni, in certe reazioni c’è qualcosa di mio.
D.
- Il suo è un film che vuole portare serenità, bontà e ottimismo in seno ad una stagione
difficile e astiosa che sta vivendo l’Italia. Pensa di riuscire a instillare qualche
buon proposito nel pubblico?
R. – In questo film,
soprattutto nella scena finale, ho cercato di fare una riflessione sul tema della
concordia, sul tema dello stemperare le tensioni, sul tema del sapersi accettare.
E’ un tema molto semplice. E' un tema che sento molto in questo periodo in cui veramente
c’è una guerra condominiale molto, molto feroce tra tutti noi …