Un anno con Benedetto XVI: i principali eventi pontifici del 2009
Il viaggio in Terra Santa e quello in Africa, il Sinodo per la Chiesa di questo continente,
la proclamazione dell’Anno Sacerdotale e la pubblicazione della sua terza Encicica,
la Caritas in veritate - la prima a carattere sociale - sono i maggiori avvenimenti
che hanno caratterizzato il 2009 di Benedetto XVI. In questo ultimo giorno dell’anno,
Alessandro De Carolis ne ripercorre le tappe salienti attraverso le parole
del Papa:
“Combattere
la povertà, costruire la pace”. Come ogni inizio d’anno, il cuore di Benedetto XVI
si dilata sul mondo attraverso la riflessione che il Papa fa nella Messa del primo
gennaio, solennità della SS. Madre di Dio, dedicata alla 42.ma Giornata mondiale della
pace. Un’eco del messaggio riverbera una settimana dopo nel discorso al Corpo diplomatico
presso la Santa Sede. “Per costruire la pace bisogna dare speranza ai poveri”, invoca
il Pontefice, soffermandosi, tra l’altro, sulla crisi economica che da qualche mese
ha colpito tutto il pianeta:
“Pour rendre l’économie
plus saine... Per rendere l'economia sana, è necessario costruire
una nuova fiducia. Ciò può essere realizzato solo attraverso l'attuazione di un’etica
basata sulla dignità innata della persona umana. So quanto ciò sia impegnativo, ma
non è un'utopia”. Il 24 gennaio, la Santa Sede rende noto
il documento col quale il Papa revoca la scomunica ai quattro vescovi della Fraternità
San Pio X, ordinati da mons. Marcel Lefebvre nel 1988 senza mandato pontificio. Su
questo importante traguardo ecclesiale - anche se transitorio sul cammino verso la
“piena comunione” - si appunta per giorni l’attenzione dei media per via di alcune
vecchie dichiarazioni di uno dei vescovi scismatici, mons. Williamson, che negano
la Shoah suscitando un'ondata di indignazione. All’udienza generale del 28 gennaio,
ricordando “il cieco odio razziale e religioso” che ha portato alla morte milioni
di ebrei, Benedetto XVI ripete con forza: “La Shoah
sia per tutti monito contro l’oblio, contro la negazione o il riduzionismo, perché
la violenza fatta contro un solo essere umano è violenza contro tutti (...) La Shoah
insegni sia alle vecchie sia alle nuove generazioni che solo il faticoso cammino dell’ascolto
e del dialogo, dell’amore e del perdono conduce i popoli, le culture e le religioni
del mondo all’auspicato traguardo della fraternità e della pace nella verità. Mai
più la violenza umili la dignità dell’uomo!” Tuttavia, l’onda
di critiche e di proteste finisce col distorcere il senso del documento pontificio.
Ed è con un sentimento di amarezza che il Papa indirizza il 12 marzo una lettera ai
vescovi cattolici per fare chiarezza sulla revoca della scomunica. Con schiettezza,
il Papa ammette errori nella comunicazione, ma osserva pure che il “sommesso gesto
di una mano tesa” ha finito per causare “un grande chiasso”, anche in ambienti della
Chiesa dove purtroppo persiste quel “mordere e divorare” di paolina memoria “come
segno di una libertà male interpretata”.
Il 17 marzo,
il Papa vola per la prima volta in Africa per visitare il Camerun e l’Angola. L’occasione
è data dalla consegna dell’Instrumentum laboris ai vescovi del continente,
che a ottobre saranno in Vaticano per il Sinodo. Ma per Benedetto XVI è anche la possibilità
di parlare dal suo cuore di padre al cuore di un continente che non ha mai dimenticato:
“Africa
suffers disproportionately… L’Africa soffre sproporzionatamente:
un numero crescente di suoi abitanti finisce preda della fame, della povertà, della
malattia. Essi implorano a gran voce riconciliazione, giustizia e pace”. Suggestive
erano state le immagini che una settimana prima della partenza per l’Africa, il 9
marzo, avevano visto Benedetto XVI affacciarsi dall’ufficio del sindaco di Roma, Gianni
Alemanno, che lo aveva invitato a visitare la sede del Comune in Campidoglio. Il Papa
aveva invitato Roma a “riappropriarsi della sua anima più profonda”, quella cristiana,
per farsi “promotrice di un nuovo umanesimo”, quindi tornando in Vaticano si era fermato
per una sosta di preghiera davanti alle spoglie di Santa Francesca Romana, nell’omonimo
monastero a Tor de’ Specchi.
L’11 febbraio, Benedetto
XVI aveva inaugurato un nuovo ciclo di catechesi: dopo le 20 udienze generali dedicate
all’Apostolo Paolo, il Papa torna a parlare dei grandi scrittori della Chiesa medievale.
Nelle settimane successive, i Santi Cirillo e Metodio, come San Bernardo di Chiaravalle
o i principali teologi del periodo scolastico rivivono nei ritratti - storicamente
accurati e al contempo riattualizzati - che di loro il Pontefice offre alle migliaia
di fedeli che ogni mercoledì si riuniscono in Vaticano per ascoltarlo.
Il
26 aprile, in un’affollata Piazza San Pietro, Benedetto XVI presiede alla prima delle
due cerimonie di canonizzazione del 2009. Sono cinque i nuovi Santi: il sacerdote
Arcangelo Tadini, il monaco medievale Bernardo Tolomei, l’eroe di guerra portoghese,
Nuno de Santa Maria Alvares Pereira, che nel XV secolo lascia la spada per il chiostro,
e due fondatrici di Istituti religiosi, Gertrude Comensoli e Caterina Volpicelli.
Saranno cinque anche i nuovi Santi che il Pontefice canonizzerà l’11 ottobre: l’apostolo
dei lebbrosi Damiano de Veuster, il vescovo polacco Sigismondo Feliński, il
sacerdote spagnolo Francesco Coll y Guitart, il religioso cistercense Rafael Arnáiz
Barón e la Beata Giovanna Maria Della Croce, fondatrice delle Piccole Sorelle
dei Poveri.
Maggio è il mese di un altro atteso viaggio
apostolico, quello in Terra Santa. Benedetto XVI sbarca in Giordania l’8 e quindi
l’11 si trasferisce in Israele fino al 15. Si definisce un “pellegrino in visita ai
Luoghi santi” e le varie tappe della sua visita sono scandite dall’intensità spirituale
che sempre evocano i siti dove la fede cristiana si è fatta carne e pietra. Il Papa
ribadisce l’importanza del dialogo con ebrei e musulmani, invoca la pace tra israeliani
e palestinesi, parla in difesa della memoria dell’Olocausto e contro l’ostilità fomentata
dai muri. Convinzioni e auspici che il giorno del congedo trovano la sintesi in questo
appello accorato: “No more bloodshed! No more fighting... Non
più spargimento di sangue! Non più scontri! Non più terrorismo! Non più guerra! Rompiamo
invece il circolo vizioso della violenza. Possa instaurarsi una pace duratura basata
sulla giustizia, vi sia vera riconciliazione e guarigione”. Annunciato
in marzo, il 18 giugno Benedetto XVI inaugura l’Anno Sacerdotale con la pubblicazione
di una lettera indirizzata al clero, nella quale indica come modello di ogni sacerdote
il Santo Curato d’Ars, Giovanni Maria Vianney. Il giorno dopo, alla solenne Messa
di apertura nella Basilica di San Pietro, il Papa afferma: “La
nostra è una missione indispensabile per la Chiesa e per il mondo, che domanda fedeltà
piena a Cristo ed incessante unione con Lui; questo rimanere nel suo amore esige cioè
che tendiamo costantemente alla santità, a questo rimanere come ha fatto San Giovanni
Maria Vianney”. Il 21 giugno, fanno il giro del mondo le
immagini di Benedetto XVI in preghiera davanti alle spoglie di San Pietro da Pietrelcina.
Quello a San Giovanni Rotondo è il primo dei quattro viaggi apostolici in Italia del
2009. Un’analoga scena era stata il fulcro della visita che Papa Benedetto aveva compiuto
alla tomba di San Benedetto da Norcia, il 24 maggio, nell’Abbazia di Montecassino.
Il 6 settembre, poi, il Papa visiterà Viterbo, per venerare le spoglie di Santa Rosa,
e nel pomeriggio la vicina Bagnoregio, per raccogliersi in preghiera dinanzi alla
tomba di San Bonaventura. Infine, l’8 novembre, sarà la volta di Brescia e Concesio,
ovvero un omaggio ai luoghi natali di Paolo VI, a 30 anni dalla sua scomparsa.
Il
28 giugno, nella Basilica di San Paolo Fuori le Mura, il Pontefice annuncia con “profonda
emozione”, nella cerimonia di chiusura dell’Anno Paolino, il risultato di una micro-indagine
all’interno del sarcofago di San Paolo, mai aperto in 20 secoli. Riferisce della presenza
di "piccolissimi frammenti ossei” e di altre tracce la cui datazione scientifica,
dice, “sembra confermare l’unanime e incontrastata tradizione che si tratti dei resti
mortali dell’Apostolo Paolo”.
Il mese di luglio si
apre con l’attesa pubblicazione, il giorno 7, della terza Enciclica di Benedetto XVI,
la Caritas in veritate. L’ampio magistero sociale che la caratterizza - 18
anni dopo la Centesimus annus di Papa Wojtyla - pone subito l’Enciclica al centro
dell’attenzione internazionale. Il giorno successivo, all’udienza generale, il Papa
spiega di aver preso in esame le principali questioni che interessano l’umanità contemporanea
- dalla povertà alla crisi economica, alla tutela dell’ambiente - e osserva:
“Per
questo è importante che si ponga mano ad un profondo rinnovamento morale e culturale
e ad un responsabile discernimento circa le scelte da compiere per il bene comune.
Un futuro migliore per tutti è possibile, se lo si fonderà sulla riscoperta dei fondamentali
valori etici”. Tre giorni dopo, il 10 luglio, molti di quegli
stessi temi - dalla difesa della vita alla pace in Medio Oriente, dalla crisi economica
al dialogo interreligioso - vengono affrontati da Benedetto XVI e dal neopresidente
statunitense, Barak Obama, nei 40 minuti di colloquio privato tra il Pontefice e il
primo presidente afroamericano della storia. Obama si trova in Italia per partecipare
al G8 in programma all’Aquila, dove ancora ben visibili sono le macerie del gravissimo
terremoto che il 6 aprile ha provocato 300 morti e la distruzione di molte zone e
dove anche il Pontefice, il 29 aprile, si era recato per portare conforto e solidarietà
concreta agli sfollati. Dal 13 al 29 luglio, Benedetto XVI torna
in Valle d’Aosta, a Les Combes di Introd, per un periodo di soggiorno estivo in alta
montagna. Ma la mattina del 17, una caduta accidentale nello chalet che lo ospita
causa al Pontefice la frattura del polso destro. Il Papa viene operato all’ospedale
di Aosta e gli viene applicato un tutore gessato. La vicenda suscita un’immediata
solidarietà, che Benedetto XVI ricorda con gratitudine il giorno del suo congedo da
Les Combes, trovando anche il modo di riflettere sull’incidente con simpatia e sapienza:
“Purtroppo
il mio angelo custode non ha impedito il mio infortunio, seguendo certamente ‘ordini
superiori’… Forse il Signore voleva insegnarmi maggiore pazienza ed umiltà, darmi
più tempo per la preghiera e la meditazione”. Il 4 ottobre,
uno stuolo di cardinali, vescovi e laici varcano i cancelli del Vaticano: sono gli
oltre 240 Padri sinodali che per tre settimane daranno vita al secondo Sinodo dei
vescovi per l’Africa. Il confronto è serrato e relazioni e testimonianze, spesso toccanti,
restituiscono il volto del continente all’inizio del 21.mo secolo sul tema “La Chiesa
in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace”. All’omelia
della Messa inaugurale, parlando dei mali e delle risorse del continente, Benedetto
XVI osserva:
“Con la sua opera di evangelizzazione
e promozione umana, la Chiesa può certamente dare in Africa un grande contributo a
tutta la società, che purtroppo conosce in vari Paesi povertà, ingiustizie, violenze
e guerre”. Il mese di novembre vede la Santa Sede impegnata
sul fronte del dialogo con la comunità anglicana. Il 9 viene pubblicata la Costituzione
apostolica Anglicanorum coetibus, riguardante l’istituzione di ordinariati personali
per gli anglicani che entrano in piena comunione con la Chiesa cattolica: un documento
- si afferma - che “apre una nuova strada per la promozione dell’unità dei cristiani,
riconoscendo nel contempo la legittima diversità nell’espressione della nostra fede
comune”. Il rinnovato dialogo ecumenico è suggellato il 21 novembre nell’incontro
in Vaticano tra il Papa e l’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, primate della
Chiesa anglicana.
Alcune delle tematiche sociali
affrontate nella Caritas in veritate e in numerosi discorsi durante l’anno tornano
nell’intervento che Benedetto XVI tiene il 16 novembre alla sede romana della Fao,
in occasione del Vertice sulla sicurezza alimentare. Le parole del Papa sono incisive:
“La faim est le signe le plus cruel... La
fame è il segno più crudele e concreto della povertà. Non è possibile continuare ad
accettare opulenza e spreco, quando il dramma della fame assume dimensioni sempre
maggiori”. Un evento di grande impatto mediatico è quello
che si celebra in Vaticano il 21 novembre quando, sotto gli affreschi della Cappella
Sistina, Benedetto XVI riceve oltre 200 artisti di varie discipline. L’incontro cade
a 10 anni dalla Lettera di Giovanni Paolo II agli artisti e a 45 dall’analogo incontro
che Paolo VI ebbe con il mondo dell’arte, sempre nella Sistina. Il Papa parla di rinnovata
amicizia con gli artisti e li esorta ad essere “annunciatori e testimoni di speranza
per l’umanità”:
“La fede non toglie nulla al vostro
genio, alla vostra arte, anzi li esalta e li nutre, li incoraggia a varcare la soglia
e a contemplare con occhi affascinati e commossi la méta ultima e definitiva, il sole
senza tramonto che illumina e fa bello il presente”. Il
28 novembre, Benedetto XVI commemora in Vaticano il 25.mo anniversario della pace
siglata tra Argentina e Cile, grazie al diretto interessamento di Giovanni Paolo II
che risolse una controversia territoriale disinnescando il ricorso alle armi. Alla
presenza di delegazioni dei due Paesi, il Papa definisce la firma del Trattato “un
esempio luminoso della forza dello spirito umano e del desiderio di pace contro la
barbarie e l'irrazionalità della violenza e della guerra come mezzo per risolvere
i contrasti”. Due udienze di grande spessore internazionale
si consumano in Vaticano nei primi giorni di dicembre. Il 3, Benedetto XVI riceve
il presidente russo, Dmitri Medvedev: una visita che produrrà, poco dopo, l'instaurazione
delle piene relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e la Federazione Russa. L’11
dicembre è invece il presidente vietnamita, Nguyên Minh Triêt - il primo nella storia
del suo Paese - a essere ricevuto da un Pontefice. Il 4 dicembre,
Benedetto XVI aveva assistito nella Cappella Sistina - in compagnia del presidente
tedesco Horst Köhler - al concerto per i 60 anni della fondazione della Repubblica
Federale di Germania e per il 20.mo anniversario della caduta del Muro di Berlino.
“La storia dell’Europa nel 20.mo secolo – aveva affermato il Papa in quella occasione
- dimostra che la responsabilità davanti a Dio è di importanza decisiva per il retto
agire politico”, al fine “di generare nuove energie al servizio di un umanesimo integrale”. Parole
che ribadiscono la fiducia con la quale Benedetto XVI guarda al futuro del pianeta.
Una fiducia ancorata in Dio e nel suo intervento nella storia, che il Papa ripete
nel Messaggio natalizio Urbi et Orbi: “Anche oggi - afferma - per la famiglia umana
profondamente segnata da una grave crisi economica, ma prima ancora morale, e dalle
dolorose ferite di guerre e conflitti”, la Chiesa trae la sua forza dalla presenza
di Gesù nel mondo e “come Maria”, “non ha paura” perché, dice: “…quel
Bambino è la sua forza. Ma lei non lo tiene per sé: lo offre a quanti lo cercano con
cuore sincero, agli umili della terra e agli afflitti, alle vittime della violenza,
a quanti bramano il bene della pace (...) Con lo stile della condivisione e della
fedeltà all’uomo, la Chiesa ripete con i pastori: ‘Andiamo fino a Betlemme’, lì troveremo
la nostra speranza”.