Perù: gli indigeni contro il rapporto del governo sulle proteste di giugno in Amazzonia
Polemiche e forte dissenso da parte dei movimenti indigeni hanno accompagnato la divulgazione
del rapporto ufficiale sulle violenze avvenute il 5 giugno a Bagua, nell’Amazzonia
peruviana, con un bilancio - di fatto mai avallato dai nativi - di 23 poliziotti e
10 civili uccisi in violenti scontri seguiti alle proteste contro la politica di sfruttamento
delle risorse naturali del governo. La commissione d’inchiesta designata da Lima per
far luce sul “Baguazo”- come è stato chiamato l’episodio della “Curva del Diablo”
a Bagua - ha concluso che le violenze sono attribuibili agli stessi indigeni, a legislatori
del Partido Nacionalista (all’opposizione), al sindacato dei docenti, unitosi alla
mobilitazione dei popoli autoctoni, ad alcune emittenti radiofoniche e “alla mancanza
di tatto dell’esecutivo”. Nel documento di 87 pagine, si legge in un comunicato dell’agenzia
Misna, vengono messi in relazione con le violenze anche organizzazioni della società
civile e alcuni religiosi che hanno appoggiato i movimenti indigeni confondendo il
loro ruolo evangelizzatore e di equilibrio tra lo Stato e la cittadinanza. Nessuna
responsabilità viene attribuita agli alti vertici della polizia che inviarono gli
agenti a sgomberare un gruppo di indigeni che da alcune settimane bloccavano una strada
nei pressi di Bagua, scatenando gli scontri, né all’allora ministro degli Interni,
Mercedes Cabanillas. I rappresentanti dei popoli indigeni dell’Amazzonia, protagonisti
della grande mobilitazione della scorsa primavera contro alcuni decreti legislativi
considerati lesivi dei loro diritti sulla gestione delle risorse naturali, si sono
rifiutati di sottoscrivere il rapporto: il dirigente nativo Jesus Manacés e la religiosa
spagnola Maria Gómez, che rappresentavano i nativi nella commissione d’inchiesta,
hanno consegnato inoltre una nota al Governo con 43 “osservazioni di dissenso”. (V.V.)