2009-12-31 15:18:10

Mons. Crociata: più sostanza spirituale nelle omelie domenicali


Una "poltiglia" insulsa, quasi una "pietanza immangiabile" o, comunque, ben "poco nutriente". Così, agli occhi di molti fedeli italiani, devono apparire non poche delle omelie che ogni domenica vengono pronunciate dai pulpiti. A dirlo è stato il vescovo Mariano Crociata, segretario generale della Conferenza episcopale italiana (Cei), intervenuto a Roma al XIV convegno liturgico per seminaristi. La tre-giorni organizzata dal Centro di azione liturgica - associazione promossa dalla Cei - si è conclusa con la Messa celebrata dal presidente, il vescovo di Cerignola-Ascoli Satriano, Felice di Molfetta. Al centro dei lavori dell'assemblea "L'omelia tra celebrazione e ministerialità". Tema che, senza troppi giri di parole, è stato affrontato dal segretario generale della Cei. "Sarebbe oltremodo deplorevole - ha detto mons. Crociata, ripreso da L’Osservatore Romano - far diventare le omelie occasioni per scagliare accuse e contumelie, rimproveri e giudizi di condanna; ma anche il contrario risulta insulso, quando le nostre parole si riducono a poveri raccatti di generiche esortazioni al buonismo universale". Insomma, l'obiettivo è quello di riuscire a coniugare, sia nella vita spirituale che nell'azione pastorale, "consolazione e monito, speranza e serietà d'impegno, fiducia gioiosa e necessaria severità, annuncio della salvezza e invito, direi sfida, alla decisione". Un equilibrio delicato e fragile, una "tensione polare" - afferma mons. Crociata - che può mantenere "solo chi ha imparato a reggerla, solo chi si è deciso per Cristo sperimentandone allo stesso tempo la dolcezza e la consolazione". Esiste, insomma - rileva il segretario generale della Cei - "un principio d'ordine teologico-spirituale che presiede al servizio ministeriale della predicazione liturgica". E cioè che "anche la presa di parola nella liturgia è espressione del comune stare sotto la Parola di Dio, "in religioso ascolto di essa, come esordisce la Dei Verbum, proprio di tutta la Chiesa sempre". In primo luogo - spiega Crociata - "poiché anche l'omelia è trasmissione della Parola di Dio". E poi "perché il primato rimane all’iniziativa di Dio che agisce con efficacia in essa e attraverso di essa". Pertanto, "è decisivo che l'omileta abbia coscienza d'essere egli stesso un ascoltatore, anzi d'essere il primo ascoltatore delle parole che pronuncia. Egli deve sapere innanzitutto, se non solamente, rivolta a sé quella parola che sta pronunciando per altri". "Non si tratta - avverte Crociata - di recepire la novità portata da Cristo come una mera conoscenza intellettuale, secondo una "posizione gnostica ricorrente nella storia, dentro o fuori lo spazio ecclesiale". Così "se in passato dovevamo guardarci dalla tentazione del moralismo, oggi a essa se ne aggiungono altre, le quali arrivano a relegare la fede in una sfera interiore, anzi quasi privata o intimistica, per lasciare poi libero campo a ogni genere di comportamenti ". (V.V)







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