Medici Senza Frontiere: catastrofe sanitaria a Gaza a un anno dall'offensiva israeliana
I numeri dell’offensiva israeliana su Gaza lo scorso anno, conosciuta come operazione
Piombo fuso, sono ormai noti da tempo. 22 giorni di attacchi, dal 27 dicembre al 18
gennaio 2009, causarono la morte di 1.300 palestinesi, tra loro 300 bambini. Oltre
5000 i feriti. Oggi, a un anno di distanza, la situazione umanitaria resta disastrosa.
La qualità dei servizi sanitari continua a diminuire, la crisi è fortissima, mancano
acqua, elettricità, e tutto a causa della persistenza del blocco economico. La denuncia
è di Medici Senza Frontiere. Francesca Sabatinelli ha intervistato Sergio
Cecchini, direttore della comunicazione dell’organizzazione umanitaria.
R. – Il 2009
è stato un anno particolarmente duro, che ha registrato una riduzione drastica della
risposta ai bisogni medici della popolazione che vive oggi a Gaza. Ricordiamo che
l’operazione dell’anno scorso avvenne nel momento in cui già la popolazione era piegata
da un embargo economico che durava da diversi anni. E questo non ha fatto altro che
peggiorare la situazione oggi.
D. – Sergio Cecchini,
secondo dati medici in vostro possesso, i feriti a seguito dell’operazione “Piombo
fuso” sono stati all’incirca 5300, tra queste, persone rimaste colpite da arma da
fuoco, rimaste ustionate da esplosioni, persone che necessitavano di interventi di
chirurgia ricostruttiva. Che ne è di queste persone?
R.
– A Gaza è presente solo un centro adibito alla chirurgia ricostruttiva, alla costruzione
anche di protesi per la riabilitazione dei disabili, che non ha più materiali per
costruire le protesi. L’altro dato è che a Gaza esiste un solo chirurgo plastico,
che deve rispondere ai bisogni di tutta la popolazione. Questo a seguito della guerra
dell’anno scorso, a seguito di un embargo economico, che deve essere immediatamente
tolto per permettere alla popolazione di Gaza di riuscire ad avere quei beni per sopravvivere.
D.
– Parliamo di sfigurati, di pazienti ustionati, di pazienti oncologici che non possono
neanche uscire da Gaza per farsi curare...
R. – Esattamente.
Durante i conflitti, le persone che subiscono anche danni pesanti, sono persone affette
da malattie croniche: pazienti oncologici. Il 30 per cento dei tumori a Gaza sono
al seno. Ovviamente, però, a causa dell’embargo non si è nella possibilità di effettuare
mammografie per la carenza semplicemente del reagente.
D.
– Medici Senza Frontiere presente a Gaza sta denunciando come a Gaza manchi tutto
e questo sta creando anche un acuirsi di malattie croniche, come ad esempio avete
precisato voi la diarrea acuta...
R. – Durante la
guerra dell’anno scorso sono stati bombardati centrali elettriche, ma anche sistemi
di fornitura idrica per la popolazione di Gaza. E oggi il 90 per cento dell’acqua,
che viene fornita, non segue gli standard di qualità e di igiene definiti dall’Organizzazione
mondiale della sanità. E tutti sappiamo che l’acqua è il principale vettore di malattie
che colpiscono spesso i soggetti più vulnerabili della popolazione, vale a dire bambini
e anziani.