2009-12-29 15:20:15

Iran: dura reazione di Teheran contro gli esponenti dell’opposizione


Dopo le proteste costate la vita ad almeno 15 dimostranti, fra cui il nipote di Mussavi, uno dei leader dell'opposizione, prosegue la reazione delle forze di governo iraniane contro la contestazione. Arrestata la sorella del Premio Nobel per la pace, Shirin Ebadi, e, secondo le ultime testimonianze non confermate dalle autorità, anche l'ex presidente del parlamento, Karroubi. Il servizio di Marco Guerra:RealAudioMP3  
Giornalisti, ex ministri riformisti, attivisti per i diritti umani e semplici sostenitori dell’opposizione. Dopo due giorni di proteste antigovernative, il governo di Teheran stringe il cerchio contro tutti coloro che sono considerati nemici della Repubblica islamica. Fra gli ultimi a finire in manette, Nushin Ebadi, sorella del Premio Nobel per la pace, Shirin Ebadi. “Lo hanno fatto affinché fermi il mio lavoro”, ha detto l'attivista dei diritti umani da Londra, aggiungendo che al momento non sa dove abbiano portato la sorella. Poche ore dopo, il figlio del leader riformista Karroubi ha riferito ad un sito riformista che il padre è agli arresti domiciliari. Nessuna conferma da parte delle autorità, che intanto continuano a lanciare minacce e moniti verso gli oppositori interni e la comunità internazionale. Il presidente del parlamento, Ali Larijani, ha definito “antirivoluzionari” i manifestanti scesi in piazza domenica scorsa, chiedendo per loro “le punizioni più severe”. Riferendosi agli ex candidati Mussavi e Karroubi, Larijani ha poi detto di aspettarsi che si discostino dalle posizioni dei dimostranti. I pasdaran hanno invece assicurato che la protesta è ormai alla fine e che i responsabili, fra cui la stampa straniera, ne pagheranno i costi. Teheran ha reagito molto duramente anche alle condanne arrivate da vari Paesi occidentali, prendendosela in particolare con la Gran Bretagna e il presidente Usa, Barack Obama. Durissime le parole del ministro degli Esteri Mottaki: “Se Londra non cesserà di dire stupidaggini, riceverà un pugno in bocca”. E l’ambasciatore britannico è stato convocato dal governo per rispondere alle critiche giunte dal suo Paese.
 
Obama Terrorismo
La guerra al terrorismo si allarga: oltre all'Afghanistan e all'Iraq, gli Stati Uniti hanno aperto un terzo fronte contro Al Qaida in Yemen. Ad annunciarlo, ieri, il presidente degli Stati Uniti, Obama, dopo il fallito attentato di Natale nel volo Delta-Northwest. Il kamikaze arrestato avrebbe inoltre detto che molti altri come lui sarebbero pronti a colpire sul territorio americano. Da New York, Elena Molinari:RealAudioMP3

“Il fallito attentato di Natale ci ricorda gravemente i pericoli che abbiamo di fronte e stiamo facendo tutto il possibile per garantire la sicurezza”: Barack Obama rompe il silenzio e, dopo quasi quattro giorni, si rivolge agli americani dalla sua vacanza nelle Hawaii per calmare il panico sollevato dal riemergere del terrorismo contro gli Usa. “Gli estremisti che complottano contro gli Stati Uniti sappiano che siamo pronti a usare ogni risorsa ovunque contro di loro, in Afghanistan, Pakistan, Yemen o Somalia”, ha affermato il presidente, facendo così intendere che il fronte della guerra al terrorismo continua ad allargarsi. La paura è molto alta negli Stati Uniti e i repubblicani non hanno risparmiato critiche all’amministrazione Obama, chiedendo come sia stato possibile che un aspirante kamikaze si sia imbarcato in aereo con un visto per gli Stati Uniti ed un potente esplosivo addosso, nonostante il suo nome comparisse tra i sospetti terroristi sia in Gran Bretagna che negli Usa. “Il nostro sistema di sicurezza non ha funzionato”, ha ammesso ieri Janet Napolitano, segretario per la Sicurezza Usa, facendo così marcia indietro rispetto alle dichiarazioni rassicuranti dei giorni scorsi e Obama ha già ordinato una completa revisione delle procedure antiterrorismo. Ma occorre fare alla svelta: “Ci sono molti altri come me nello Yemen pronti a colpire”, avrebbe infatti dichiarato all’Fbi Umar Farouk Abdulmutallab, il 23.enne nigeriano che ha tentato di far esplodere una bomba sul volo di Detroit.
 
Mauritania
L’Italia non cambierà la propria condotta in Afghanistan. Lo ha detto il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini, dopo la rivendicazione da parte di al Qaeda del rapimento della coppia di italiani avvenuto dieci giorni fa in Mauritania. Si tratta di un atto in risposta ai crimini commessi dall’Italia in Afghanistan e in Iraq, ha affermato il gruppo al Qaeda nel Maghreb attraverso un audio messaggio pubblicato ieri dal sito dell’emittente televisiva araba al-Arabiya.

Pakistan
Ancora violenza in Pakistan. E’ salito a 43 vittime il bilancio ufficiale dell'attentato kamikaze compiuto ieri a Karachi contro la comunità sciita, in occasione delle celebrazioni dell'Ashura. Al momento, la città è paralizzata dalle proteste delle fazioni sciite che dalla scorsa notte sono scese per le strade distruggendo diverse attività commerciali dei pashtun sunniti e dando alle fiamme decine di macchine. Il ministro dell'Interno pakistano, Rehamn Malik, dubita però che gli incendi siano responsabilità della comunità sciita e parla di schema già pianificato da parte dei talebani.

Afghanistan
Il presidente afghano, Hamid Karzai, ha denunciato la morte di una decina di civili, fra cui alcuni bambini, durante un’operazione della Nato a Kunar, nell’est del Paese, sabato scorso. Nessuna conferma dall’Alleanza Atlantica mentre Kabul ha aperto un’inchiesta. E secondo l’agenzia di stampa afghana Pajhwok, altri quattro civili sarebbero morti ieri sera sempre in seguito a un raid aereo della Nato nella provincia settentrionale di Baghlan. Non sono giunte conferme dalle autorità locali, ma è comunque alto il rischio che alla luce di questi nuovi episodi si creino nuove frizioni con le forze internazionali.
Putin: la Russia deve sviluppare armi offensive
Destano attenzione nella comunità internazionale le dichiarazioni del premier russo, Vladimir Putin, in merito al nuovo Trattato sul disarmo nucleare con gli Stati Uniti. Il leader del Cremlino ha proposto uno scambio di informazioni con Washington sugli arsenali e i protocolli di difesa dei due Paesi. I particolari nel servizio Giuseppe Damato:RealAudioMP3

“La Russia deve sviluppare armi offensive per mantenere gli equilibri e non sviluppare un sistema di difesa anti-missilistica come fanno gli Stati Uniti”: così ha parlato Vladimir Putin in una conversazione con i giornalisti, a margine del suo viaggio a Vladivostock. Mosca non ha ancora digerito l’annullamento unilaterale del Trattato Abm voluto dall’amministrazione Bush: il divieto di creare degli scudi di difesa era uno dei fondamenti della deterrenza durante la Guerra fredda. “Adesso non è più così: con una sorta di ombrello - ha spiegato il primo ministro russo - i nostri partner si sentiranno più sicuri e faranno ciò che vorranno; l’equilibrio sarà quindi infranto”. Il Cremlino ha legato l’accordo per il rinnovo dello Start sulla riduzione degli arsenali nucleari ai sistemi di difesa anti-missilistici: soltanto la rinuncia di Obama in settembre a dispiegare una sua sezione in Europa centrale ha garantito il negoziato che non è ancora concluso. La dichiarazione di Putin potrebbe significare che sono sorte improvvise difficoltà con gli Stati Uniti. “Washington - ha aggiunto Putin - ci fornisca informazioni sul suo scudo e noi daremo quelle sulle nostre armi”.
 
Medio Oriente
Il premier israeliano, Netanyahu, è arrivato questa mattina al Cairo per parlare con il presidente egiziano, Mubarak, della ripresa dei negoziati di pace con i palestinesi. Il dibattito è centrato sull’espansione degli insediamenti ebraici a Gerusalemme est, dopo lo stop chiesto da Unione Europea e Stati Uniti. Ieri, Netanyahu ha dichiarato che “i tempi sono ormai maturi” per rilanciare negoziati con il presidente dell'Anp, Abu Mazen. Si è invece mostrato molto cauto sulle prospettive di una intesa con Hamas per uno scambio di prigionieri.

Cina: eseguita condanna a morte cittadino britannico
L’esecuzione del cittadino britannico condannato in Cina per traffico di droga è avvenuta stamattina per iniezione letale, nonostante i numerosi appelli alla grazia da parte della comunità internazionale. Pechino ha ribadito il pieno rispetto delle regole e ha respinto le accuse di Londra che aveva chiesto clemenza per l’instabilità mentale dell’uomo. Il primo ministro britannico, Gordon Brown, si è detto "scandalizzato". Un episodio, questo, che potrebbe aggravare i rapporti fra la potenza asiatica e l’Occidente su un tema fondamentale come quello della salvaguardia dei diritti umani. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Francesco Sisci corrispondente a Pechino del quotidiano La Stampa:RealAudioMP3

R. - Certamente, questa vicenda arriva in un momento estremamente delicato, anche perché proprio pochi giorni dopo la condanna a 11 anni di prigione del dissidente Liu Xiaobo rafforza l’idea che la Cina stia stringendo la corda intorno a quelli che sono i diritti umani. D’altro canto, bisogna pensare che questo caso è estremamente pesante per la legge cinese: se cioè fosse stato un cinese ad essere accusato ed arrestato per traffico di eroina, la sua condanna a morte sarebbe arrivata molto prima.
 
D. - Vi è in Cina un dibattito aperto sulla pena di morte?
 
R. - C’è un dibattito molto forte e negli ultimi anni c’è stata una diminuzione delle pene di morte e anche un restringimento dei casi in cui la pena di morte è applicata. C’è soprattutto una scuola di giuristi, tra l’altro - che hanno studiato spesso in Italia - che dicono che la pena di morte in realtà è controproducente, perché massimizza il crimine senza essere un vero freno contro la criminalità. Certo è che questa posizione a livello ufficiale è ancora molto minoritaria e il traffico internazionale di droga, eroina in questo caso, che passa dall’Asia centrale e transita per la Cina introducendovi l’eroina è una cosa che spaventa molto il Paese, perché ricorda il traffico di oppio dell’Ottocento. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra) 
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 363
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