Iran: dura reazione di Teheran contro gli esponenti dell’opposizione
Dopo le proteste costate la vita ad almeno 15 dimostranti, fra cui il nipote di Mussavi,
uno dei leader dell'opposizione, prosegue la reazione delle forze di governo iraniane
contro la contestazione. Arrestata la sorella del Premio Nobel per la pace, Shirin
Ebadi, e, secondo le ultime testimonianze non confermate dalle autorità, anche l'ex
presidente del parlamento, Karroubi. Il servizio di Marco Guerra: Giornalisti,
ex ministri riformisti, attivisti per i diritti umani e semplici sostenitori dell’opposizione.
Dopo due giorni di proteste antigovernative, il governo di Teheran stringe il cerchio
contro tutti coloro che sono considerati nemici della Repubblica islamica. Fra gli
ultimi a finire in manette, Nushin Ebadi, sorella del Premio Nobel per la pace, Shirin
Ebadi. “Lo hanno fatto affinché fermi il mio lavoro”, ha detto l'attivista dei diritti
umani da Londra, aggiungendo che al momento non sa dove abbiano portato la sorella.
Poche ore dopo, il figlio del leader riformista Karroubi ha riferito ad un sito riformista
che il padre è agli arresti domiciliari. Nessuna conferma da parte delle autorità,
che intanto continuano a lanciare minacce e moniti verso gli oppositori interni e
la comunità internazionale. Il presidente del parlamento, Ali Larijani, ha definito
“antirivoluzionari” i manifestanti scesi in piazza domenica scorsa, chiedendo per
loro “le punizioni più severe”. Riferendosi agli ex candidati Mussavi e Karroubi,
Larijani ha poi detto di aspettarsi che si discostino dalle posizioni dei dimostranti.
I pasdaran hanno invece assicurato che la protesta è ormai alla fine e che i responsabili,
fra cui la stampa straniera, ne pagheranno i costi. Teheran ha reagito molto duramente
anche alle condanne arrivate da vari Paesi occidentali, prendendosela in particolare
con la Gran Bretagna e il presidente Usa, Barack Obama. Durissime le parole del ministro
degli Esteri Mottaki: “Se Londra non cesserà di dire stupidaggini, riceverà un pugno
in bocca”. E l’ambasciatore britannico è stato convocato dal governo per rispondere
alle critiche giunte dal suo Paese. Obama Terrorismo La
guerra al terrorismo si allarga: oltre all'Afghanistan e all'Iraq, gli Stati Uniti
hanno aperto un terzo fronte contro Al Qaida in Yemen. Ad annunciarlo, ieri, il presidente
degli Stati Uniti, Obama, dopo il fallito attentato di Natale nel volo Delta-Northwest.
Il kamikaze arrestato avrebbe inoltre detto che molti altri come lui sarebbero pronti
a colpire sul territorio americano. Da New York, Elena Molinari:
“Il fallito
attentato di Natale ci ricorda gravemente i pericoli che abbiamo di fronte e stiamo
facendo tutto il possibile per garantire la sicurezza”: Barack Obama rompe il silenzio
e, dopo quasi quattro giorni, si rivolge agli americani dalla sua vacanza nelle Hawaii
per calmare il panico sollevato dal riemergere del terrorismo contro gli Usa. “Gli
estremisti che complottano contro gli Stati Uniti sappiano che siamo pronti a usare
ogni risorsa ovunque contro di loro, in Afghanistan, Pakistan, Yemen o Somalia”, ha
affermato il presidente, facendo così intendere che il fronte della guerra al terrorismo
continua ad allargarsi. La paura è molto alta negli Stati Uniti e i repubblicani non
hanno risparmiato critiche all’amministrazione Obama, chiedendo come sia stato possibile
che un aspirante kamikaze si sia imbarcato in aereo con un visto per gli Stati Uniti
ed un potente esplosivo addosso, nonostante il suo nome comparisse tra i sospetti
terroristi sia in Gran Bretagna che negli Usa. “Il nostro sistema di sicurezza non
ha funzionato”, ha ammesso ieri Janet Napolitano, segretario per la Sicurezza Usa,
facendo così marcia indietro rispetto alle dichiarazioni rassicuranti dei giorni scorsi
e Obama ha già ordinato una completa revisione delle procedure antiterrorismo. Ma
occorre fare alla svelta: “Ci sono molti altri come me nello Yemen pronti a colpire”,
avrebbe infatti dichiarato all’Fbi Umar Farouk Abdulmutallab, il 23.enne nigeriano
che ha tentato di far esplodere una bomba sul volo di Detroit. Mauritania L’Italia
non cambierà la propria condotta in Afghanistan. Lo ha detto il ministro degli Esteri
italiano, Franco Frattini, dopo la rivendicazione da parte di al Qaeda del rapimento
della coppia di italiani avvenuto dieci giorni fa in Mauritania. Si tratta di un atto
in risposta ai crimini commessi dall’Italia in Afghanistan e in Iraq, ha affermato
il gruppo al Qaeda nel Maghreb attraverso un audio messaggio pubblicato ieri dal sito
dell’emittente televisiva araba al-Arabiya.
Pakistan Ancora violenza
in Pakistan. E’ salito a 43 vittime il bilancio ufficiale dell'attentato kamikaze
compiuto ieri a Karachi contro la comunità sciita, in occasione delle celebrazioni
dell'Ashura. Al momento, la città è paralizzata dalle proteste delle fazioni sciite
che dalla scorsa notte sono scese per le strade distruggendo diverse attività commerciali
dei pashtun sunniti e dando alle fiamme decine di macchine. Il ministro dell'Interno
pakistano, Rehamn Malik, dubita però che gli incendi siano responsabilità della comunità
sciita e parla di schema già pianificato da parte dei talebani.
Afghanistan Il
presidente afghano, Hamid Karzai, ha denunciato la morte di una decina di civili,
fra cui alcuni bambini, durante un’operazione della Nato a Kunar, nell’est del Paese,
sabato scorso. Nessuna conferma dall’Alleanza Atlantica mentre Kabul ha aperto un’inchiesta.
E secondo l’agenzia di stampa afghana Pajhwok, altri quattro civili sarebbero morti
ieri sera sempre in seguito a un raid aereo della Nato nella provincia settentrionale
di Baghlan. Non sono giunte conferme dalle autorità locali, ma è comunque alto il
rischio che alla luce di questi nuovi episodi si creino nuove frizioni con le forze
internazionali. Putin: la Russia deve sviluppare armi offensive Destano
attenzione nella comunità internazionale le dichiarazioni del premier russo, Vladimir
Putin, in merito al nuovo Trattato sul disarmo nucleare con gli Stati Uniti. Il leader
del Cremlino ha proposto uno scambio di informazioni con Washington sugli arsenali
e i protocolli di difesa dei due Paesi. I particolari nel servizio Giuseppe Damato:
“La Russia
deve sviluppare armi offensive per mantenere gli equilibri e non sviluppare un sistema
di difesa anti-missilistica come fanno gli Stati Uniti”: così ha parlato Vladimir
Putin in una conversazione con i giornalisti, a margine del suo viaggio a Vladivostock.
Mosca non ha ancora digerito l’annullamento unilaterale del Trattato Abm voluto dall’amministrazione
Bush: il divieto di creare degli scudi di difesa era uno dei fondamenti della deterrenza
durante la Guerra fredda. “Adesso non è più così: con una sorta di ombrello - ha spiegato
il primo ministro russo - i nostri partner si sentiranno più sicuri e faranno ciò
che vorranno; l’equilibrio sarà quindi infranto”. Il Cremlino ha legato l’accordo
per il rinnovo dello Start sulla riduzione degli arsenali nucleari ai sistemi di difesa
anti-missilistici: soltanto la rinuncia di Obama in settembre a dispiegare una sua
sezione in Europa centrale ha garantito il negoziato che non è ancora concluso. La
dichiarazione di Putin potrebbe significare che sono sorte improvvise difficoltà con
gli Stati Uniti. “Washington - ha aggiunto Putin - ci fornisca informazioni sul suo
scudo e noi daremo quelle sulle nostre armi”. Medio Oriente Il
premier israeliano, Netanyahu, è arrivato questa mattina al Cairo per parlare con
il presidente egiziano, Mubarak, della ripresa dei negoziati di pace con i palestinesi.
Il dibattito è centrato sull’espansione degli insediamenti ebraici a Gerusalemme est,
dopo lo stop chiesto da Unione Europea e Stati Uniti. Ieri, Netanyahu ha dichiarato
che “i tempi sono ormai maturi” per rilanciare negoziati con il presidente dell'Anp,
Abu Mazen. Si è invece mostrato molto cauto sulle prospettive di una intesa con Hamas
per uno scambio di prigionieri.
Cina: eseguita condanna a morte cittadino
britannico L’esecuzione del cittadino britannico condannato in Cina per traffico
di droga è avvenuta stamattina per iniezione letale, nonostante i numerosi appelli
alla grazia da parte della comunità internazionale. Pechino ha ribadito il pieno rispetto
delle regole e ha respinto le accuse di Londra che aveva chiesto clemenza per l’instabilità
mentale dell’uomo. Il primo ministro britannico, Gordon Brown, si è detto "scandalizzato".
Un episodio, questo, che potrebbe aggravare i rapporti fra la potenza asiatica e l’Occidente
su un tema fondamentale come quello della salvaguardia dei diritti umani. Giancarlo
La Vella ne ha parlato con Francesco Sisci corrispondente a Pechino del
quotidiano La Stampa:
R. - Certamente,
questa vicenda arriva in un momento estremamente delicato, anche perché proprio pochi
giorni dopo la condanna a 11 anni di prigione del dissidente Liu Xiaobo rafforza l’idea
che la Cina stia stringendo la corda intorno a quelli che sono i diritti umani. D’altro
canto, bisogna pensare che questo caso è estremamente pesante per la legge cinese:
se cioè fosse stato un cinese ad essere accusato ed arrestato per traffico di eroina,
la sua condanna a morte sarebbe arrivata molto prima. D. - Vi
è in Cina un dibattito aperto sulla pena di morte? R. - C’è
un dibattito molto forte e negli ultimi anni c’è stata una diminuzione delle pene
di morte e anche un restringimento dei casi in cui la pena di morte è applicata. C’è
soprattutto una scuola di giuristi, tra l’altro - che hanno studiato spesso in Italia
- che dicono che la pena di morte in realtà è controproducente, perché massimizza
il crimine senza essere un vero freno contro la criminalità. Certo è che questa posizione
a livello ufficiale è ancora molto minoritaria e il traffico internazionale di droga,
eroina in questo caso, che passa dall’Asia centrale e transita per la Cina introducendovi
l’eroina è una cosa che spaventa molto il Paese, perché ricorda il traffico di oppio
dell’Ottocento. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra) Bollettino
del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 363 È possibile
ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino
del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.org/italiano.