2009-12-28 15:48:00

L'arcivescovo di Trento, Luigi Bressan, celebrerà domani i funerali dei quattro volontari del soccorso alpino morti in un'azione di soccorso


Si svolgeranno domani alle 14.30 nella Chiesa di Canazei i funerali di Alessandro Santone, Diego Perathoner, Luca Prinoth e Erwin Riz, i quattro volontari esperti del Servizio alpino della Val di fassa, travolti da una valanga nella notte tra sabato e domenica nel tentativo di salvare due turisti, poi trovati ieri senza vita. Le esequie saranno presiedute dall’arcivescovo di Trento, mons. Luigi Bressan. La camera ardente resterà aperta fino a domani mattina nella sede della Protezione civile di Canazei. Dolore e commozione tra i colleghi della squadra del Soccorso Alpino: Paolo Ondarza ha intervistato il presidente Maurizio Dellantonio.RealAudioMP3

R. - I quattro nostri amici erano volontari, sì, ma volontari nel voler andare a fare il soccorso non volontari per competenza. Erano, diciamo, la squadra di punta della stazione Canazei. Ricordo a tutti che la stazione del Soccorso alpino di Canazei effettua 120-150 soccorsi ogni anno e gran parte di questi soccorsi vengono svolti proprio nella valle oggetto della disgrazia.
 
D. - C’è qualcosa che non ha funzionato?
 
R. - Io ero sul posto e le valutazioni sono state fatte da tutti allo stesso modo. Per andare nel luogo dove potevamo prevedere che fosse caduta una precedente valanga l’unica via d’accesso era il canale che la squadra di punta ha percorso. Nel pomeriggio, prima di questa squadra uno tra gli esperti - che fa peraltro parte della stessa squadra di soccorso - aveva compiuto la stessa discesa, confermando alla squadra di punta che si poteva fare. E’ stato pianificato tutto come si può pianificare nell’emergenza, con una verifica, una valutazione, un consenso unanime: ok, andiamo e proviamo a vedere se possiamo fare qualcosa per aiutare i due ragazzi. E così han perso la vita quattro valorosi soccorritori.
 
D. - Particolarmente forte è stato il commento del capo della Protezione civile, Bertolaso, che ha detto: “Basta morti per colpa di sprovveduti”...
 
R. - Pur condividendo, devo però dissentire per quanto riguarda poi la quotidianità della nostra organizzazione. Quando arriva una chiamata di soccorso noi non possiamo fare un’analisi tecnica, se cioè chi fa la chiamata sia uno sprovveduto o un esperto. Questo fa parte della nostra quotidiana mansione.
 
D. – Un servizio al prossimo che per voi rientra nella quotidianità, ma assume poi i caratteri dello straordinario…
 
R. - Chiaramente sì, anche quella tragica sera che le persone volontariamente hanno dato la loro disponibilità per formare la prima squadra, che dopo sarebbe stata seguita da altre squadre. E’ normale, accade sempre così. Quello che la nostra organizzazione può prevedere è continuare a investire sulla formazione e probabilmente chiedere anche alle istituzioni di investire sulla tecnologia e sulle altre strutture. Se noi avessimo più elicotteri e avessimo più finanziamenti, saremmo ancora più preparati e più competenti nell’esercizio delle nostre funzioni di sicurezza.
 
D. - Questo è il momento del dolore per voi ma il lavoro non si ferma: che cosa vuol dire continuare a lavorare, a svolgere questo servizio al prossimo nonostante questo dolore forte?
 
R. - Il soccorso alpino nelle zone alpine è fortemente radicato. Non si ferma perché non si può fermare. Anche ieri abbiamo avuto chiamate di soccorso, anche oggi abbiamo avuto chiamate di soccorso. Certamente, quanto è successo è un colpo fortissimo. Speriamo che il futuro ci dia la serenità e la tranquillità anche per colmare questo vuoto che - scusate il gioco di parole - può sembrare incolmabile.







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