L'arcivescovo di Trento, Luigi Bressan, celebrerà domani i funerali dei quattro volontari
del soccorso alpino morti in un'azione di soccorso
Si svolgeranno domani alle 14.30 nella Chiesa di Canazei i funerali di Alessandro
Santone, Diego Perathoner, Luca Prinoth e Erwin Riz, i quattro volontari esperti del
Servizio alpino della Val di fassa, travolti da una valanga nella notte tra sabato
e domenica nel tentativo di salvare due turisti, poi trovati ieri senza vita. Le esequie
saranno presiedute dall’arcivescovo di Trento, mons. Luigi Bressan. La camera ardente
resterà aperta fino a domani mattina nella sede della Protezione civile di Canazei.
Dolore e commozione tra i colleghi della squadra del Soccorso Alpino: Paolo Ondarza
ha intervistato il presidente Maurizio Dellantonio.
R. - I quattro
nostri amici erano volontari, sì, ma volontari nel voler andare a fare il soccorso
non volontari per competenza. Erano, diciamo, la squadra di punta della stazione Canazei.
Ricordo a tutti che la stazione del Soccorso alpino di Canazei effettua 120-150
soccorsi ogni anno e gran parte di questi soccorsi vengono svolti proprio nella valle
oggetto della disgrazia. D. - C’è qualcosa che non ha funzionato? R.
- Io ero sul posto e le valutazioni sono state fatte da tutti allo stesso modo. Per
andare nel luogo dove potevamo prevedere che fosse caduta una precedente valanga l’unica
via d’accesso era il canale che la squadra di punta ha percorso. Nel pomeriggio, prima
di questa squadra uno tra gli esperti - che fa peraltro parte della stessa squadra
di soccorso - aveva compiuto la stessa discesa, confermando alla squadra di punta
che si poteva fare. E’ stato pianificato tutto come si può pianificare nell’emergenza,
con una verifica, una valutazione, un consenso unanime: ok, andiamo e proviamo a vedere
se possiamo fare qualcosa per aiutare i due ragazzi. E così han perso la vita quattro
valorosi soccorritori. D. - Particolarmente forte è stato il
commento del capo della Protezione civile, Bertolaso, che ha detto: “Basta morti per
colpa di sprovveduti”... R. - Pur condividendo, devo però dissentire
per quanto riguarda poi la quotidianità della nostra organizzazione. Quando arriva
una chiamata di soccorso noi non possiamo fare un’analisi tecnica, se cioè chi fa
la chiamata sia uno sprovveduto o un esperto. Questo fa parte della nostra quotidiana
mansione. D. – Un servizio al prossimo che per voi rientra nella
quotidianità, ma assume poi i caratteri dello straordinario… R.
- Chiaramente sì, anche quella tragica sera che le persone volontariamente hanno dato
la loro disponibilità per formare la prima squadra, che dopo sarebbe stata seguita
da altre squadre. E’ normale, accade sempre così. Quello che la nostra organizzazione
può prevedere è continuare a investire sulla formazione e probabilmente chiedere anche
alle istituzioni di investire sulla tecnologia e sulle altre strutture. Se noi avessimo
più elicotteri e avessimo più finanziamenti, saremmo ancora più preparati e più competenti
nell’esercizio delle nostre funzioni di sicurezza. D. - Questo
è il momento del dolore per voi ma il lavoro non si ferma: che cosa vuol dire continuare
a lavorare, a svolgere questo servizio al prossimo nonostante questo dolore forte? R.
- Il soccorso alpino nelle zone alpine è fortemente radicato. Non si ferma perché
non si può fermare. Anche ieri abbiamo avuto chiamate di soccorso, anche oggi abbiamo
avuto chiamate di soccorso. Certamente, quanto è successo è un colpo fortissimo. Speriamo
che il futuro ci dia la serenità e la tranquillità anche per colmare questo vuoto
che - scusate il gioco di parole - può sembrare incolmabile.