Commozione e preghiere a cinque anni dalla catastrofe dello "tsunami"
Cinque anni fa, il 26 dicembre del 2004, un terremoto di magnitudo nove della scala
Richter innescò lo tsunami che devastò il sud est asiatico. Le vittime furono
oltre 230 mila in 13 Paesi. Commemorazioni si sono svolte oggi in tutta l’Asia. Nella
provincia di Aceh, tra le più colpite dalla tragedia, si è pregato nelle moschee e
davanti alle fosse comuni. Il servizio è di Linda Giannattasio:
Erano le
7.59 ora locale del 26 dicembre del 2004 quando un terremoto di magnitudo 9 della
scala Richter - il peggiore degli ultimi 40 anni - colpì le coste dell'Oceano Indiano
generando una gigantesca onda anomala, lo tsunami, che seminò morte e distruzione
sulle coste di tutta l'Asia meridionale fino all'Africa orientale. In meno di un'ora,
un muro d'acqua si abbattè sulle coste dello Sri Lanka e poi su quelle di Thailandia,
Indonesia, India, Maldive, Malaysia e perfino Somalia e Nigeria. Un’onda che provocò
la morte di almeno 230 mila persone in 13 Paesi. In Indonesia, dove le vittime accertate
furono oltre 130 mila - il bilancio piu' grave tra tutti i Paesi investiti dal maremoto
- la provincia più colpita fu quella di Aceh. Secondo il bilancio fornito il 26 dicembre
2005, un anno dopo il disastro, dai governi dei Paesi coinvolti nella catastrofe i
morti sono oltre 229 mila, di cui circa 43 mila dispersi, ma le cifre esatte potrebbero
essere verosimilmente superiori, e forse, non si sapranno mai. Oggi, a cinque anni
di distanza da quella tragedia, tutta l’Asia ha commemorato quelle morti: nella provincia
di Aceh si è pregato nelle moschee e davanti alle fosse comuni. A Ban Nam Khem, un
piccolo villaggio thailandese dove si contarono oltre cinquemila morti, i monaci hanno
intonato preghiere e canti in memoria delle vittime. Molti poi, sono tornati dove
tutto è cominciato e hanno portato fiori davanti al mare, da sempre fonte di sostentamento
per gli abitanti, ormai impresso nella memoria di quei giorni anche come la causa
di dolore e morte.
A cinque anni dalla catastrofe, grazie
agli aiuti internazionali in molti contesti si registra un netto miglioramento delle
condizioni di vita. Ma qual è oggi la situazione a Banda Aceh? Eugenio Bonanata
lo ha chiesto a mons. Aniceto Sinaga, arcivescovo di Medan in Indonesia:
R. - Meglio
di prima, molto meglio. La città di Aceh, ad esempio, non può essere più paragonata
alla realtà del passato. Adesso la città di Aceh è diventata una città più moderna
ed è molto migliorata. E’ anche molto più bella di prima, quando era un villaggio
quasi dimenticato: adesso è una città viva, caratterizzata da allegria e libertà.
Lo stesso volto urbano è totalmente cambiato, ora è come se non lo riconoscessi più,
proprio come se fosse una città nuova, con una vita nuova. Umanamente parlando, appaiono
migliori anche le relazioni personali fra i cittadini. Si è più uniti e non si è più
lontani l’uno dall’altro.
D. - Cosa è cambiato nei
rapporti fra cristiani e musulmani?
R. - Adesso,
si può parlare umanamente, come fratelli, gli uni con gli altri. Anche fra cristiani
e musulmani sta crescendo un atteggiamento molto positivo e sta crescendo anche una
forte speranza per il futuro: vogliono collaborare e contribuire al bene del mondo.
Non vogliono più essere separati, hanno ormai abbandonato questa idea.
D.
- Questo nuovo clima di collaborazione cos’altro ha provocato?
R.
- Tante cose nuove. Noi abbiamo lottato, ad esempio, per costruire le case per i lebbrosi:
inizialmente, non ce lo hanno permesso, ma ora siamo riusciti a costruire due villaggi.
Non abbiamo trovato neanche difficoltà per poter ampliare la nostra scuola. Questa
libertà adesso ci è stata concessa e, in questo senso, c’è stata una accettazione
ed una apertura del governo: ciò che prima non si poteva fare, adesso lo si può perché
c’è la libertà, c’è la collaborazione.
D. - Importante
è anche la ricostruzione delle scuole...
R. - Sì,
ci sono nuove scuole. L’educazione è la cosa più normale e tutti i bambini possono
frequentare la scuola. Oggi, l’educazione dei bambini è certamente migliore rispetto
al passato. I bambini stessi sono più allegri, sono più liberi e non vivono nella
paura. Possono crescere ed essere più sereni nella loro situazione. C’è più serenità
adesso.