Natale in Terra Santa. Il nunzio: rafforzare l’impegno di pace
La Terra Santa si appresta a celebrare il Natale, anche quest’anno, in una situazione
di sofferenza e precarietà: il patriarca Latino di Gerusalemme Fouad Twal presiederà
la Santa Messa della Notte nella Basilica della Natività a Betlemme. Tutto pronto
per la celebrazione del Natale anche al Caritas Baby Hospital di Betlemme, l’unico
ospedale pediatrico della Cisgiordania che serve oltre 500.000 bambini. E’ guidato
dalle Suore Francescane Elisabettiane. Antonella Palermo ha intervistato una
delle responsabili della struttura, suor Donatella Lessio, chiedendole innanzitutto
quali siano le caratteristiche del presepe che hanno fatto per i piccoli dell’ospedale:
R. – E’ la
caratteristica della semplicità, perché qui a Betlemme la semplicità è di casa. La
presenza del Bambino, di Maria e di Giuseppe è il segno tangibile della memoria che
qui Dio si è fatto uomo: il Dio Onnipotente si è fatto piccolo e vogliamo che venga
mostrato proprio qui al Caritas Baby Hospital perché i piccoli sono i nostri bambini-Gesù
e lui ne è l’immagine. Quindi, proprio la semplicità, per dare spazio ai nostri bambini-Gesù
… D. – Betlemme dovrebbe essere il simbolo quotidiano, vivente,
concreto del trionfo della vita. Spesso, però, non lo è, vero? R.
– No. Anche se la vita sta diventando il motivo per questo popolo di reagire, sia
da un punto di vista di bimbi che continuano a nascere, ma proprio anche come possibilità
di superare le problematiche che Betlemme, la Terra Santa, in particolare la Palestina
ha. Sì: purtroppo, un muro che ci separa, l’occupazione che rende molto difficile
la vita, in una Betlemme dove gli angeli hanno cantato “pace in terra”, ecco, questa
pace sembra che qui faccia fatica a trovare un terreno fertile e quindi a germogliare
e far sì che le sue radici possano davvero raggiungere tutta la Terra Santa. D.
– Voi state reagendo in maniera anche abbastanza energica, convinta e costante e lo
strumento è quello della preghiera … R. – E’ l’unica arma che
noi vogliamo sfoggiare e che abbiamo. Per cui noi, ogni venerdì, ci rechiamo proprio
al muro, vicino al check-point, a pregare il Rosario per far sì che attraverso l’intercessione
di Maria, il Signore ci dia la pace e il cambiamento del cuore e della mente, perché
venga abbattuto il muro della separazione e si faccia dei due popoli un popolo solo.
(Montaggio a cura di Maria Brigini) Sul clima
che sta vivendo in questi giorni la Terra Santa, Federico Piana ha sentito il nunzio
in Israele e delegato apostolico per Gerusalemme e la Palestina mons. Antonio Franco:
R. – Non riprendono
i negoziati di pace, ancora non si vede uno spiraglio. Si crea, però, questo spirito
del Natale per creare l’atmosfera di festa che ricordi e rinnovi quell’attesa e quella
speranza. E’ un’occasione in cui si fa uno sforzo maggiore per cercare di far sentire
a tutti che bisogna rafforzare il nostro impegno, perché questa attesa della pace
sia anche gradualmente realizzata. D. – Un augurio non solo
ai cristiani che sono lì, ma da lì ai cattolici che sono in tutto il mondo per non
dimenticare la situazione israeliana e la questione palestinese… R.
– L’augurio è che questa celebrazione del Natale conservi il suo carattere religioso
e spirituale, che sia per tutti un messaggio di speranza, di pace e di fraternità,
che ci faccia sentire più solidali gli uni con gli altri e ci faccia riscoprire il
valore della comunione con Dio e della comunione con i fratelli, perché questo è il
dono che Gesù ha fatto all’umanità, mettendo in condizione ciascuna persona di vivere
anche la dimensione di fraternità in una maniera più piena.