Domani alle 22 in San Pietro, la Messa della Notte di Natale presieduta dal Papa
Benedetto XVI presiederà domani alle ore 22, nella Basilica Vaticana, la Santa Messa
della Notte per la Solennità del Natale del Signore. Una notte di veglia. Come ha
sottolineato il Papa, la notte di Natale dell’anno scorso, “solo il cuore vigilante
può infondere il coraggio di incamminarsi per trovare Dio nelle condizioni di un bambino
nella stalla”. Per una riflessione sullo straordinario significato del Natale, Federico
Piana ha intervistato don Marco Porta, direttore dell’Istituto di Scienze
religiose dell’Apollinare:
R. – Il Natale
interpella la nostra fede, invitandoci a riconoscere nel Bambino di Betlemme il Figlio
di Dio che si è fatto uomo per la nostra salvezza. Il Natale mette in evidenza la
verità dell’umanità di Cristo, vera nel senso che non è semplice apparenza: come ogni
uomo, Gesù viene al mondo dopo nove mesi di gestazione, piange perché ha fame o ha
freddo; Gesù viene nel senso che condivide tutta la condizione umana, con la sua finitezza,
con i suoi problemi; un Dio che si fa uomo – per così dire – senza privilegi. E quindi
Betlemme attesta senza alcun dubbio questa verità dell’umanità di Cristo.
D.
– Dobbiamo dire anche una cosa molto importante che ha ricordato il Papa qualche giorno
fa: che il Natale non è una fiaba …
R. – Il racconto
della nascita di Gesù non è la favola di Babbo Natale. Come spiegare che lungo la
storia centinaia di migliaia di persone siano state disposte a morire per testimoniare
la fede in Cristo? Nessuno sarebbe disposto – evidentemente – al martirio per difendere
la verità di Babbo Natale. Ma direi anche e non solo che si è disposti a morire per
Gesù, ma milioni di uomini vogliono vivere per Gesù, con Gesù … Certo, la nascita
di Gesù interpella la fede, è un mistero; però appartiene anche alla storia.
D.
– Ma perché, secondo lei, c’è questa voglia di abbandonare la bellezza del Bambino
nella culla per andare a rifugiarsi poi in questi miti? Si erode il senso religioso:
perché?
R. – Davanti al Natale dobbiamo ritrovare
il senso religioso della festa e anche, quindi, di tutte queste cose belle, anche,
che la celebrazione della festa ha portato con sé. E’ bello e significativo che a
Natale possiamo scambiarci i regali, che possiamo addobbare la casa come le vie, le
piazze della città, con i richiami festosi dell’albero, dei colori … Però, appunto,
tutto questo dobbiamo collegarlo al senso religioso. Il Natale è, direi, la festa
del dono di Dio agli uomini; il vero regalo è quello che ci ha fatto Dio dandoci Cristo.
D.
– E il Natale può cambiare intimamente le persone, la venuta di Nostro Signore può
darci questo cambiamento che magari abbiamo cercato per tanto tempo invano. E’ un’occasione
anche di mutazione...
R. – Certamente lo è: un appello
alla conversione. Ma è appunto un appello che ci viene rivolto in modo molto attraente,
molto dolce: quel Bambino che ci tende le braccia dalla mangiatoia di Betlemme è portatore
di un messaggio di pace e di gioia. A questo proposito, mi piace anche ricordare i
bellissimi sermoni natalizi di un grande Papa romano, San Leone Magno, del V secolo.
In particolare, mi viene in mente un sermone che inizia con un’espressione molto bella:
“Il nostro Salvatore, carissimi, oggi è nato: rallegriamoci! Non c’è spazio per la
tristezza nel giorno in cui nasce la Vita": una vita che distrugge la paura della
morte, dona la gioia delle promesse eterne. Nessuno è escluso da questa felicità:
la causa della gioia è comune a tutti perché il nostro Signore, vincitore del peccato
e della morte, non avendo trovato nessuno libero dalla colpa, è venuto per la liberazione
di tutti. Quindi, cogliere questo richiamo del Natale è proprio il modo migliore per
disporsi ad una conversione personale. (Montaggio a cura di Maria Brigini)