Verso il Natale. Le parole del Papa sul Magnificat al centro della liturgia odierna:
Gesù nasce dall'umiltà del Creatore e l'umiltà di Maria
“I troni dei potenti di questo mondo sono tutti provvisori, mentre il trono di Dio
è l’unica roccia che non muta e non cade”. E’ questa una delle tante riflessioni che
Benedetto XVI ha dedicato, in questi anni di Pontificato, al Cantico del Magnificat,
che celebra in termini profondi e insieme concreti la grandezza di Dio e la virtù
dell’umiltà. Alessandro De Carolis ricorda alcune delle affermazioni del Papa
nel giorno in cui la liturgia ripropone nel Vangelo i versi di lode della Vergine
che ci proiettano verso il Mistero del Natale:
(Canto del
Magnificat)
Cosa accomuna le donne e gli uomini che la Chiesa, in ogni
epoca, ha riconosciuto come Santi? Un’immancabile consapevolezza: il senso delle proporzioni
tra la grandezza di Dio e la loro personale piccolezza. Dunque, non c’è santità senza
percezione della propria limitatezza, non può esistere un vero cristiano che non sia
capace di umiltà. Questo perché i Santi non hanno mai perso di vista che, ha affermato
Benedetto XVI, proprio da “un incontro di umiltà è nato Gesù, Figlio di Dio e Figlio
dell’uomo”: l’“umiltà di Dio che si è fatto carne, si è fatto piccolo, e l’umiltà
di Maria che l’ha accolto nel suo grembo; l’umiltà del Creatore e l’umiltà della creatura”.
Maria, la prima cristiana, lo canta addirittura nel Magnificat. “L’anima mia magnifica
il Signore” cioè, letteralmente, l’anima mia fa grande Dio:
“’L’anima
mia magnifica il Signore'. Maria riconosce la grandezza di Dio. Questo è il primo
indispensabile sentimento della fede; il sentimento che dà sicurezza all’umana creatura
e la libertà dalla paura, pur in mezzo alle bufere della storia". (1 giugno 2008) Come
Maria, anche Benedetto XVI si è fatto spesso un “cantore” dell’umiltà. “L’umiltà di
Maria - ha sostenuto - è ciò che Dio apprezza più di ogni altra cosa in lei”. Mentre
per la mentalità umana, soprattutto contemporanea, l’umiltà è una virtù da perdenti:
“L’umile
è percepito come un rinunciatario, uno sconfitto, uno che non ha nulla da dire al
mondo. Invece questa è la via maestra, e non solo perché l’umiltà è una grande virtù
umana, ma perché, in primo luogo, rappresenta il modo di agire di Dio stesso”. (2
settembre 2007) Ma duemila anni di tentati “relativismi”
non sono riusciti ad aver ragione di quella che resta l’eterna provocazione del Vangelo.
L’uomo che rivendica l’autonomia da Dio in nome della propria libertà compie - osserva
Benedetto XVI - un errore di prospettiva a un prezzo spesso, insegna la storia, molto
elevato:
“Dove scompare Dio, l’uomo non diventa
più grande; perde anzi la dignità divina, perde lo splendore di Dio sul suo volto.
Alla fine risulta solo il prodotto di un’evoluzione cieca e, come tale, può essere
usato e abusato. E' proprio quanto l'esperienza di questa nostra epoca ha confermato.
Solo se Dio è grande, anche l’uomo è grande. Con Maria dobbiamo cominciare a capire
che è così. Non dobbiamo allontanarci da Dio, ma rendere presente Dio”. (15 agosto
2005) Perdente, allora, è la ricchezza lucrata a spese dei
deboli, un potere che serve a chi lo detiene e non al bene comune. Per il Papa, il
Magnificat di Maria insegna che Dio...
“...si
schiera dalla parte degli ultimi. Il suo è un progetto che è spesso nascosto sotto
il terreno opaco delle vicende umane, che vedono trionfare ‘i superbi, i potenti e
i ricchi’. Eppure la sua forza segreta è destinata alla fine a svelarsi, per mostrare
chi sono i veri eletti di Dio: ‘Coloro che lo temono’, fedeli alla sua parola; ‘gli
umili, gli affamati, Israele suo servo’, ossia la comunità del popolo di Dio che,
come Maria, è costituita da coloro che sono ‘poveri’, puri e semplici di cuore”. (15
febbraio 2006) Capovolgendo i valori di riferimento e gli
obiettivi sui quali l’umanità preferisce costruire il suo presente e il suo futuro,
il Magnificat resta, in conclusione, il “manifesto” più autentico della vita cristiana
e la lettura più originale degli eventi umani:
”A
distanza di secoli e millenni, resta la più vera e profonda interpretazione della
storia, mentre le letture fatte da tanti sapienti di questo mondo sono state smentite
nei fatti nel corso dei secoli (…) Un cantico di lode, che è un’autentica e profonda
lettura 'teologica' della storia: una lettura che noi dobbiamo continuamente imparare
da Colei la cui fede è senza ombre e senza incrinature”. (1 giugno 2008) (Canto
del Magnificat)