2009-12-22 15:02:21

Un invito a percorrere un cammino di verità: il commento di mons. Bruno Forte al discorso del Papa alla Curia Romana


“Dobbiamo scuoterci di dosso l’illusione di essere innocenti”, dobbiamo “farci donare da Dio il coraggio” della conversione e del rinnovamento: è uno dei passaggi forti del discorso rivolto ieri dal Papa alla Curia Romana per gli auguri natalizi. Il Papa ha dunque messo l’accento sulla necessità per ognuno di noi di riconoscere la colpa e di far penitenza. Un cammino di verità e di amore, quello indicato da Benedetto XVI. A sottolinearlo è il teologo Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto, intervistato da Alessandro Gisotti:RealAudioMP3

R. – Il richiamo a prendere coscienza della propria colpa è semplicemente l’espressione di questa esigenza profonda di verità davanti a Dio e davanti agli altri, che è condizione di autenticità umana e di libertà. Qui il Papa si ricollega a quello che è stato il grande atto di Giovanni Paolo II della richiesta di perdono in occasione del Giubileo del 2000 per le colpe dei figli della Chiesa. Quella richiesta di perdono, motivata con il testo “Memoria e riconciliazione” prodotto dalla Commissione teologica internazionale quando era presidente della Commissione stessa il cardinale Ratzinger: ebbene, in quel testo si richiamava il principio evangelico “La verità vi farà liberi”, per ricordare l’urgenza di essere come Chiesa e come singoli discepoli, sempre “veri”: veri davanti a Dio e agli altri perché è questa verità, anche nel riconoscimento delle nostre colpe, della nostra fallibilità, che ci rende più umani, più autentici, più discepoli del Signore Gesù.

 
D. – Un riconoscimento della colpa, della propria limitatezza, che non rende il cristiano triste, come a volte – anzi, spesso nel tempo – è stato detto: in realtà, questo riconoscimento è proprio il segno della propria umanità, dell’essere un vero uomo …

 
R. – Ma … secondo Gesù, è il segno della nostra libertà! “La verità vi farà liberi”: chi riconosce nella verità i propri limiti, sfuggendo ad ogni forma di vittimismo, perché il vittimismo non è verità, e quindi anche ad ogni forma di autoflagellazione, che parimenti non sarebbe verità; chi semplicemente è “vero” davanti a Dio, davanti alla propria coscienza e davanti agli altri, è libero e la libertà è il dono prezioso che rende la vita piena, autentica, gioiosa. Ecco perché non ha nulla di vittimistico, questo richiamo al riconoscimento delle proprie colpe è semplicemente un itinerario di libertà, di verità, quello che il Papa propone, nella sequela di Gesù.

 
D. – Dal Papa anche un invito a riscoprire il Sacramento della Riconciliazione…

 
R. – L’urgenza di questo Sacramento non può essere compresa se non si fa esattamente il ragionamento che il Papa ha fatto: cioè, solo lì dove c’è un cammino di verità e quindi di libertà, si comprende quanto abbiamo bisogno del perdono di Dio, del suo giudizio, della sua verità su di noi, di quella verità che – appunto – ci renderà liberi. Il luogo in cui noi incontriamo in pienezza questo giudizio di Dio è esattamente il Sacramento della riconciliazione.

 
D. – Il Papa ha anche rilanciato il dialogo con i lontani, ha esortato alla creazione di uno spazio per i non credenti …

 
R. – In realtà, nel momento in cui si compie un cammino di verità, il credente scopre di essere un ateo che ogni giorno ha bisogno di incominciare a credere, cioè scopre di essere in un’esigenza di continua conversione. Il non credente, che non sia negligente, ma pensoso e inquieto, scopre di aver bisogno di interrogarsi non semplicemente “etsi Deus non daretur” – come se Dio non ci fosse – ma anche nell’ipotesi “velut si Deus daretur”, come se Dio ci fosse. Credo che su questo confine di verità e di libertà, credenti e non credenti hanno degli spazi straordinari di incontro e di dialogo, rispettoso dell’altro, ma anche aperto al passo in avanti che la luce della verità può suscitare nel cuore di tutti.







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