2009-12-22 14:56:37

Natale in carcere: la Chiesa al fianco dei detenuti


Nelle carceri, il Natale è spesso vissuto nella triste quotidianità di una cella, lontano dall’affetto della famiglia. Soprattutto in questi luoghi, celebrare la nascita del Signore significa scoprire che dietro le mura di una prigione, oltre le sbarre di una cella, ci sono storie di emarginazione ma anche di amore, perdono e speranza. Sul Natale in carcere si sofferma, al microfono di Federico Piana, don Francesco Esposito, responsabile della pastorale carceraria della diocesi di Napoli:RealAudioMP3

R. – Il Natale, come altri giorni di festa, in carcere è un momento veramente molto difficile, perché è legato all’affetto, alla famiglia, all’essere a casa. I detenuti sentono molto questa mancanza e noi cerchiamo, per quello che ci è possibile, di essere loro particolarmente vicini.

 
D. – In questi giorni avete realizzato qualche iniziativa particolare?

 
Abbiamo promosso un’iniziativa per alcuni tossicodipendenti: abbiamo avuto un incontro con le famiglie e con i bambini di questi detenuti. E’ stato un momento veramente bello ed emozionante; è stato bello vedere questi papà che avevano i loro bambini in braccio. E' un miracolo che sia successo a Poggio Reale. In chiesa abbiamo messo i banchi e dei tavoli, dove i bambini potessero disegnare; abbiamo intonato dei canti. Abbiamo vissuto il senso del Natale veramente in modo meraviglioso e sul volto di questi ragazzi e di queste famiglie si vedeva una gioia veramente inaspettata. Non è possibile che nelle carceri, dove i detenuti sono chiusi per 22 ore al giorno senza fare niente, anche in questo periodo di festa, non realizzino qualcosa. Dovrebbero essere in modo particolare proprio le istituzioni ad essere più attente a tutto questo. Sono queste le cose che cambiano le persone. E’ l’amore che riesce a cambiare le persone.

 
D. – Don Esposito secondo lei che cosa bisognerebbe fare?

 
R. - Bisognerebbe veramente che si cominciasse a pensare al carcere in modo diverso. Io credo che il pericolo grave sia quando il colpevole comincia a prendere coscienza di essere diventato una vittima. Questo rende vana ogni opera di rieducazione.

 
Per un detenuto la libertà è l’uscita dal tunnel della reclusione. Ma è con la liberazione realizzata grazie allo Spirito Santo che si spezza veramente ogni catena. E’ quanto sottolinea Marcella Reni, presidente di "Prison Fellowship Italia", organizzazione cristiana impegnata nel mondo carcerario e presente in oltre 100 Paesi del mondo:RealAudioMP3

R. – Nella situazione carceraria il punto è che non c’è tanto bisogno di libertà, ma c’è bisogno di una liberazione dei prigionieri, che è tutt’altra cosa. Quando arriva lo Spirito Santo, la Scrittura ci dice che arriva la liberazione dei prigionieri. Già Isaia lo profetizza e dice: “Lo Spirito Santo scenderà su di me e per questo Dio mi ha mandato, per proclamare la liberazione dei prigionieri” e questo Gesù lo realizza. Se noi riuscissimo a preparare un Natale facendo capire che Gesù è venuto ed è venuto a cercare i peccatori per primi. Se riuscissimo a far passare questo messaggio in tutte le carceri, cominciando dalle istituzioni apicali, vorrei dire, per scendere fino all’ultimo detenuto, passando attraverso gli agenti di polizia, le loro famiglie e le famiglie dei detenuti, avremmo allora preparato un bel Natale. Un Gesù che viene e che viene a cercare ciò che era perduto; viene a salvare ciò che era perduto; viene a recuperare ciò che c’è da recuperare, la salvezza per ogni uomo. Se noi riuscissimo ad annunciare questa buona notizia, la Buona Notizia dell’amore, che apre i cuori e che salva, quando i detenuti si sentono amati, noi avremmo fatto una grande opera. Quando l’ultimo dei detenuti sente passare l’amore, allora possiamo veramente dire che è Natale. (Montaggi a cura di Maria Brigini)







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