La Terra Santa si appresta a celebrare il Natale: la testimonianza del parroco di
Beit Jala
Betlemme “città-simbolo della pace, in Terra Santa e nel mondo intero”. Queste le
parole di Benedetto XVI ieri all’Angelus, nella quarta Domenica d’Avvento. Il Pontefice
ha ricordato che proprio Betlemme purtroppo, “ai nostri giorni, non rappresenta una
pace raggiunta e stabile, ma una pace faticosamente ricercata e attesa”. Ciò nonostante,
“la piccola città della Giudea” è pronta a celebrare il Natale di Gesù. Primo appuntamento,
il 24 dicembre col Patriarca latino di Gerusalemme, mons. Fouad Twal, che già ieri
- alla presenza di una delegazione di Pax Christi - ha celebrato una Messa a Gaza,
ad un anno dall’operazione militare israeliana contro Hamas. Ma qual è la situazione
in queste ore a Betlemme? Al microfono di Giada Aquilino, ascoltiamo padre
Ibrahim Shomali, parroco di Beit Jala, vicino Betlemme:
R. – E’ veramente
sempre bello celebrare il Natale, perché Natale vuol dire che Dio è venuto a visitarci.
La Sua visita è molto bella per noi, specialmente in questi tempi, perché di solito
si aprono le porte chiuse dal muro di Betlemme, per far entrare prima il Patriarca
e poi tutti coloro che celebrano. Dopo sarà una città aperta a tutti. Questo è il
sogno della gente di Betlemme: aprire la città a tutto il mondo, perché tutti vengano
a celebrare il Natale con noi. D. – Quali saranno le celebrazioni
quest’anno? R. – A Betlemme ci sono delle celebrazioni speciali:
il Patriarca di Gerusalemme Fouad Twal entrerà solennemente in piazza, accolto da
tutte le comunità scout della Palestina all’una e mezzo. Ci sono molte persone che
generalmente vengono da tutta la Palestina. Anche i musulmani partecipano a questa
festa, come anche l’Autorità palestinese. Dopo si celebreranno i Vespri, nella Basilica
di Santa Caterina, la Basilica della Natività, e a mezzanotte inizierà la Messa di
Betlemme per tutto il mondo. Il 25 dicembre, giorno di Natale, alle 10 ci sarà la
Messa per la parrocchia e i parrocchiani. D. – Le celebrazioni
vanno avanti: ma qual è la situazione intorno a voi? R. – Non
è cambiata per niente, perché il muro è ancora là, anche se non vediamo molti militari
in giro: c’è la chiusura totale per la gente. Stiamo aspettando i permessi dalle autorità,
ma nessuno sa quando arriveranno. La situazione, dunque, è molto difficile. E’ vero
che non c’è la guerra, ma la pace non vuol dire assenza di guerra: il fuoco sta ancora
sotto la cenere. D. – Da sempre il Papa ha un pensiero speciale
per la Terra Santa. Anche ieri all’Angelus ha pregato per Betlemme. E sono tante pure
le iniziative di solidarietà, come quelle di Pax Christi, che affiancano la popolazione
civile. Che significato hanno questi appelli e queste iniziative? R.
– Il Santo Padre è una voce morale per tutto il mondo. Noi sappiamo bene che la voce
di Benedetto XVI è molto ascoltata. Sappiamo anche che il Papa è sempre stato vicino
a noi: la sua visita a Betlemme ha avuto un gran successo. Qualcuno proprio ieri mi
ha detto: “Noi preghiamo per il Santo Padre, perché quando è venuto in Terra Santa
abbiamo sentito un padre che è venuto a salutare i suoi figli, ad amarli e a dire
loro una parola di verità”. Questa voce grida nel deserto dei cuori della gente. Speriamo
che un giorno, come la voce del Battista, sia ascoltata da tutti.