Emergenza freddo in Europa: a rischio clochard e immigrati irregolari
Numerosi disagi alla viabilità stradale, ferroviaria e aerea in tutta Europa a causa
dell’ondata di freddo che ha investito il Vecchio Continente nelle ultime giornate.
Ma desta soprattutto preoccupazione la condizione dei senza fissa dimora: 42 i morti
in Polonia dove la temperatura è scesa a -20 gradi Celsius. La polizia ha intensificato
le aree di pattugliamento invitando gli homeless ad accettare di dormire negli ostelli
a disposizione per loro. Ma ''molti rifiutano questo aiuto'' fanno sapere le forze
dell’ordine. Un decesso anche a Milano: si tratta di un clochard di 40 anni morto
assiderato ieri in uno scantinato. Immediatamente predisposto dal Comune un piano
speciale anti-freddo. Sull’emergenza in Italia e in Europa Paolo Ondarza ha
intervistato Paolo Pezzana, presidente della FIOPD, federazione italiana degli
organismi per le persone senza fissa dimora.
R.
– Devo rilevare che quest’anno la situazione, da un punto di vista istituzionale,
in Italia è leggermente migliorata, nel senso che molte città hanno attivato dispositivi
specifici per tempo. Restano tuttavia dei grossi problemi, in particolare due: il
primo, legato al fatto che la grossa pressione che è stata fatta in Italia in questi
ultimi tempi, contro i cosiddetti clandestini, rischia seriamente di comportare il
fatto che molte persone senza dimora, immigrati e irregolarmente presenti in Italia,
non si rivolgano alle strutture per paura di essere denunciate. Il secondo problema
è il fatto che per prevenire le morti di freddo occorre un’attenzione 365 giorni all’anno,
e questo purtroppo in moltissime realtà del nostro Paese e anche dell’Europa non si
verifica.
D. – A quali Paesi europei fa riferimento?
R.
– E’ il caso, ad esempio, della Francia, dove pur in presenza di forme di contrasto
molto significative – un diritto all’alloggio che è stato sancito e si sta creando
– esistono ancora moltissime fasce di persone precarie, che vivono in sistemazioni
di fortuna: baracche, camper e soluzioni di questo genere. E sono proprio queste,
dalla cronaca, le situazioni, ad esempio, che negli ultimi giorni hanno portato a
decessi anche in quel Paese. Diversa è la situazione nei Paesi del nord, dove al rigore
climatico sono più abituati e quindi dove è più difficile che si verifichino episodi
di questo genere. In generale, però, il discorso che facevo, rispetto alla mancanza
di una cura 365 giorni all’anno, vale per tutta Europa, non è un problema soltanto
italiano.
D. – Premesso che, e l’abbiamo ribadito, occorre
un intervento da parte delle istituzioni, il singolo cittadino può fare qualche cosa?
R.
– Ci sono territori dove si può fare qualcosa di molto concreto. Penso a Roma, dove
c’è un numero verde per chiamare il pronto soccorso sociale: questo è sicuremante
è un gesto molto concreto. Laddove queste sistemazioni non esistano ci sono molte
forme per offrire prossimità alle persone senza dimora: dal chiedere loro se può essere
utile una coperta, all’interessarsi con i servizi sociali territoriali della situazione
di queste persone. Un servizio sociale di territorio, quando viene interpellato da
dieci, venti cittadini, perché c’è una persona che sta male all’angolo della strada,
difficilmente rimane inattivo. Poi io lo dico sempre, a rischio di sembrare retorico:
rendere visibili queste persone almeno ai propri occhi, degnandole di uno sguardo,
di un sorriso, dello scambio di quattro parole, a volte può veramente fare di più
che tanti discorsi di tipo politico ed amministrativo. Quattro parole scambiate regolarmente
con la persona che sta all’angolo della strada possono aiutare questa persona anche
quando non fa freddo, anche quando non ci sono problemi meteorologici esterni, a sentirsi
nuovamente considerato una persona, e quindi a rimettersi in discussione, a trovare
nel proprio interno quelle energie, che a volte sono l’unico strumento che può fare
la differenza nel decidere di intraprendere davvero un percorso di reinclusione nella
società.
D. – Certo, senza avere la pretesa di avere
poi quella competenza psicologica che è necessaria per aiutare queste persone...
R.
– Esattamente. A volte si tratta proprio di aiutare le persone a risentirsi persone,
a ritrovare dentro se stessi le proprie energie. Le persone senza dimora sono persone
precipitate in una spirale di dolore. Invertire questa tendenza dentro di loro a volte
davvero passa per un sorriso.