Il ruolo del sacerdote nella Chiesa e nella società odierne: le meditazioni d’Avvento
di p. Raniero Cantalamessa
Con l’incisività e la ricchezza di riferimenti biblici e teologici che caratterizza
le sue meditazioni, il predicatore della Casa Pontificia, padre Raniero Cantalamessa
ha concluso venerdì scorso il tradizionale ciclo di prediche d’Avvento, tenute al
Papa e ai membri della Curia Romana. Nell’intervista di Fabio Colagrande, il
religioso ritorna sui temi e gli esempi più significativi delle meditazioni, ispirate
all’Anno Sacerdotale:
R. – Quello
che ho detto nell’ultima predica circa i sacerdoti, in realtà, nella tradizione viene
applicato anche ad ogni anima credente: ogni anima credente può imitare la Vergine
Maria nel concepire e dare alla luce Gesù. Lei l’ha fatto in maniera fisica e l’anima
credente – il sacerdote in modo speciale – fa questo in un’altra maniera: concepisce
Gesù - diceva San Bonaventura - quando nel suo cuore concepisce il proposito di convertirsi,
di aderire al Vangelo, di fare un salto di qualità nella vita spirituale. San Bonaventura
dice che lì si concepisce Cristo e lo si dà poi alla luce quando con le opere e il
modo di comportarsi si manifesta chiaramente la presenza di Cristo in noi. D.
– Nella sua prima predica dell’Avvento di quest’anno lei ha rivolto un invito particolare
ai sacerdoti: evitare il pericolo dell’eresia dei nostri tempi, cioè l’attivismo frenetico,
per dedicarsi alle priorità, cioè la preghiera, il rapporto vivo con Gesù e la parola.
Perché ha scelto proprio questo tema? R. – Credo che in fondo
anche il Papa richiami continuamente a questa anima interiore del sacerdozio. L’azione
e l’attivismo del mondo secolare rischia di entrare anche nella vita della Chiesa.
Il pericolo è quindi di un’enfasi, di un’ipertrofia dell’attività, dell’attivismo
che è presente, tanto più che il clero è diminuito e le opere sono le stesse, anzi
sono aumentate. Se però non c’è questo radicamento interiore in una vita di preghiera,
di unione con Gesù, tutto questo si risolve in un attivismo vuoto. D.
– Lei ha proposto ai sacerdoti un modello inconsueto: il Don Camillo di Guareschi,
quello che parlava ad alta voce con il Crocifisso sia delle cose che succedevano in
parrocchia sia dei suoi dissidi con Peppone. Perché ha avuto quest’immagine? R.
– Perché la verità che esprime è vera. Il sacerdote dovrebbe essere uno capace di
dialogare con Gesù, ma non così astrattamente come chi pensa con i propri pensieri;
egli dovrebbe credere che Gesù risorto è vivo e vive accanto al sacerdote ed è pronto
ad aiutarlo, ad entrare in dialogo con lui. Certamente non in un dialogo a voce alta
– anche se qualche volta può capitare anche quello – e non è necessario che il Crocifisso
risponda perché spesso risponde nel cuore. Dio parla come scrive, Lui scrive nel cuore
la sua legge e così parla nel cuore. Sarebbe bello se almeno in questo tutti i sacerdoti
imitassero Don Camillo. D. – Nella sua seconda predica di Avvento
ha sottolineato anche l’infedeltà di quei sacerdoti che, dando scandalo, provocano
il rifiuto di Cristo da parte della gente, ma anche il fatto che ci sono tanti sacerdoti
ignorati dal mondo, che diffondono nel loro ambiente il buon odore di Cristo e del
Vangelo. Di questi secondi, forse, si parla un po’ poco… R.
– Come del resto avviene in tutto il mondo dei media, dove si parla solo delle cose
negative, che fanno scalpore, dei disastri, delle tragedie. Si dice che un albero
che cade fa più chiasso di una foresta che cresce. Effettivamente c’è, nella Chiesa,
una foresta di sacerdoti che si sforzano, naturalmente con risultati diversi, di essere
fedeli, servire la gente e poi c’è qualche albero che cade. Nella predica ho ricordato
le parole di Gesù: “Voi siete il sale della terra ma se il sale perde il sapore non
serve a nulla, se non ad essere gettato e calpestato dagli uomini”. Però, come dice
il Papa, un rinnovamento di entusiasmo per i sacerdoti non verrà da un’analisi puntigliosa
delle deficienze ma verrà dal riscoprire la bellezza originaria del sacerdozio, che
è veramente qualcosa di straordinario. Il Santo curato d’Ars ha parole meravigliose
sul sacerdote, soltanto più credibili perché lui le viveva. (Montaggio a
cura di Maria Brigini)