2009-12-19 15:10:02

Natale a Gaza per rilanciare solidarietà e speranza


Sono momenti di attesa nella parrocchia di Gaza per una celebrazione speciale del Natale, in programma domani col Patriarca latino di Gerusalemme, mons. Fouad Twal, ed una rappresentanza di Pax Christi. Il movimento cattolico internazionale ha organizzato l’appuntamento in concomitanza con l’iniziativa di solidarietà e preghiera "Christmas in Gaza", che domani coinvolgerà 100 città italiane, ad un anno dalla guerra nella Striscia, con un bilancio di oltre 1400 morti e 5000 feriti. Ma che Natale sarà quello di quest’anno a Gaza? Dal seminario patriarcale di Beit Jala – Betlemme, risponde don Nandino Capovilla, coordinatore nazionale di Pax Christi Italia, che domani parteciperà all’evento. L’intervista è di Giada Aquilino:RealAudioMP3



R. – Il Natale a Gaza è una festa di tutti ed è veramente un segno di profonda speranza e fiducia in un futuro che non sia segnato dalla sofferenza attuale.

 

D. – Quest’anno il Natale a Gaza assume un significato particolare: con il Patriarca Fouad Twal, Pax Christi e la gente della Striscia …

 

R. – Il Natale di quest’anno ha soprattutto l’amarezza di un primo anniversario di una guerra che purtroppo ha lasciato stremata la popolazione; dall’altro versante è segno di un grande ponte di comunione: in tantissime città italiane, domattina si pregherà e si getterà un ponte con il Patriarca di Gerusalemme e con i cristiani e tutti gli abitanti della Striscia di Gaza.

 

D. – Un anno fa, appunto, la guerra a Gaza: il Papa allora chiese alla comunità internazionale di “non lasciare nulla di intentato per aiutare israeliani e palestinesi ad uscire” da quello che era un “vicolo cieco e a non rassegnarsi alla logica perversa dello scontro e della violenza”. E – disse il Papa – bisognava “privilegiare la via del dialogo e del negoziato”. Che ricordo c’è oggi di quel conflitto?

 

R. – Giornate interminabili, pesanti. Lo stesso Patriarca di Gerusalemme, oggi come allora, ripete lo stesso concetto: siamo stanchi, siamo sfiniti di dover sopportare un attacco così violento, soprattutto ai civili. Ora la situazione – dobbiamo essere sinceri – è peggiore di prima: per la chiusura della Striscia, che fa sì che la popolazione non abbia diritto al cibo e ai generi alimentari. I dati delle ultime settimane degli organismi internazionali riferiscono che l’acqua a disposizione della popolazione è inquinata al 90 per cento. Già questo ci fa capire che la situazione è veramente sull’orlo della catastrofe umanitaria.

 

D. – Voi avete fatto un appello anche per i bambini?

 

R. – I bambini a Gaza sono la grande risorsa e la grande sofferenza di queste zone, già solo per il loro numero! A Gaza, il 50 per cento della popolazione è rappresentata dai minori e quindi diventa fondamentale, soprattutto nelle scuole delle Nazioni Unite, l’accoglienza e il gestire quotidianamente i piccoli di Gaza. Ma questi bambini hanno nei loro occhi un trauma psicologico, come ci ha fatto notare anche uno psicologo di una scuola. Ci ha detto: il 60 per cento dei bambini è profondamente traumatizzato.

 

D. – Il Patriarca Twal, presentando l’iniziativa di Gaza, ha ricordato che durante la guerra, le armi per resistere alla rassegnazione e allo sconforto sono state la preghiera e la comunione tra le Chiese ed i cristiani di tutto il mondo. Quanto è importante il ruolo delle Chiese tutte per il futuro della Terra Santa?

 

R. – Certo, il ruolo delle Chiese qui è sentitissimo, soprattutto vedendo che questa situazione e il processo di pace non fanno assolutamente passi in avanti. Il ruolo delle Chiese - in particolare del Patriarca di Gerusalemme che presiede poi il Consiglio delle Chiese cristiane, con 13 confessioni cristiane – diventa una voce assolutamente fondamentale, proprio per ridare speranza.

 

D. – In questo Natale a Gaza, il vostro messaggio qual è?

 

R. – La fiducia a non rassegnarci. Per la fede e per la forza con cui i cristiani faranno Natale: con il suono delle campane e la festa, diranno al mondo che a Betlemme e a Gaza il Redentore ha già lasciato un segno di novità. Per questo non possiamo più tirarci indietro.








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