Le Filippine, Paese asiatico con il più alto tasso di emigrazione. L'impegno della
Chiesa
La Giornata mondiale dei migranti nelle Filippine è stata un’occasione di riflessione
su un tema molto sentito nel Paese: le Filippine, infatti, sono lo Stato asiatico
con la più alta percentuale di emigrazione, circa 10 milioni di lavoratori in 190
Paesi. Un fenomeno preoccupante che, insieme con la mancanza di valori, è alla base
della rottura di molti matrimoni e ha effetti devastanti sulle nuove generazioni:
“Le rimesse dei nostri lavoratori tengono a galla la nostra economia – ha detto padre
Joaquin F. Valdes, rettore della Catholic University di Santo Thomas di Manila ad
Asianews – ma la continua crescita dell’emigrazione distrugge la società”. Il 70 per
cento dei filippini che emigrano all’estero sono donne; la causa principale è la disoccupazione,
accresciuta ora dalla crisi globale: si calcola che nel 2009 sono stati persi 2,72
milioni di posti di lavoro. A lasciare il Paese alla volta di Stati Uniti (dove la
comunità filippina raggiunge i 3 milioni di persone), Europa, Giappone, Hong Kong
e Paesi del Medio Oriente sono circa duemila filippini al giorno, soprattutto giovani
con scarsa istruzione ed esperienze lavorative. Nessuno, però, dimentica i familiari
rimasti a casa: nel solo mese di ottobre di quest’anno ben 1,2 miliardi di dollari
americani sono stati inviati dagli Usa nelle Filippine: il 6,7 per cento in più rispetto
ai mesi precedenti. Un ruolo di particolare importanza nel Paese riveste la Chiesa,
impegnata in prima linea nella lotta all’emigrazione fin dal 1955, attraverso la Commissione
per la cura dei Migranti e degli Itineranti (Ecmi) che gestisce il Centro missionario
dei padri Scalabriniani di Manila, che offre formazione sia ai giovani sia ai sacerdoti
missionari, e il Child and migrant parents in South East Asia, che sostiene le famiglie
degli emigrati. (R.B.)