A Copenhagen deludente e parziale accordo conclusivo sul clima
Limitazione del riscaldamento globale a 2 gradi centigradi, stanziamento di 3,6 miliardi
di dollari da parte degli Stati Uniti per i Paesi in via di sviluppo nel triennio
2010-2012, e 100 miliardi di dollari dai Paesi industrializzati entro il 2020. Questi
i maggiori risultati raggiunti al vertice Onu di Copenhagen sui cambiamenti climatici.
Le quote di emissioni di anidride carbonica da tagliare da parte dei singoli Stati
nel prossimo decennio saranno comunicate, invece, il mese prossimo. Da Copenhagen,
il servizio del nostro inviato, Salvatore Sabatino:
L’intesa siglata
da Stati Uniti, Cina, Sudafrica e India non soddisfa praticamente nessuno. E’ stesso
Washington a rimarcare la limitatezza del testo, pur ribadendo che si tratta di un
primo passo importante. Sul piede di guerra i Paesi del G77 e gli ambientalisti, che
denunciano la catastrofe totale e contestano le modalità delle trattative, definite
un golpe. Non nasconde la sua delusione neppure il presidente della Commissione Ue,
Barroso, anche se parla di un primo traguardo. Ed ora scatta la protesta formale,
in seno all’Assemblea, con le dichiarazioni di voto contrario, mentre fuori dal Bella
Center, la sede del vertice, i manifestanti stanno contestando duramente il Presidente
degli Stati Uniti. Il risultato giunge dopo una giornata frenetica, con decine di
incontri a porte chiuse e trattative serratissime. Il clima di tensione già si respirava
in mattinata, già prima del discorso del capo della Casa Bianca Obama davanti alla
plenaria, accolto con un debole applauso dalla platea; poi sono arrivate le stoccate
cinesi, in disaccordo sulla bozza del documento, tanto da spingere il presidente americano
ad incontrare il premier Wen Jiabao per tre volte. E poi è arrivato anche l’incontro
informale dei leader europei, decisamente trascurati dall’amministrazione americana;
la presa di distanza dell’India, che ha auspicato un rinvio dell’accordo al 2010.
Tutto vissuto sull’orlo del fallimento. Copenhagen, insomma, sarà ricordato come uno
dei summit mondiali più complessi: un grande sforzo con un risultato decisamente modesto.
Tutto è rimandato, insomma, al prossimo anno, quando toccherà a Città del Messico
ospitare il prossimo vertice Onu sui cambiamenti climatici. In giugno, però, una tappa
intermedia, a Bonn, in Germania, in un summit straordinario organizzato dal cancelliere
tedesco Angela Merkel. “Siamo qui per decidere e non per parlare” aveva detto ieri
mattina il presidente Obama, riaccendendo le speranze anche dei più pessimisti; oggi
si può dire che, forse, le parole hanno ancora una volta tolto troppo spazio alle
decisioni.
Da Copenhagen, Salvatore Sabatino, Radio Vaticana
Interessi
nazionali contrastanti e predominio di politiche energetiche: sono tra i tanti fattori
che hanno ostacolato un accordo globale sul clima. Lo ha ricordato mons. Celestino
Migliore, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’Onu di New York, nel suo
intervento, ieri, alla Conferenza di Copenaghen. Per un commento sulle conclusioni
dei negoziati ascoltiamo mons. Migliore al microfono di Salvatore Sabatino: