Mons. Piacenza traccia un bilancio dell'Anno Sacerdotale a metà del suo cammino
“L’Anno Sacerdotale, aperto da Benedetto XVI il 19 giugno scorso nel 150° anniversario
della morte del Santo Curato d’Ars, sta avendo un’ampia risonanza in tutte le diocesi
del mondo”. Ne è convinto mons. Mauro Piacenza, segretario della Congregazione per
il Clero, il dicastero vaticano che lo sta promuovendo. Al microfono di Roberto
Piermarinimons. Mauro Piacenza traccia un bilancio dell’Anno Sacerdotale,
giunto a metà del suo cammino: R. - Il cosiddetto
“bilancio” autentico è quello che il Signore traccerà, guardando al cuore di ciascuno,
a quanto ciascuno ha saputo e voluto accogliere l’invito del Santo Padre ad un autentico,
benché iniziale, “rinnovamento spirituale”. Noi possiamo solo affermare, con soddisfazione,
che da ogni parte del mondo, da intere Conferenze episcopali come da singole Diocesi,
si moltiplicano le iniziative, soprattutto di preghiera, legate all’Anno Sacerdotale.
E non potrebbe essere altrimenti, poiché, nella Chiesa, il rinnovamento autentico
prende le mosse unicamente dal rinnovamento interiore e, quindi, dalla preghiera.
C’è grande attenzione al magistero pontificio ordinario, il quale non di rado, anche
in circostanze apparentemente lontane dal tema, torna sull’Anno Sacerdotale, offrendo
preziose indicazioni. La grande “rete di preghiera” che si voleva tessere, affinché
abbracciasse tutti i sacerdoti, si sta pian piano tessendo, secondo i modi ed i tempi
che non noi ma lo Spirito decide. Le Ore Eucaristico-mariane nella Basilica di Santa
Maria Maggiore, animate dalla Congregazione per il Clero, nei primi giovedì del mese
dell’Anno Sacerdotale, vogliono essere un esempio offerto a tutti ed uno stimolo a
realizzare simili “cenacoli di preghiera” con Maria. Sarebbe molto bello che ogni
Diocesi del mondo avesse un appuntamento mensile del genere ed avesse un luogo di
adorazione perpetua per la santificazione dei Sacerdoti. Quante cose potrebbero cambiare
allora in positivo! Le grandi cose nascono sempre dalle ginocchia piegate. Bisogna
potenziare al massimo lo sguardo di fede e tutto leggere con tale sguardo. D.
- Quali sono i prossimi importanti appuntamenti ecclesiali per l’Anno Sacerdotale? R.
- Oltre a quelli più strettamente liturgici, nei quali ascolteremo quanto il Santo
Padre vorrà ricordare, anche rispetto all’Anno Sacerdotale - penso particolarmente
alla prossima Santa Messa Crismale e quella In Coena Domini - abbiamo di fronte a
noi, in ordine cronologico, un impegnativo Convegno Teologico Internazionale, che
si terrà il prossimo 11-12 marzo 2010, presso l’Aula Magna della Pontificia Università
Lateranense. Si tratta di un’occasione particolarmente propizia, per fare il punto
delle situazione, ribadendo quanto di permanente ed immutabile vi è nel Sacerdozio
ministeriale e guardando alle circostanze concrete ed ai veri segni dei tempi, nei
quali oggi quotidianamente si è chiamati a svolgere il ministero. Interverranno Cardinali,
Vescovi, Teologi e Studiosi da tutto il mondo, i quali si rivolgeranno, in special
modo, ai responsabili della formazione del Clero delle varie Conferenze Episcopali,
come pure a tutti i Vescovi ed Ordinari particolarmente sensibili ai temi del Sacerdozio
ministeriale. Le stesse Università dell’Urbe stanno facendo giungere il proprio riconoscimento
accademico al Convegno, con la possibilità di ottenere crediti per i giovani seminaristi
e sacerdoti che vi parteciperanno. A giugno avremo poi l’Incontro Internazionale di
chiusura dell’Anno Sacerdotale, aperto a tutti i sacerdoti del mondo. Ci troveremo,
stretti attorno al Papa, a meditare su temi centrali della vita sacerdotale, in un
ideale pellegrinaggio tra le papali Basiliche di San Paolo Fuori le Mura, Santa Maria
Maggiore e San Pietro. Si tratta dei giorni 9-10-11 giungo 2010, che si concluderanno
nella Solennità del Sacratissimo Cuore di Nostro Signore Gesù Cristo, preceduta da
una veglia Eucaristico-Sacerdotale in piazza San Pietro, la sera del Giovedì 10, in
immedesimazione spirituale con il Cenacolo di Gerusalemme, dove gli Apostoli, stretti
attorno a Maria e con Pietro, pregano in attesa del dono dello Spirito per la missione.
Si auspica che tutte le Diocesi del mondo siano presenti con una rappresentanza del
proprio presbiterio, guidata dal Vescovo; così pure si auspica la presenza di tutti
gli Istituti di vita consacrata guidati del loro Superire Generale, ma si attendono
anche seminaristi e quei fedeli laici che intendono dimostrare così la loro fede nel
Sacerdozio e il loro sostegno ai Sacerdoti. D. - Il “rinnovamento
spirituale”, auspicato da Benedetto XVI, sta realmente avvenendo? O si hanno solo
“nuove iniziative”, che si sovrappongono alle tante già esistenti? R.
- Il rinnovamento spirituale riguarda la personale coscienza di ciascun Sacerdote,
e l’accoglienza che ciascuno riserva ai doni di grazia che il Signore offre, anche
attraverso l’Anno Sacerdotale. Ciò che certamente si può dire è che alcuni “aspetti
nodali” del nostro tempo vengono messi a fuoco. Rinnovamento spirituale è, ad esempio,
riscoprire la centralità ed il primato irrinunciabile e vitale della preghiera, nella
vita e nel ministero, il primato dell’«essere» sull’«agire»! È sempre più urgente
che i Sacerdoti sappiano impostare la propria esistenza e, conseguentemente, il ministero
loro affidato, sul primato assoluto di Dio! Dal primato di Dio, riconosciuto nella
vita ed affermato nel mondo, deriva ogni altro possibile frutto di reale rinnovamento:
dalla santità personale alla pastorale vocazionale, dalla fioritura di feconde iniziative
pastorali all’efficacia della testimonianza verso i laici e verso i cosiddetti “lontani”,
fino all’esercizio della carità che, mai disgiunta dalla verità, è un’indispensabile
via di evangelizzazione. Tale primato di Dio si documenta nell’attenzione e nella
dedizione appassionata al compimento di quegli “atti di ministero” che sono in realtà
la vita stessa del Sacerdote: penso soprattutto alla celebrazione della Santa Messa
e all’amministrazione del Sacramento della Riconciliazione. D.
- Sulla Confessione verrà anche preparato un documento. Tuttavia pare che la “crisi”
di questo sacramento permanga. R. - Esattamente, più che un
documento sulla confessione, si tratta di una sorta di “Vademecum” per Confessori
e Direttori Spirituali. È un’occasione per ribadire l’importanza fondamentale di questo
sacramento, celebrando il quale il Sacerdote obbedisce all’esplicito e diretto comando
del Signore: «Ricevete lo Spirito Santo. A chi rimetterete io peccati saranno rimessi,
a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi» (cf. Gv 20,19-23), e certamente
per sollecitare un’attenta riflessione, e se necessario anche un esame di coscienza,
sulla reale e concreta dedizione alle confessioni sacramentali. Il “Vademecum” per
i confessori dovrebbe aiutare a riscoprire la bellezza della celebrazione di questo
sacramento, sia per il sacerdote sia per il penitente, ed eventualmente evidenziare
come esso sia in stretta connessione con l’identità stessa del sacerdote, che ne riceve
da Cristo Signore il mandato. Ritengo che ciascun sacerdote, anche guardando all’esempio
straordinario del Santo Curato d’Ars, che il Santo Padre ha indicato come modello,
debba e possa confessare quotidianamente e dedicare un tempo ed uno spazio stabilito
e costante alle confessioni sacramentali! L’esperienza suggerisce, con infallibile
costanza, che quando il Sacerdote “si mette in confessionale”, con umiltà e fedeltà,
i penitenti arrivano. Ci sarà anche la “crisi del sacramento”, ma ci sono, forse contemporaneamente,
troppi confessionali deserti. Bisognerà pensare ad organizzarsi bene e a stabilire
delle priorità, sapendo che le priorità sono tali considerando il posto che occupano
nell’opera di redenzione e non in relazione alle richieste del momento. Ma quando
si parla di confessione e di direzione spirituale non dobbiamo intendere solo la disponibilità
dei Sacerdoti a confessare e ad esercitare la direzione spirituale, ma anche la regolare
pratica della confessione e della direzione spirituale dei sacerdoti! D.
- Al Sacerdote di parrocchia, che è la condizione comune vissuta forse da oltre il
95% dei sacerdoti, è chiesto praticamente tutto. Com’è possibile che faccia tutto
lui? R. - Per l’impegno che certamente comporta, la “cura d’anime”
è un compito gravoso e necessita di tutta la sollecitudine orante della Chiesa. I
Sacerdoti, nella quasi totalità, sono davvero totalmente coinvolti ed immedesimati
nel loro ministero e si spendono con straordinaria generosità per annunciare il Vangelo,
insegnare la dottrina autentica, celebrare la Santa Messa, perdonare i peccatori e
guidare la comunità. Per questo tutto il popolo di Dio è profondamente grato ai Sacerdoti
ed essi rappresentano un vero tesoro, sia per la Chiesa, sia per la società, soprattutto
per quel “supplemento di anima” che vi portano costantemente. Nella freneticità del
mondo contemporaneo, soprattutto nelle società secolarizzate dove cala il numero dei
sacerdoti, è importante saper “scegliere” tra ciò che è assolutamente riservato al
Sacerdote, perché strettamente connesso con il suo ministero, e ciò che può essere
“fatto da altri”. In tal senso è sempre ottima cosa saper individuare e formare persone
idonee (laici, uomini o donne) che possano efficacemente collaborare, in virtù del
battesimo ricevuto e di un eventuale mandato, al ministero gerarchico della Chiesa,
sapendo però, e sapendolo molto bene, che le supplenze più “visibili” sono, appunto,
“supplenze”, pertanto provvisorie e di “emergenza”, e non possono assumere alcun carattere
definitivo, né dare adito a equivoci sulla assoluta insostituibilità del Sacerdozio
ministeriale e sulla sua necessità perché ci sia l’Eucaristia e quindi, semplicemente,
Gesù Cristo e la Chiesa. D. - Il Sacerdote, nella mentalità
corrente, è presente sul territorio, accanto alla gente. Le nuove strutture pastorali
ed il calo del numero dei sacerdoti, garantiranno ancora tale presenza? R.
- Oltre che nella mentalità corrente, io direi anche nelle legittime aspettative del
popolo di Dio. I fedeli laici sentono fortemente l’esigenza di prossimità, e perfino
il legame sanamente affettivo, con “il loro sacerdote”; questa prossimità, che si
fonda sulla capillarità della presenza della Chiesa “in mezzo alle case”, con la parrocchia,
e sulla definizione del parroco in cura d’anime come “pastore proprio” della comunità
a lui affidata, deve essere, per quanto possibile, mantenuta e promossa. Essa è una
delle più grandi ricchezze che la struttura capillare delle parrocchie offre alla
Chiesa ed è garanzia che la fede cristiana rimanga “fede di popolo” e non diventi
di gruppi minoritari o di élite. La creazione di nuove “strutture”, per quanto talvolta
necessaria, come le cosiddette “unità pastorali”, può rispondere ad un’esigenza concreta
di garantire un certo servizio anche in condizioni di scarsità di Clero e porta con
se, laddove vissuta con equilibrio e responsabilità, anche la fioritura di nuove vivaci
collaborazioni tra Sacerdoti e tra Sacerdoti e laici. Tuttavia, in tali circostanze,
è sempre necessario salvaguardare due elementi: da un lato il ruolo del Sacerdote,
come primo responsabile della pastorale a lui affidata, in comunione con il Vescovo
- e non subordinato ad altri presbiteri suoi pari - dall’altro la prossimità, e perfino
la “raggiungibilità”, del Sacerdote da parte dei comuni fedeli laici, senza troppe
“barriere” o filtri “pastorali”, che proprio perché “filtri”, di pastorale non hanno
che il nome e, per di più, improprio. Il popolo, al di là di tutte le “strutture”,
ha bisogno del Sacerdote, della sua parola, del suo conforto, della sua vicinanza,
che è la vicinanza di Cristo stesso. D. - Ma in condizioni
di scarsità numerica, come realizzare tutto questo? Ci sono novità per le vocazione
al sacerdozio? R. - Il Primo segno del rinnovamento è proprio
una maggiore coscienza e fedeltà alla propria identità sacerdotale, visibilmente documentata,
sia dalla presenza sul territorio accanto alle persone, in ogni loro circostanza di
vita (dalle scuole agli ospedali, dalle università alle carceri etc.). L’abito stesso
è molto più importante di quanto non si creda. Esso, fra l’altro, permette di non
mimetizzarsi e di essere inequivocabilmente riconoscibili da tutti e dimostrare che
il Sacerdote è sempre e dovunque in servizio. Dalla chiarezza sull’identità e dal
primato di Dio, esplicitato da un rinnovato vigore nella preghiera, in particolare
con l’Adorazione Eucaristica, per le vocazioni, fioriscono la “risposte” alla chiamata
del Signore che sempre c’è ed anche in proporzione adeguata alle esigenze della Chiesa.
Le “vocazioni”, ovvero le chiamate di Dio, ci sono sempre, ma occorre avere l’udito
per sentirsi chiamati e perché ciò accada occorre silenzio interiore. Occorre “sentire”
e “vedere”. La legittima creazione di nuove “strutture pastorali” può rispondere temporaneamente
ad una situazione di emergenza, ma non deve mai indebolire la pastorale vocazionale,
che si nutre fondamentalmente dell’incontro con “sacerdoti santi”, né può lontanamente
far pensare ad un ipotetico tempo nel quale si potrà “far tutto” senza sacerdoti!
Senza sacerdoti, semplicemente, non ci sarebbe più la Chiesa di Cristo e il flusso
salvifico della redenzione non sarebbe più in atto.