2009-12-17 12:18:42

Milingo dimesso dallo stato clericale


La Sala Stampa vaticana ha reso noto oggi il seguente comunicato sulla dimissione dallo stato clericale dell'arcivescovo emerito di Lusaka, Emmanuel Milingo.
 
Da diversi anni la Chiesa segue con particolare sofferenza gli sviluppi legati agli incresciosi
comportamenti dell'Arcivescovo emerito di Lusaka, Emmanuel Milingo. Numerosi sono stati i
tentativi intrapresi per riportare il Sig. Emmanuel Milingo alla comunione con la Chiesa
Cattolica, cercando anche forme adeguate per consentirgli di esercitare il ministero episcopale,
con un coinvolgimento diretto da parte dei Sommi Pontefici Giovanni Paolo II e Benedetto XVI,
che personalmente e con spirito di paterna sollecitudine seguivano il Sig. Milingo.
 
In questa triste vicenda, già nell'anno 2001 egli si era trovato nella condizione di irregolarità
a seguito dell'attentato matrimonio con la Signora Maria Sung, incorrendo nella pena medicinale
di sospensione (cfr cann. 1044 1, n. 3; 1394 § 1 C.I.C.). Successivamente si era posto a capo di
alcune correnti per l'abolizione del celibato sacerdotale e non mancava di moltiplicare i suoi
interventi nei mezzi di comunicazione sociale, in aperta ribellione ai ripetuti interventi della
Santa Sede e creando grave sconcerto e scandalo nei fedeli. In particolare, il 24 settembre 2006
il Sig. Milingo aveva effettuato a Washington l'ordinazione di quattro vescovi senza mandato
pontificio. Egli incorse pertanto nella pena della scomunica latae sententiae (can. 1382 C.I.C.),
dichiarata dalla Santa Sede il 26 settembre 2006 e che rimane in vigore. Purtroppo il predetto
Sig. Milingo non ha dato prove dello sperato pentimento in vista del ritorno alla piena
comunione con il Sommo Pontefice e con i membri del Collegio episcopale, ma ha continuato
nell'esercizio illegittimo degli atti dell'ufficio episcopale, attentando nuovi delitti contro l'unità
della santa Chiesa. In particolare, nei mesi scorsi egli ha proceduto ad alcune nuove ordinazioni
episcopali.
 
Tali gravi delitti, recentemente accertati, che sono da ritenere segno comprovante della persistente contumacia del Sig. Emmanuel Milingo, hanno costretto la Sede Apostolica ad
aggiungergli l'ulteriore pena della dimissione dallo stato clericale. Secondo il disposto del can. 292 del Codice di Diritto Canonico l'ulteriore pena della dimissione dallo stato clericale, che ora si aggiunge alla grave pena della scomunica, comporta le seguenti conseguenze: la perdita dei diritti e dei doveri connessi allo stato clericale, eccetto l'obbligo del celibato; la proibizione dell'esercizio del ministero, salvo il disposto del can. 976 del Codice di Diritto Canonico per i casi di pericolo di morte; la privazione di tutti gli uffici, di tutti gli incarichi e di qualsiasi potestà delegata, nonché il divieto di utilizzare l'abito ecclesiastico. Di conseguenza, risulta illegittima la partecipazione dei fedeli ad eventuali nuove celebrazioni promosse dal Sig. Emmanuel Milingo. Si deve rilevare che la dimissione dallo stato clericale di un Vescovo è un fatto del tutto eccezionale, a cui la Santa Sede si è vista costretta per la gravità delle conseguenze che derivavano per la comunione ecclesiale dal susseguirsi di ordinazioni episcopali senza mandato pontificio; la Chiesa conserva tuttavia la speranza nel suo ravvedimento. Circa le persone ordinate recentemente dal Signor Milingo è ben nota la disciplina della Chiesa riguardante la pena della scomunica latae sententiae per quelli che ricevono la consacrazione episcopale senza Mandato Pontificio (can. 1382 C.I.C.). Esprimendo speranza nella loro conversione, la Chiesa rinnova quanto già dichiarato il 26 settembre 2006, ovvero che Essa non riconosce e non intende riconoscere nel futuro tali ordinazioni e tutte le ordinazioni da esse derivate e pertanto lo stato canonico dei presunti vescovi resta quello in cui si trovavano prima dell'ordinazione conferita da su menzionato Signor Milingo. In quest'ora segnata da un profondo dolore della Comunità ecclesiale per i gravi gesti compiuti dal Sig. Milingo, si affida alla forza della preghiera il ravvedimento del colpevole e quello di quanti - Sacerdoti o fedeli laici - hanno in qualche modo collaborato con lui nel porre atti contro l'unità della Chiesa di Cristo. 







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