“Affrontare la realtà: la crisi sanitaria peggiora mentre la violenza aumenta”. Questo
il titolo dell’ultimo rapporto di Medici Senza Frontiere sul Sud Sudan, dove la popolazione
“è intrappolata in una crisi che continua a peggiorare”, a quattro anni dagli accordi
di pace che avevano posto fine a oltre due decenni di guerra civile contro il Nord
Sudan. Soltanto qualche giorno fa i leader della parte meridionale e settentrionale
del Paese avevano raggiunto un accordo sull'introduzione di riforme democratiche,
prima delle elezioni generali previste per l'aprile dell'anno prossimo e del referendum
sull'indipendenza del Sud nel 2011. Ma l’appello di Medici Senza Frontiere alle autorità
governative, ai donatori internazionali e alle organizzazioni umanitarie è quello
“di riconoscere la reale portata della crisi”. Sulla situazione in Sud Sudan, Giada
Aquilino ha intervistato Andrea Pontiroli, di Medici Senza Frontiere-Italia:
R. – Purtroppo
la situazione del Sud Sudan è una crisi che continua a peggiorare. Ricordiamo che
dal 2005 - quando ci sono stati gli accordi di pace che hanno posto fine alla guerra
civile tra Nord e Sud - la situazione non è migliorata, come forse molti credevano
e speravano. La situazione umanitaria, e quindi parliamo proprio di bisogni immediati
della popolazione civile, non hanno trovato alcuna risposta in questi anni e l’anno
che sta chiudendosi – il 2009 – è stato forse il peggiore dal 2005, perché ci sono
stati violentissimi scontri che hanno provato, tra le altre cose, lo sfollamento di
250 mila persone. Se ci riferiamo poi anche ai nostri dati medici, ci rendiamo conto
di come il numero di feriti rispetto allo scorso anno si è quasi raddoppiato; così
come è aumentato notevolmente, quasi raddoppiato, il numero di persone colpite da
gravi malnutrizioni. D. – Quali sono le zone più interessate
da questa emergenza nel Sud Sudan? R. – Gli Stati di Jonglei
e dell’Upper Nile, dove ci sono stati scontri molto violenti, sono regioni in cui
ci sono sempre stati scontri legati più che altro a furti di bestiame; quest’anno,
invece, quello che abbiamo potuto constatare è come siano stati i villaggi ad essere
direttamente colpiti. Va, inoltre, notato come il numero dei morti sia stato il triplo
di quello dei feriti. D. – Secondo Medici Senza Frontiere, perché
continuano questi scontri? R. – Il fatto è che non c’è un unico
fattore. Si passa da scontri tra diverse fazioni che sono in lotta fra loro da tantissimo
tempo ad attacchi del gruppo ribelle ugandese del Lord’s Resistence Army, che è un
gruppo coinvolto in una lunghissima guerra civile tuttora in corso peraltro nel Nord
dell’Uganda, dove ha provocato lo sfollamento di milioni di persone. Questo gruppo
si sta ora spostando ed infatti è attivo sia nel Sud Sudan, sia nella Repubblica Democratica
del Congo. Questo è il segnale di un conflitto che sta peggiorando: è la cosa che
più ci preoccupa. E’ il motivo per cui abbiamo anche pubblicato un rapporto, nel quale
chiediamo alle organizzazioni umanitarie di intervenire, poiché in questo momento
l’impegno della Comunità internazionale è soprattutto rivolto a progetti di sviluppo
di lungo periodo. La realtà è che l’emergenza continua, ma a fronte di questa emergenza
non c’è un impegno sufficiente da parte della Comunità internazionale. Noi ed altre
organizzazioni umanitarie interveniamo, ma è ovvio che da soli non siamo in grado
di far fronte a questa situazione drammatica. Rivolgiamo, quindi, un accorato appello
alla Comunità internazionale affinché affronti quella che è la realtà del Sud Sudan,
che è una realtà in questo momento di gravissima crisi umanitaria.