2009-12-15 13:44:55

Mesajul Papei pentru Ziua Mondială a Păcii: creaţia, dar al lui Dumnezeu pentru toţi, nu trebuie absolutizată, nici abuzată. Riscul este autodistrugerea omului. Text integral în italiană şi franceză


(RV - 15 decembrie 2009) Creaţia este un dar al lui Dumnezeu pentru toţi, a cărei folosire comportă o responsabilitate comună faţă de întreaga umanitate: scrie Benedict al XVI-lea în Mesajul pentru cea de-a 43-a Zi Mondială a Păcii care se va desfăşura la 1 ianuarie 2010 pe tema: „Dacă vrei să cultivi pacea, păzeşte creaţia”. Papa subliniază că „atunci când natura şi, în primul rând, fiinţa umană sunt considerate simplu rod al întâmplării sau al determinismului evolutiv, riscă atenueze în conştiinţe simţul responsabilităţii”. A explicat că actuala criză ecologică este determinată de o criză culturală şi morală a omului care riscă să se distrugă pe sine însuşi. A lansat un puternic apel la o solidaritate între generaţii şi între ţările bogate şi ţările sărace amintind că bunurile pământului sunt destinate de Dumnezeu întregii umanităţi. „Este important a recunoaşte între cauzele actualei crize ecologice - a relevat - responsabilitatea istorică a ţărilor industrializate. Ţările mai puţin dezvoltate şi, în special, cele emergente, nu sunt totuşi exonerate de propria răspundere faţă de creaţie, deoarece îndatorirea de a adopta treptat măsuri şi politici ambientale eficiente aparţine tuturor”.

A formulat auspicii pentru o exploatare mai eficientă a energiei solare, o rezolvare a problemei apei, o lume lipsită de arme nucleare. E nevoie a schimba stilurile de viaţă, a fi mai sobri şi solidari - a explicat -, a ieşi din logica purului consum. Apoi Papa a invitat la a nu absolutiza natura, a nu-i atribui o valoare absolută, nici nu a o considera mai importantă decât persoana însăşi. În acelaşi timp nu trebui comisă greşeala contrară: a o tiraniza absolutizând tehnica şi puterea umană. Dumnezeu a încredinţat omului „rolul de păzitor şi administrator responsabil al creaţiei, rol de care nu trebuie, desigur, să abuzeze, dar de la care nu poate nici să abdice”. Apoi a concluzionat: „Luminaţi de Revelaţia divină şi urmând Tradiţia Bisericii, creştinii îşi aduc propria contribuţie. Ei consideră cosmosul şi lucrările sale minunate în lumina operei creatoare a Tatălui şi a celei răscumpărătoare a lui Cristos, care, prin moartea şi învierea sa, a împăcat toate cu Dumnezeu ’fie cele de pământ, fie cele din ceruri” (Cf Col 1,20). Cristos răstignit şi înviat a făcut dar umanităţii Duhul său sfinţitor, care călăuzeşte drumul istoriei, în aşteptarea zilei în care, prin întoarcerea Domnului în slavă, vor fi inaugurate ’noi ceruri şi un pământ nou’ (2Pt 3,13), în care vor locui pentru totdeauna dreptatea şi pacea”.

Iată textul Mesajului în italiană:
 MESSAGGIO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI PER LA CELEBRAZIONE DELLA GIORNATA MONDIALE DELLA PACE
1º GENNAIO 2010

SE VUOI COLTIVARE LA PACE, CUSTODISCI IL CREATO

1. IN OCCASIONE DELL'INIZIO DEL NUOVO ANNO, desidero rivolgere i più fervidi auguri di pace a tutte le comunità cristiane, ai responsabili delle Nazioni, agli uomini e alle donne di buona volontà del mondo intero. Per questa ho scelto il tema: Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato. Il rispetto del creato riveste grande rilevanza, anche perché " la creazione è l'inizio e il fondamento di tutte le opere di Dio " e la sua salvaguardia diventa oggi essenziale per la pacifica convivenza dell'umanità. Se, infatti, a causa della crudeltà dell'uomo sull'uomo, numerose sono le minacce che incombono sulla pace e sull'autentico sviluppo umano integrale - guerre, conflitti internazionali e regionali, atti terroristici e violazioni dei diritti umani -, non meno preoccupanti sono le minacce originate dalla noncuranza - se non addirittura dall'abuso - nei confronti della terra e dei beni naturali che Dio ha elargito. Per tale motivo è indispensabile che l'umanità rinnovi e rafforzi " quell'alleanza tra essere umano e ambiente, che deve essere specchio dell'amore creatore di Dio, dal quale proveniamo e verso il quale siamo in cammino ".


2. Nell' Enciclica Caritas in veritate ho posto in evidenza che lo sviluppo umano integrale è strettamente collegato ai doveri derivanti dal rapporto dell'uomo con l'ambiente naturale, considerato come un dono di Dio a tutti, il cui uso comporta una comune responsabilità verso l'umanità intera, in special modo verso i poveri e le generazioni future. Ho notato, inoltre, che quando la natura e, in primo luogo, l'essere umano vengono considerati semplicemente frutto del caso o del determinismo evolutivo, rischia di attenuarsi nelle coscienze la consapevolezza della responsabilità. Ritenere, invece, il creato come dono di Dio all'umanità ci aiuta a comprendere la vocazione e il valore dell'uomo. Con il Salmista, pieni di stupore, possiamo infatti proclamare: " Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita, la luna e le stelle che hai fissato, che cosa è mai l'uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell'uomo, perché te ne curi? " (Sal 8,4-5). Contemplare la bellezza del creato è stimolo a riconoscere l'amore del Creatore, quell'Amore che " move il sole e l'altre stelle ".


3. Vent'anni or sono, il Papa Giovanni Paolo II, dedicando il Messaggio della Giornata Mondiale della Pace al tema Pace con Dio creatore, pace con tutto il creato, richiamava l'attenzione sulla relazione che noi, in quanto creature di Dio, abbiamo con l'universo che ci circonda. " Si avverte ai nostri giorni - scriveva - la crescente consapevolezza che la pace mondiale sia minacciata... anche dalla mancanza del dovuto rispetto per la natura ". E aggiungeva che la coscienza ecologica " non deve essere mortificata, ma anzi favorita, in modo che si sviluppi e maturi, trovando adeguata espressione in programmi ed inizia-tive concrete ". Già altri miei Predecessori avevano fatto riferimento alla rela-zione esistente tra l'uomo e l'ambiente. Ad esempio, nel 1971, in occasione dell'ottantesimo anniversario dell'Enciclica Rerum Novarum di Leone XIII, Paolo VI ebbe a sottolineare che " attraverso uno sfruttamento sconsiderato del-la natura, (l'uomo) rischia di distruggerla e di essere a sua volta vittima di siffatta degradazione ". Ed aggiunse che in tal caso " non soltanto l'ambiente materiale diventa una minaccia permanente: inquinamenti e rifiuti, nuove malattie, potere distruttivo totale; ma è il contesto umano, che l'uomo non pa-droneggia più, creandosi così per il domani un ambiente che potrà essergli intollerabile: problema sociale di vaste dimensioni che riguarda l'intera famiglia umana ".


4. Pur evitando di entrare nel merito di specifiche soluzioni tecniche, la Chiesa, " esperta in umanità ", si premura di richiamare con forza l'attenzione sulla relazione tra il Creatore, l'essere umano e il creato. Nel 1990, Giovanni Paolo II parlava di " crisi ecologica " e, rilevando come questa avesse un carattere prevalentemente etico, indicava l'" urgente necessità morale di una nuova solidarietà ". Questo appello si fa ancora più pressante oggi, di fronte alle crescenti manifestazioni di una crisi che sarebbe irresponsabile non prendere in seria considerazione. Come rimanere indifferenti di fronte alle problematiche che derivano da fenomeni quali i cambiamenti climatici, la desertificazione, il degrado e la perdita di produttività di vaste aree agricole, l'inquinamento dei fiumi e delle falde acquifere, la perdita della biodiversità, l'aumento di eventi naturali estremi, il disboscamento delle aree equatoriali e tropicali? Come trascurare il crescente fenomeno dei cosiddetti " profughi ambientali ": persone che, a causa del degrado dell'ambiente in cui vivono, lo devono lasciare - spesso insieme ai loro beni - per affrontare i pericoli e le incognite di uno spostamento forzato? Come non reagire di fronte ai conflitti già in atto e a quelli potenziali legati all'accesso alle risorse naturali? Sono tutte questioni che hanno un profondo impatto sull'esercizio dei diritti umani, come ad esempio il diritto alla vita, all'alimentazione, alla salute, allo sviluppo.


5. Va, tuttavia, considerato che la crisi ecologica non può essere valutata separatamente dalle questioni ad essa collegate, essendo fortemente connessa al concetto stesso di sviluppo e alla visione dell'uomo e delle sue relazioni con i suoi simili e con il creato. Saggio è, pertanto, operare una revisione profonda e lungimirante del modello di sviluppo, nonché riflettere sul senso dell'economia e dei suoi fini, per correggerne le disfunzioni e le distorsioni. Lo esige lo stato di salute ecologica del pianeta; lo richiede anche e soprattutto la crisi culturale e morale dell'uomo, i cui sintomi sono da tempo evidenti in ogni parte del mon-do. L'umanità ha bisogno di un profondo rinnovamento culturale; ha bisogno di riscoprire quei valori che costituiscono il solido fondamento su cui costruire un futuro migliore per tutti. Le situazioni di crisi, che attualmente sta attraversando - siano esse di carattere economico, alimentare, ambientale o sociale -, sono, in fondo, anche crisi morali collegate tra di loro. Esse obbligano a riprogettare il comune cammino degli uomini. Obbligano, in particolare, a un modo di vivere improntato alla sobrietà e alla solidarietà, con nuove regole e forme di impegno, puntando con fiducia e coraggio sulle esperienze positive compiute e rigettando con decisione quelle negative. Solo così l'attuale crisi di-venta occasione di discernimento e di nuova progettualità.


6. Non è forse vero che all'origine di quella che, in senso cosmico, chiamiamo " natura ", vi è " un disegno di amore e di verità "? Il mondo " non è il prodotto di una qualsivoglia necessità, di un destino cieco o del caso... Il mondo trae origine dalla libera volontà di Dio, il quale ha voluto far partecipare le crea-ture al suo essere, alla sua saggezza e alla sua bontà ". Il Libro della Genesi, nelle sue pagine iniziali, ci riporta al progetto sapiente del cosmo, frutto del pensiero di Dio, al cui vertice si collocano l'uomo e la donna, creati ad immagi-ne e somiglianza del Creatore per " riempire la terra " e " dominarla " come " amministratori " di Dio stesso (cfr Gen 1,28). L'armonia tra il Creatore, l'umanità e il creato, che la Sacra Scrittura descrive, è stata infranta dal peccato di Adamo ed Eva, dell'uomo e della donna, che hanno bramato occupare il posto di Dio, rifiutando di riconoscersi come sue creature. La conseguenza è che si è distorto anche il compito di " dominare " la terra, di " coltivarla e custodirla " e tra loro e il resto della creazione è nato un conflitto (cfr Gen 3,17-19). L'essere umano si è lasciato dominare dall'egoismo, perdendo il senso del mandato di Dio, e nella relazione con il creato si è comportato come sfruttatore, volendo esercitare su di esso un dominio assoluto. Ma il vero significato del comando iniziale di Dio, ben evidenziato nel Libro della Genesi, non consisteva in un semplice conferimento di autorità, bensì piuttosto in una chiamata alla responsabilità. Del resto, la saggezza degli antichi riconosceva che la natura è a nostra disposizione non come " un mucchio di rifiuti sparsi a caso ", mentre la Rivelazione biblica ci ha fatto comprendere che la natura è dono del Creatore, il quale ne ha disegnato gli ordinamenti intrinseci, affinché l'uomo possa trarne gli orientamenti doverosi per " custodirla e coltivarla " (cfr Gen 2,15). Tutto ciò che esiste appartiene a Dio, che lo ha affidato agli uomini, ma non perché ne dispongano arbitrariamente. E quando l'uomo, invece di svolgere il suo ruolo di collaboratore di Dio, a Dio si sostituisce, finisce col provocare la ribellione della natura, " piuttosto tiranneggiata che governata da lui ". L'uomo, quindi, ha il dovere di esercitare un governo responsabile della creazione, custodendola e coltivandola.


7. Purtroppo, si deve constatare che una moltitudine di persone, in diversi Paesi e regioni del pianeta, sperimenta crescenti difficoltà a causa della negligenza o del rifiuto, da parte di tanti, di esercitare un governo responsabile sull'ambiente. Il Concilio Ecumenico Vaticano II ha ricordato che " Dio ha de-stinato la terra e tutto quello che essa contiene all'uso di tutti gli uomini e di tutti i popoli ". L'eredità del creato appartiene, pertanto, all'intera umanità. Invece, l'attuale ritmo di sfruttamento mette seriamente in pericolo la disponibi-lità di alcune risorse naturali non solo per la generazione presente, ma soprattutto per quelle future. Non è difficile allora costatare che il degrado ambientale è spesso il risultato della mancanza di progetti politici lungimiranti o del perseguimento di miopi interessi economici, che si trasformano, purtroppo, in una seria minaccia per il creato. Per contrastare tale fenomeno, sulla base del fatto che " ogni decisione economica ha una conseguenza di carattere morale ", è anche necessario che l'attività economica rispetti maggiormente l'ambiente. Quando ci si avvale delle risorse naturali, occorre preoccuparsi della loro salvaguardia, prevedendone anche i costi - in termini ambientali e sociali -, da valutare come una voce essenziale degli stessi costi dell'attività economica. Compete alla comunità internazionale e ai governi nazionali dare i giusti segnali per contrastare in modo efficace quelle modalità d'utilizzo dell'ambiente che risultino ad esso dannose. Per proteggere l'ambiente, per tutelare le risorse e il clima occorre, da una parte, agire nel rispetto di norme ben definite anche dal punto di vista giuridico ed economico, e, dall'altra, tenere conto della solidarietà dovuta a quanti abitano le regioni più povere della terra e alle future generazioni.


8. Sembra infatti urgente la conquista di una leale solidarietà inter-generazionale. I costi derivanti dall'uso delle risorse ambientali comuni non possono essere a carico delle generazioni future: " Eredi delle generazioni passate e beneficiari del lavoro dei nostri contemporanei, noi abbiamo degli obblighi verso tutti e non possiamo disinteressarci di coloro che verranno dopo di noi ad ingrandire la cerchia della famiglia umana. La solidarietà universale, ch'è un fatto e per noi un beneficio, è altresì un dovere. Si tratta di una respon-sabilità che le generazioni presenti hanno nei confronti di quelle future, una responsabilità che appartiene anche ai singoli Stati e alla Comunità internazionale ". L'uso delle risorse naturali dovrebbe essere tale che i vantaggi immediati non comportino conseguenze negative per gli esseri viventi, umani e non umani, presenti e a venire; che la tutela della proprietà privata non ostacoli la destinazione universale dei beni; che l'intervento dell'uomo non comprometta la fecondità della terra, per il bene di oggi e per il bene di domani. Oltre ad una leale solidarietà inter-generazionale, va ribadita l'urgente necessità morale di una rinnovata solidarietà intra-generazionale, specialmente nei rapporti tra i Paesi in via di sviluppo e quelli altamente industrializzati: " la comunità internazionale ha il compito imprescindibile di trovare le strade istituzionali per disciplinare lo sfruttamento delle risorse non rinnovabili, con la partecipazione anche dei Paesi poveri, in modo da pianificare insieme il futuro ". La crisi ecologica mostra l'urgenza di una solidarietà che si proietti nello spazio e nel tempo. È infatti importante riconoscere, fra le cause dell'attuale crisi ecologica, la responsabilità storica dei Paesi industrializzati. I Paesi meno sviluppati e, in particolare, quelli emergenti, non sono tuttavia esonerati dalla propria responsabilità rispetto al creato, perché il dovere di adottare gradualmente misure e politiche ambientali efficaci appartiene a tutti. Ciò potrebbe realizzarsi più facilmente se vi fossero calcoli meno interessati nell'assistenza, nel trasferimento delle conoscenze e delle tecnologie più pulite.


9. È indubbio che uno dei principali nodi da affrontare, da parte della comu-nità internazionale, è quello delle risorse energetiche, individuando strategie condivise e sostenibili per soddisfare i bisogni di energia della presente generazione e di quelle future. A tale scopo, è necessario che le società tecnologicamente avanzate siano disposte a favorire comportamenti improntati alla sobrietà, diminuendo il proprio fabbisogno di energia e migliorando le condizioni del suo utilizzo. Al tempo stesso, occorre promuovere la ricerca e l'applicazione di energie di minore impatto ambientale e la " ridistribuzione planetaria delle risorse energetiche, in modo che anche i Paesi che ne sono privi possano accedervi ". La crisi ecologica, dunque, offre una storica opportunità per elaborare una risposta collettiva volta a convertire il modello di sviluppo globale in una direzione più rispettosa nei confronti del creato e di uno sviluppo umano integrale, ispirato ai valori propri della carità nella verità. Auspico, pertanto, l'adozione di un modello di sviluppo fondato sulla centralità dell'essere umano, sulla promozione e condivisione del bene comune, sulla responsabilità, sulla consapevolezza del necessario cambiamento degli stili di vita e sulla prudenza, virtù che indica gli atti da compiere oggi, in previsione di ciò che può accadere domani.

  10. Per guidare l'umanità verso una gestione complessivamente sostenibile dell'ambiente e delle risorse del pianeta, l'uomo è chiamato a impiegare la sua intelligenza nel campo della ricerca scientifica e tecnologica e nell'applicazione delle scoperte che da questa derivano. La " nuova solidarietà ", che Giovanni Paolo II propose nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace del 1990, e la " solidarietà globale ", che io stesso ho richiamato nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace del 2009, risultano essere atteggiamenti essenziali per orientare l'impegno di tutela del creato, attraverso un sistema di gestione delle risorse della terra meglio coordinato a livello internazionale, soprattutto nel momento in cui va emergendo, in maniera sempre più evidente, la forte interrelazione che esiste tra la lotta al degrado ambientale e la promozione dello sviluppo umano integrale. Si tratta di una dinamica imprescindibile, in quanto " lo sviluppo integrale dell'uomo non può aver luogo senza lo sviluppo solidale dell'umanità ". Tante sono oggi le opportunità scientifiche e i potenziali percorsi innovativi, grazie ai quali è possibile fornire soluzioni soddisfacenti ed armoniose alla relazione tra l'uomo e l'ambiente. Ad esempio, occorre incoraggiare le ricerche volte ad individuare le modalità più efficaci per sfruttare la grande potenzialità dell'energia solare. Altrettanta attenzione va poi rivolta alla questione ormai planetaria dell'acqua ed al sistema idrogeologico globale, il cui ciclo riveste una primaria importanza per la vita sulla terra e la cui stabilità rischia di essere fortemente minacciata dai cambiamenti climatici. Vanno altresì esplorate appropriate strategie di sviluppo rurale incentrate sui piccoli coltivatori e sulle loro famiglie, come pure occorre approntare idonee politiche per la gestione delle foreste, per lo smaltimento dei rifiuti, per la valorizzazione delle sinergie esistenti tra il contrasto ai cambiamenti climatici e la lotta alla povertà. Occorrono politiche nazionali ambiziose, completate da un necessario impegno internazionale che apporterà importanti benefici soprattutto nel medio e lungo termine. È necessario, insomma, uscire dalla logica del mero consumo per promuovere forme di produzione agricola e industriale rispettose dell'ordine della creazione e soddisfacenti per i bisogni primari di tutti. La questione ecologica non va affrontata solo per le agghiaccianti prospettive che il degrado ambientale profila all'orizzonte; a motivarla deve essere soprattutto la ricerca di un'autentica solidarietà a dimensione mondiale, ispirata dai valori della carità, della giustizia e del bene comune. D'altronde, come ho già avuto modo di ricordare, " la tecnica non è mai solo tecnica. Essa manifesta l'uomo e le sue aspirazioni allo sviluppo; esprime la tensione dell'animo umano al graduale superamento di certi condizionamenti materiali. La tecnica, pertanto, si inserisce nel mandato di "coltivare e custodire la terra" (cfr Gen 2,15), che Dio ha affidato all'uomo, e va orientata a rafforzare quell'alleanza tra essere umano e ambiente che deve essere specchio dell'amore creatore di Dio ".


11. Appare sempre più chiaramente che il tema del degrado ambientale chiama in causa i comportamenti di ognuno di noi, gli stili di vita e i modelli di consumo e di produzione attualmente dominanti, spesso insostenibili dal punto di vista sociale, ambientale e finanche economico. Si rende ormai indispensabi-le un effettivo cambiamento di mentalità che induca tutti ad adottare nuovi stili di vita " nei quali la ricerca del vero, del bello e del buono e la comunione con gli altri uomini per una crescita comune siano gli elementi che determinano le scelte dei consumi, dei risparmi e degli investimenti ". Sempre più si deve educare a costruire la pace a partire dalle scelte di ampio raggio a livello per-sonale, familiare, comunitario e politico. Tutti siamo responsabili della protezione e della cura del creato. Tale responsabilità non conosce frontiere. Secondo il principio di sussidiarietà, è importante che ciascuno si impegni al livello che gli corrisponde, operando affinché venga superata la prevalenza degli interessi particolari. Un ruolo di sensibilizzazione e di formazione spetta in particolare ai vari soggetti della società civile e alle Organizzazioni non-governative, che si prodigano con determinazione e generosità per la diffusione di una responsabilità ecologica, che dovrebbe essere sempre più ancorata al rispetto dell' " ecologia umana ". Occorre, inoltre, richiamare la responsabilità dei media in tale ambito, proponendo modelli positivi a cui ispirarsi. Occuparsi dell'ambiente richiede, cioè, una visione larga e globale del mondo; uno sforzo comune e responsabile per passare da una logica centrata sull'egoistico interesse nazionalistico ad una visione che abbracci sempre le necessità di tutti i popoli. Non si può rimanere indifferenti a ciò che accade intorno a noi, perché il deterioramento di qualsiasi parte del pianeta ricadrebbe su tutti. Le relazioni tra persone, gruppi sociali e Stati, come quelle tra uomo e ambiente, sono chiamate ad assumere lo stile del rispetto e della " carità nella verità ". In tale ampio contesto, è quanto mai auspicabile che trovino efficacia e corrispondenza gli sforzi della comunità internazionale volti ad ottenere un progressivo disarmo ed un mondo privo di armi nucleari, la cui sola presenza minaccia la vita del pianeta e il processo di sviluppo integrale dell'umanità presente e di quella futura.


12. La Chiesa ha una responsabilità per il creato e sente di doverla esercitare, anche in ambito pubblico, per difendere la terra, l'acqua e l'aria, doni di Dio Creatore per tutti, e, anzitutto, per proteggere l'uomo contro il pericolo della distruzione di se stesso. Il degrado della natura è, infatti, strettamente connesso alla cultura che modella la convivenza umana, per cui " quando l'"ecologia umana" è rispettata dentro la società, anche l'ecologia ambientale ne trae beneficio ". Non si può domandare ai giovani di rispettare l'ambiente, se non vengono aiutati in famiglia e nella società a rispettare se stessi: il libro della natura è unico, sia sul versante dell'ambiente come su quello dell'etica personale, familiare e sociale. I doveri verso l'ambiente derivano da quelli verso la persona considerata in se stessa e in relazione agli altri. Volentieri, pertanto, incoraggio l'educazione ad una responsabilità ecologica, che, come ho indicato nell'Enciclica Caritas in veritate, salvaguardi un'autentica " ecologia umana " e, quindi, affermi con rinnovata convinzione l'inviolabilità della vita umana in ogni sua fase e in ogni sua condizione, la dignità della persona e l'insostituibile missione della famiglia, nella quale si educa all'amore per il prossimo e al rispetto della natura. Occorre salvaguardare il patrimonio umano della società. Questo patrimonio di valori ha la sua origine ed è iscritto nella legge morale naturale, che è fondamento del rispetto della persona umana e del creato.


13. Non va infine dimenticato il fatto, altamente indicativo, che tanti trovano tranquillità e pace, si sentono rinnovati e rinvigoriti quando sono a stretto con-tatto con la bellezza e l'armonia della natura. Vi è pertanto una sorta di recipro-cità: nel prenderci cura del creato, noi constatiamo che Dio, tramite il creato, si prende cura di noi. D'altra parte, una corretta concezione del rapporto dell'uomo con l'ambiente non porta ad assolutizzare la natura né a ritenerla più importante della stessa persona. Se il Magistero della Chiesa esprime perplessi-tà dinanzi ad una concezione dell'ambiente ispirata all'ecocentrismo e al biocentrismo, lo fa perché tale concezione elimina la differenza ontologica e assiologica tra la persona umana e gli altri esseri viventi. In tal modo, si viene di fatto ad eliminare l'identità e il ruolo superiore dell'uomo, favorendo una vi-sione egualitaristica della " dignità " di tutti gli esseri viventi. Si dà adito, così, ad un nuovo panteismo con accenti neopagani che fanno derivare dalla sola natura, intesa in senso puramente naturalistico, la salvezza per l'uomo. La Chiesa invita, invece, ad impostare la questione in modo equilibrato, nel rispetto della " grammatica " che il Creatore ha inscritto nella sua opera, affidando all'uomo il ruolo di custode e amministratore responsabile del creato, ruolo di cui non deve certo abusare, ma da cui non può nemmeno abdicare. Infatti, anche la posizione contraria di assolutizzazione della tecnica e del potere umano, finisce per essere un grave attentato non solo alla natura, ma anche alla stessa dignità umana.


14. Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato. La ricerca della pace da parte di tutti gli uomini di buona volontà sarà senz'altro facilitata dal comune riconoscimento del rapporto inscindibile che esiste tra Dio, gli esseri umani e l'intero creato. Illuminati dalla divina Rivelazione e seguendo la Tradizione della Chiesa, i cristiani offrono il proprio apporto. Essi considerano il cosmo e le sue meraviglie alla luce dell'opera creatrice del Padre e redentrice di Cristo, che, con la sua morte e risurrezione, ha riconciliato con Dio " sia le cose che stanno sulla terra, sia quelle che stanno nei cieli " (Col 1,20). Il Cristo, crocifisso e risorto, ha fatto dono all'umanità del suo Spirito santificatore, che guida il cammino della storia, in attesa del giorno in cui, con il ritorno glorioso del Signore, verranno inaugurati " nuovi cieli e una terra nuova " (2 Pt 3,13), in cui abiteranno per sempre la giustizia e la pace. Proteggere l'ambiente naturale per costruire un mondo di pace è, pertanto, dovere di ogni persona. Ecco una sfida urgente da affrontare con rinnovato e corale impegno; ecco una prov-videnziale opportunità per consegnare alle nuove generazioni la prospettiva di un futuro migliore per tutti. Ne siano consapevoli i responsabili delle nazioni e quanti, ad ogni livello, hanno a cuore le sorti dell'umanità: la salvaguardia del creato e la realizzazione della pace sono realtà tra loro intimamente connesse! Per questo, invito tutti i credenti ad elevare la loro fervida preghiera a Dio, onnipotente Creatore e Padre misericordioso, affinché nel cuore di ogni uomo e di ogni donna risuoni, sia accolto e vissuto il pressante appello: Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato.

Dal Vaticano, 8 dicembre 2009

 Catechismo della Chiesa Cattolica, 198.

 Benedetto XVI, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2008, 7.

 Cfr n. 48.

 Dante Alighieri, Divina Commedia, Paradiso, XXXIII, 145.

 Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1990, 1.

 Lett. ap. Octogesima adveniens, 21.

 Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, 10.

 Cfr Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate, 32.

 Catechismo della Chiesa Cattolica, 295.

 Eraclito di Efeso (535 a.C. ca. – 475 a.C. ca.), Frammento 22B124, in H. Diels-W. Kranz, Die Fragmente der Vorsokratiker, Weidmann, Berlin 19526.

 Cfr Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate, 48.

 Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 37.

 Cfr Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate, 50.

 Cost. Past. Gaudium et spes, 69.

 Cfr Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 34.

 Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate, 37.

 Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, 467; cfr Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio, 17.

 Cfr Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 30-31.43.

 Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate, 49.

 Ibid.

 Cfr San Tommaso d’Aquino, S. Th., II-II, q. 49, 5.

 Cfr n. 9.

 Cfr n. 8.

 Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio, 43.

 Lett. enc. Caritas in veritate, 69.

 Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 36.
   Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate, 51.

 Cfr ibid., 15.51.

 Cfr ibid., 28.51.61; Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 38.39.

 Cfr Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate, 70.

Textul Mesajului în limba franceză:

 MESSAGE DE SA SAINTETÉ BENOÎT XVI POUR LA CÉLÉBRATION
DE LA JOURNÉE MONDIALE DE LA PAIX
1er JANVIER 2010 
SI TU VEUX CONSTRUIRE LA PAIX, PROTEGE LA CREATION
 
1. Au début de cette nouvelle année, je désire adresser mes vœux de paix les plus fervents à toutes les communautés chrétiennes, aux responsables des Nations, aux hommes et aux femmes de bonne volonté du monde entier. J’ai choisi comme thème pour cette XLIIIème Journée Mondiale de la Paix: Si tu veux construire la paix, protège la création. Le respect de la création revêt une grande importance, car « la création est le début et le fondement de toutes les œuvres de Dieu » et, aujourd’hui, sa sauvegarde devient essentielle pour la coexistence pacifique de l’humanité. Si, en effet, à cause de la cruauté de l’homme envers l’homme, nombreuses sont les menaces qui mettent en péril la paix et le développement intégral authentique de l’homme – guerres, conflits internationaux et régionaux, actes terroristes et violations des droits de l’homme – les menaces engendrées par le manque d’attention – voire même par les abus – vis-à-vis de la terre et des biens naturels, qui sont un don de Dieu, ne sont pas moins préoccupantes. C’est pour cette raison qu’il est indispensable que l’humanité renouvelle et renforce « l’alliance entre l’être humain et l’environnement, qui doit être le miroir de l’amour créateur de Dieu, de qui nous venons et vers qui nous allons ».

 
2. Dans l’Encyclique Caritas in veritate, j’ai souligné que le développement humain intégral est étroitement lié aux devoirs qui découlent du rapport de l’homme avec l’environnement naturel, considéré comme un don de Dieu fait à tous, dont l’exploitation comporte une commune responsabilité à l’égard de l’humanité tout entière, en particulier envers les pauvres et les générations à venir. J’ai noté, en outre, que lorsque la nature et, en premier lieu, l’être humain sont considérés simplement comme le fruit du hasard ou du déterminisme de l’évolution, la conscience de cette responsabilité risque de s’atténuer dans les esprits. Au contraire, considérer la création comme un don de Dieu à l’humanité nous aide à comprendre la vocation et la valeur de l’homme. Avec le psalmiste, pleins d’émerveillement, nous pouvons proclamer en effet: « À voir ton ciel, ouvrage de tes doigts, la lune et les étoiles que tu fixas, qu’est-ce que l’homme pour que tu penses à lui, le fils d’un homme, que tu en prennes souci? » (Ps 8, 4-5). Contempler la beauté de la création nous aide à reconnaître l’amour du Créateur, Amour qui, comme l’écrit Dante Alighieri, « meut le soleil et les autres étoiles ».

 
3. Il y a vingt ans, en consacrant le Message de la Journée Mondiale de la Paix au thème La paix avec Dieu créateur, la paix avec toute la création, le Pape Jean-Paul II attirait l’attention sur la relation que nous avons, en tant que créatures de Dieu, avec l’univers qui nous entoure. « À l’heure actuelle, on constate – écrivait-il – une plus vive conscience des menaces qui pèsent sur la paix mondiale […] à cause des atteintes au respect dû à la nature ». Et il ajoutait que la conscience écologique ne doit pas être freinée, mais plutôt favorisée, « en sorte qu’elle se développe et mûrisse en trouvant dans des programmes et des initiatives concrets l’expression qui convient ». Auparavant, d’autres parmi mes Prédécesseurs avaient déjà fait allusion à la relation existant entre l’homme et l’environnement. Par exemple, en 1971, à l’occasion du quatre-vingtième anniversaire de l’Encyclique Rerum Novarum de Léon XIII, Paul VI avait souligné que « par une exploitation inconsidérée de la nature, (l’homme) risque de la détruire et d’être, à son tour, la victime de cette dégradation ». Et il ajoutait qu’ainsi « non seulement l’environnement matériel devient une menace permanente: pollutions et déchets, nouvelles maladies, pouvoir destructeur absolu, mais c’est le cadre humain que l’homme ne maîtrise plus, créant ainsi pour demain un environnement qui pourra lui être intolérable: problème social d’envergure qui regarde la famille humaine tout entière ».

 
4. Bien qu’évitant d’entrer dans des solutions techniques spécifiques, l’Église, « experte en humanité », s’empresse de rappeler avec force l’attention sur la relation entre le Créateur, l’être humain et la création. En 1990, Jean-Paul II parlait de « crise écologique » et, en soulignant que celle-ci avait un caractère principalement éthique, il indiquait « la nécessité morale urgente d’une solidarité nouvelle ». Cet appel est encore plus pressant aujourd’hui, face aux manifestations croissantes d’une crise qu’il serait irresponsable de ne pas prendre sérieusement en considération. Comment demeurer indifférents face aux problématiques qui découlent de phénomènes tels que les changements climatiques, la désertifi-cation, la dégradation et la perte de productivité de vastes surfaces agricoles, la pollution des fleuves et des nappes phréatiques, l’appauvrissement de la biodiversité, l’augmentation des phénomènes naturels extrêmes, le déboisement des zones équatoriales et tropicales? Comment négliger le phénomène grandissant de ce qu’on appelle les « réfugiés de l’environnement »: ces personnes qui, à cause de la dégradation de l’environnement où elles vivent, doivent l’abandonner – souvent en même temps que leurs biens – pour affronter les dangers et les inconnues d’un déplacement forcé? Comment ne pas réagir face aux conflits réels et potentiels liés à l’accès aux ressources naturelles? Toutes ces questions ont un profond impact sur l’exercice des droits humains, comme par exemple le droit à la vie, à l’alimentation, à la santé, au développement.

 
5. Toutefois, il faut considérer que la crise écologique ne peut être appréhendée séparément des questions qui s’y rattachent, étant profondément liée au concept même de développement et à la vision de l’homme et de ses relations avec ses semblables et avec la création. Il est donc sage d’opérer une révision profonde et perspicace du modèle de développement, et de réfléchir également sur le sens de l’économie et de ses objectifs, pour en corriger les dysfonctionnements et les déséquilibres. L’état de santé écologique de la planète l’exige; la crise culturelle et morale de l’homme le requiert aussi et plus encore, crise dont les symptômes sont évidents depuis un certain temps partout dans le monde. L’humanité a besoin d’un profond renouvellement culturel; elle a besoin de redécouvrir les valeurs qui constituent le fondement solide sur lequel bâtir un avenir meilleur pour tous. Les situations de crise qu’elle traverse actuellement – de nature économique, alimentaire, environnementale ou sociale – sont, au fond, aussi des crises morales liées les unes aux autres. Elles obligent à repenser le cheminement commun des hommes. Elles contraignent, en particulier, à adopter une manière de vivre basée sur la sobriété et la solidarité, avec de nouvelles règles et des formes d’enga-gement s’appuyant avec confiance et avec courage sur les expériences positives faites et rejetant avec décision celles qui sont négatives. Ainsi seulement, la crise actuelle devient-elle une occasion de discernement et de nouvelle planification.

 

 
6. N’est-il pas vrai qu’à l’origine de celle que nous appelons la « nature » dans son sens cosmique, il y a « un dessein d’amour et de vérité »? Le monde « n’est pas le fruit d’une nécessité quelconque, d’un destin aveugle ou du hasard […]. Le monde tire son origine de la libre volonté de Dieu, qui a voulu faire participer les créatures à son être, à sa sagesse et à sa bonté ». Dans ses premières pages, le Livre de la Genèse nous reconduit au sage projet du cosmos, fruit de la pensée de Dieu, au sommet duquel sont placés l’homme et la femme, créés à l’image et à la ressemblance du Créateur pour « remplir la terre » et pour « la soumettre » comme des « intendants » de Dieu lui-même (cf. Gn 1, 28). L’harmonie entre le Créateur, l’humanité et la création, que l’Écriture Sainte décrit, a été rompue par le péché d’Adam et d’Ève, de l’homme et de la femme, qui ont désiré prendre la place de Dieu, refusant de se reconnaître comme ses créatures. En conséquence, la tâche de « soumettre » la terre, de la « cultiver et de la garder » a été altérée, et entre eux et le reste de la création est né un conflit (cf. Gn 3, 17-19). L’être humain s’est laissé dominer par l’égoïsme, en perdant le sens du mandat divin, et dans sa relation avec la création, il s’est comporté comme un exploiteur, voulant exercer sur elle une domination absolue. Toutefois, la véritable signification du commandement premier de Dieu, bien mis en évidence dans le Livre de la Genèse, ne consistait pas en une simple attribution d’autorité, mais plutôt en un appel à la responsabilité. Du reste, la sagesse des anciens reconnaissait que la nature est à notre disposition, non pas comme « un tas de choses répandues au hasard », alors que la Révélation biblique nous a fait comprendre que la nature est un don du Créateur, qui en a indiqué les lois intrinsèques, afin que l’homme puisse en tirer les orientations nécessaires pour « la garder et la cultiver » (cf. Gn 2, 15). Tout ce qui existe appartient à Dieu, qui l’a confié aux hommes, mais non pour qu’ils en disposent arbitrairement. Quand, au lieu d’accomplir son rôle de collaborateur de Dieu, l’homme se substitue à Lui, il finit par provoquer la rébellion de la nature « plus tyrannisée que gouvernée par lui ». L’homme a donc le devoir d’exercer un gouvernement responsable de la création, en la protégeant et en la cultivant.

 
7. Malheureusement, on doit constater qu’une multitude de personnes, dans divers pays et régions de la planète, connaissent des difficultés toujours plus grandes à cause de la négligence ou du refus de beaucoup de veiller de façon responsable sur l’environnement. Le Concile œcuménique Vatican II a rappelé que « Dieu a destiné la terre et tout ce qu’elle contient à l’usage de tous les hommes et de tous les peuples ». L’héritage de la création appartient donc à l’humanité tout entière. Par contre, le rythme actuel d’exploitation met sérieusement en danger la disponibilité de certaines ressources naturelles non seulement pour la génération présente, mais surtout pour les générations futures. Il n’est pas difficile dès lors de constater que la dégradation de l’environnement est souvent le résultat du manque de projets politiques à long terme ou de la poursuite d’intérêts économiques aveugles, qui se transforment, malheureusement, en une sérieuse menace envers la création. Pour contrer ce phénomène, en s’appuyant sur le fait que « toute décision économique a une conséquence de caractère moral », il est aussi nécessaire que l’activité économique respecte davantage l’environnement. Quand on utilise des ressources naturelles, il faut se préoccuper de leur sauvegarde, en en prévoyant aussi les coûts – en termes environnementaux et sociaux –, qui sont à évaluer comme un aspect essentiel des coûts mêmes de l’activité économique. Il revient à la communauté internationale et aux gouvernements de chaque pays de donner de justes indications pour s’opposer de manière efficace aux modes d’exploitation de l’environnement qui lui sont nuisibles. Pour protéger l’environnement, pour sauvegarder les ressources et le climat, il convient, d’une part, d’agir dans le respect de normes bien définies, également du point de vue juridique et économique, et, d’autre part, de tenir compte de la solidarité due à ceux qui habitent les régions plus pauvres de la terre et aux générations futures.

 
8. La mise en place d’une solidarité intergénérationnelle loyale semble en effet urgente. Les coûts découlant de l’usage des ressources environnementales communes ne peuvent être à la charge des générations futures: « Héritiers des générations passées et bénéficiaires du travail de nos contemporains, nous avons des obligations envers tous, et nous ne pouvons nous désintéresser de ceux qui viendront agrandir après nous le cercle de la famille humaine. La solidarité universelle qui est un fait, et un bénéfice pour nous, est aussi un devoir. Il s’agit d’une responsabilité que les générations présentes ont envers les générations à venir, une responsabilité qui appartient aussi aux Etats individuellement et à la Communauté internationale ». L’usage des ressources naturelles devrait être tel que les avantages immédiats ne comportent pas de conséquences négatives pour les êtres vivants, humains et autres, présents et futurs; que la sauvegarde de la propriété privée ne fasse pas obstacle à la destination universelle des biens; que l’intervention de l’homme ne compromette pas la fécondité de la terre, pour le bien d’aujourd’hui et celui de demain. Au-delà d’une loyale solidarité intergénérationnelle, l’urgente nécessité morale d’une solidarité intra-générationnelle renouvelée doit être réaffirmée, spécialement dans les relations entre les pays en voie de développement et les pays hautement industrialisés: « la communauté internationale a le devoir impératif de trouver les voies institutionnelles pour réglementer l’exploitation des ressources non renouvelables, en accord avec les pays pauvres, afin de planifier ensemble l’avenir ». La crise écologique montre l’urgence d’une solidarité qui se déploie dans l’espace et le temps. Il est en effet important de reconnaître, parmi les causes de la crise écologique actuelle, la responsabilité historique des pays industrialisés. Les pays moins développés, et en particulier les pays émergents, ne sont pas toutefois exonérés de leur propre responsabilité par rapport à la création, parce que tous ont le devoir d’adopter graduellement des mesures et des politiques environnementales efficaces. Ceci pourrait se réaliser plus facilement s’il y avait des calculs moins intéressés dans l’assistance, dans la transmission des connaissances et l’utilisation de technologies plus respectueuses de l’environnement.
  9. Il est hors de doute que l’un des points principaux que la communauté internationale doit affronter, est celui des ressources énergétiques en trouvant des stratégies communes et durables pour satisfaire les besoins en énergie de cette génération et des générations futures. A cette fin, il est nécessaire que les sociétés technologiquement avancées soient disposées à favoriser des comportements plus sobres, réduisant leurs propres besoins d’énergie et améliorant les conditions de son utilisation. Simultanément, il convient de promouvoir la recherche et l’application d’énergies dont l’impact environnemental est moindre et la « redistribution planétaire des ressources énergétiques … afin que les pays qui n’en ont pas puissent y accéder ». La crise écolo-
gique offre donc une opportunité historique pour élaborer une réponse collective destinée à convertir le modèle de développement global selon une orientation plus respectueuse de la création et en faveur du développement humain intégral, s’inspirant des valeurs propres de la charité dans la vérité. Je souhaite donc l’adoption d’un modèle de développement basé sur le caractère central de l’être humain, sur la promotion et le partage du bien commun, sur la responsabilité, sur la conscience d’un changement nécessaire des styles de vie et sur la prudence, vertu qui indique les actes à accomplir aujourd’hui en prévision de ce qui peut arriver demain.

 
10. Afin de conduire l’humanité vers une gestion d’ensemble plus durable de l’environnement et des ressources de la planète, l’homme est appelé à engager son intelligence dans le domaine de la recherche scientifique et technologique et dans l’application des découvertes qui en découlent. La « nouvelle solidarité » que Jean-Paul II propose dans le Message pour la Journée Mondiale de la Paix de 1990, et la « solidarité mondiale » à laquelle j’ai moi-même fait appel dans le Message pour la Journée Mondiale de la Paix de 2009, sont des attitudes essentielles pour orienter les efforts en vue de la sauvegarde de la création, par un système de gestion des ressources de la terre mieux coordonné au niveau international, surtout au moment où apparaît, de façon toujours plus évidente, la forte relation qui existe entre la lutte contre la dégradation environnementale et la promotion du développement humain intégral. Il s’agit d’une dynamique incontournable, car « le développement intégral de l’homme ne peut aller sans le développement solidaire de l’humanité ». Nombreux sont aujourd’hui les possibilités scientifiques et les chemins d’innovation potentiels, grâce auxquels il serait possible de fournir des solutions satisfaisantes et harmonieuses à la relation de l’homme avec l’environnement. Par exemple, il faut encourager les recherches orientées vers la découverte de procédés plus efficaces pour utiliser les grandes potentialités de l’énergie solaire. Une attention soutenue doit également être portée au problème désormais planétaire de l’eau et à l’ensemble du système hydrogéologique, dont le cycle revêt une importance primordiale pour la vie sur la terre et dont la stabilité risque d’être fortement menacée par les changements climatiques. De même, des stratégies ajustées de développement rural, centrées sur les petits cultivateurs et sur leurs familles, doivent être explorées, de même il faut aussi préparer des politiques appropriées pour la gestion des forêts, pour l’élimination des déchets, pour la valorisation des synergies existantes entre l’opposition aux changements climatiques et la lutte contre la pauvreté. Il faut des politiques nationales ambitieuses, accompagnées par un engagement international qui apportera d’importants avantages
surtout à moyen et long terme. Il est nécessaire, enfin, de sortir de la logique de la seule consommation pour promouvoir des formes de production agricole et industrielle respectueuses de l’ordre de la création et satisfaisantes pour les besoins essentiels de tous. La question écologique ne doit pas être affrontée seulement en raison des perspectives effrayantes
que la dégradation environnementale dessine à l’horizon; c’est la recherche d’une authentique solidarité à l’échelle mondiale, inspirée par les valeurs de la charité, de la justice et du bien commun, qui doit surtout la motiver. D’ailleurs, comme j’ai déjà eu l’occasion de le rappeler, « la technique n’est jamais purement technique. Elle montre l’homme et ses aspirations au développement, elle exprime la tendance de l’esprit humain au dépassement progressif de certains conditionnements matériels. La technique s’inscrit donc dans la mission de « cultiver et de garder la terre » (cf. Gn 2, 15), que Dieu a confiée à l’homme, et elle doit tendre à renforcer l’alliance entre l’être humain et l’environnement appelé à être le reflet de l’amour créateur de Dieu ».

 
11. Il apparaît toujours plus clairement que le thème de la dégradation environnementale met en cause les comportements de chacun de nous, les styles de vie et les modèles de consommation et de production actuellement dominants, souvent indéfendables du point de vue social, environnemental et même économique. Un changement effectif de mentalité qui pousse chacun à adopter de nouveaux styles de vie, selon lesquels « les éléments qui déterminent les choix de consommation, d’épargne et d’investissement soient la recherche du vrai, du beau et du bon, ainsi que la communion avec les autres hommes pour une croissance commune », devient désormais indispensable. On doit toujours plus éduquer à construire la paix à partir de choix de grande envergure au niveau personnel, familial, communautaire et politique. Nous sommes tous responsables de la protection et du soin de la création. Cette responsabilité ne connaît pas de frontières. Selon le principe de subsidiarité, il est important que chacun s’engage à son propre niveau, travaillant afin que soit dépassée la suprématie des intérêts particuliers. Un rôle de sensibilisation et de formation incombe en particulier aux divers sujets de la société civile et aux Organisations non-gouvernementales, qui se dépensent avec détermination et générosité à l’expansion d’une responsabilité écologique, qui devrait être toujours plus attachée au respect de « l’écologie humaine ». Il faut, en outre, rappeler la responsabilité des médias dans ce domaine en proposant des modèles positifs dont on puisse s’inspirer. S’occuper de l’environnement demande donc une vision large et globale du monde; un effort commun et responsable pour passer d’une logique centrée sur l’intérêt nationaliste égoïste à une vision qui embrasse toujours les besoins de tous les peuples. On ne peut rester indifférents à ce qui arrive autour de nous, parce que la détérioration de n’importe quelle partie de la planète retomberait sur tous. Les relations entre les personnes, les groupes sociaux et les États, comme entre l’homme et l’environnement, sont appelées à
prendre le style du respect et de la « charité dans la vérité ». Dans ce vaste contexte, il est plus que jamais souhaitable que les efforts de la communauté
internationale visant à obtenir un désarmement progressif et un monde privé d’armes nucléaires – dont la seule présence menace la vie de la planète et le processus de développement intégral de l’humanité actuelle et future – se concrétisent et trouvent un consensus.

 
12. L’Église a une responsabilité vis-à-vis de la création et elle pense qu’elle doit l’exercer également dans le domaine public, pour défendre la terre, l’eau et l’air, dons du Dieu Créateur à tous, et, avant tout, pour protéger l’homme du danger de sa propre destruction. La dégradation de la nature est, en effet, étroitement liée à la culture qui façonne la communauté humaine, c’est pourquoi « quand l’ “écologie humaine” est respectée dans la société, l’écologie proprement dite en tire aussi avantage ». On ne peut exiger des jeunes qu’ils respectent l’environnement, si on ne les aide pas, en famille et dans la société, à se respecter eux-mêmes: le livre de la nature est unique, aussi bien à propos de l’environnement que de l’éthique personnelle, familiale et sociale. Les devoirs vis-à-vis de l’environnement découlent des devoirs vis-à-vis de la personne considérée en elle-même, et en relation avec les autres. J’encourage donc volontiers l’éducation à une responsabilité écologique, qui, comme je l’ai indiqué dans l’encyclique Caritas in veritate, préserve une authentique « écologie humaine », et affirme ensuite avec une conviction
renouvelée l’inviolabilité de la vie humaine à toutes ses étapes et quelle que soit sa condition, la dignité de la personne et la mission irremplaçable de la
famille, au sein de laquelle on est éduqué à l’amour envers le prochain et au respect de la nature. Il faut sauvegarder le patrimoine humain de la société. Ce patrimoine de valeurs a son origine et est inscrit dans la loi morale naturelle, qui est à la base du respect de la personne humaine et de la création.

 
13. Enfin, un fait hautement significatif à ne pas oublier est que beaucoup trouvent la tranquillité et la paix, se sentent renouvelés et fortifiés, lorsqu’ils sont en contact étroit avec la beauté et l’harmonie de la nature. Il existe donc une sorte de réciprocité: si nous prenons soin de la création, nous constatons que Dieu, par l’intermédiaire de la création, prend soin de nous. Par ailleurs, une conception correcte de la relation de l’homme avec l’environnement ne conduit pas à absolutiser la nature ni à la considérer comme plus importante que la personne elle-même. Si le Magistère de l’Église exprime sa perplexité face à une conception de l’environnement qui s’inspire de l’éco-centrisme et du bio-centrisme, il le fait parce que cette conception élimine la différence ontologique et axiologique qui existe entre la personne humaine et les autres êtres vivants. De cette manière,on en arrive à éliminer l’identité et la vocation supérieure de l’homme, en favorisant une vision égalitariste de la « dignité » de tous les êtres vivants. On se prête ainsi à un nouveau panthéisme aux accents néo-païens qui font découler le salut de l’homme de la seule nature, en son sens purement naturaliste. L’Église invite au contraire à aborder la question de façon équilibrée, dans le respect de la « grammaire » que le Créateur a inscrite dans son œuvre, en confiant à l’homme le rôle de gardien et d’administrateur responsable de la création, rôle dont il ne doit certes pas abuser, mais auquel il ne peut se dérober. En effet, la position contraire qui absolutise la technique
et le pouvoir humain, finit par être aussi une grave atteinte non seulement à la nature, mais encore à la dignité humaine elle-même.

 
14. Si tu veux construire la paix, protège la création. La recherche de la paix de la part de tous les hommes de bonne volonté sera sans nul doute facilitée par la reconnaissance commune du rapport indissoluble qui existe entre Dieu, les êtres humains et la création tout entière. Les chrétiens, illuminés par la Révélation divine et suivant la Tradition de l’Église, offrent leur contribution propre. Ils considèrent le cosmos et ses merveilles à la lumière de l’œuvre créatrice du Père et rédemptrice du Christ qui, par sa mort et sa résurrection, a « tout réconcilié […] sur la terre et dans les cieux » (Col 1, 20) avec Dieu. Le Christ, crucifié et ressuscité, a fait don à l’humanité de son Esprit sanctificateur, qui conduit le cours de l’histoire, dans l’attente du jour où le retour glorieux du Seigneur inaugurera « un ciel nouveau et une terre nouvelle » (2 P 3, 13) où résideront pour toujours la justice et la paix. Toute personne a donc le devoir de protéger l’environnement naturel pour construire un monde pacifique. C’est là un défi urgent à relever par un engagement commun renouvelé. C’est aussi une opportunité providentielle pour offrir aux nouvelles générations la perspective d’un avenir meilleur pour tous. Que les responsables des nations et tous ceux qui, à tous les niveaux, prennent à cœur les destinées de l’humanité en soient conscients: la sauvegarde de la création et la réalisation de la paix sont des réalités étroitement liées entre elles! C’est pourquoi, j’invite tous les croyants à élever leur fervente prière vers Dieu, Créateur tout-puissant et Père miséricordieux, afin qu’au cœur de tout homme et de toute femme résonne, soit accueilli et vécu cet appel pressant: Si tu veux construire la paix, protège la création.
 
Du Vatican, le 8 décembre 2009.

 
 Catéchisme de l’Église Catholique, n. 198.

 
 Benoit XVI, Message pour la Journée Mondiale de la Paix, 2008, n.7.

 
 Cf. n. 48.

 
 La Divine Comédie, Paradis, XXXIII, 145.

 
 Message pour la Journée Mondiale de la Paix, 1er janvier 1990, n. 1.

 
 Lett. apost. Octogesima adveniens, n. 21.

 
 Message pour la Journée Mondiale de la Paix, n. 10.

 
 Cf. Benoît XVI, Lett. enc. Caritas in veritate, n. 32.

 
 Catéchisme de l’Église Catholique, n. 295.

 
 Héraclite d’Éphèse (535 av. JC env. – 475 av. JC env. ) Fragment 22B124, in H. Diels-W. Kranz, Die Fragmente der Vorsokratiker,Weidmann, Berlin 19526.

 
 Cf. Benoît XVI, Lett. enc. Caritas in veritate, n. 48.

 
 Jean-Paul II, Lett. enc. Centesimus annus, n. 37.

 
 Cf. Benoît XVI, Lett. enc. Caritas in veritate, n. 50.

 
 Const. Past. Gaudium et Spes, n.69.

 
 Cf. Jean-Paul II, Lett. enc. Sollecitudo rei socialis, n. 34.

 
 Benoît XVI, Lett. enc. Caritas in veritate, n. 37.

 
 Conseil pontifical Justice et Paix, Compendium de la Doctrine sociale de l’Eglise, n. 467. Cf. Paul VI, Lett. enc. Populorum progressio, n. 17.

 
 Cf. Jean-Paul II, Lett. enc. Centesimus annus, nn. 30-31, 43.

 
 Benoît XVI, Lett. enc. Caritas in veritate, n. 49

 
 Ibid.

 
 Cf. Saint Thomas d’Aquin, S. Th., II.II, q. 49, 5.

 
 Cf. n. 9.

 
 Cf. n. 8.

 
 Paul VI, Lett. enc. Populorum progressio, n. 43.

 
 Lett. enc. Caritas in veritate, n. 69.

 
 Jean-Paul II, Lett. enc. Centesimus annus, n. 36.

 
 Benoît XVI, Lett. enc. Caritas in veritate, n. 51.

 
 Cf. Ibid. , nn. 15, 51.

 
 Cf. Ibid., nn. 28, 51, 61; Jean -Paul II, Lett. Enc. Centesimus annus, nn. 38, 39.

 
 Cf. Benoît XVI, Lett. enc. Caritas in veritate, n. 70.
 
 

 
 

 
 







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