Ultimo saluto allo storico cattolico Gabriele De Rosa. Il ricordo del prof. Malgeri
Il mondo della cultura e quello della politica hanno dato oggi l’ultimo saluto allo
storico ed ex senatore Gabriele De Rosa, morto due giorni fa all’età di 92 anni presso
la sua casa romana. Stamani i funerali nella chiesa di Sant’Agostino, officiati dal
cardinale Achille Silvestrini. Nato a Castellammare di Stabia il 24 giugno del 1917,
De Rosa è stato un innovatore del metodo di ricerca sulla storia religiosa: tra le
sue opere principali si annoverano la “Storia dell’Italia religiosa” e la “Storia
del movimento cattolico”. Oggi l'Aula della Camera ha tributato un sentito applauso
a questa figura straordinaria. Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento
dello storico Francesco Malgeri, allievo prima, collega poi, di Gabriele De
Rosa.
R. – Possiamo
definirlo un intellettuale cattolico ed uno storico che ha lasciato un segno profondo
nella storiografia italiana ed europea.
D. – Prof.
Malgeri, lei è stato anche un allievo del prof. De Rosa, chi era quindi per lei?
R.
– Per me è il docente che ho conosciuto nel 1958 all’Istituto Sturzo a Roma, dove
io seguivo come borsista dei corsi, e da allora mi ha seguito, indirizzato. Io personalmente
devo tutto a lui. Devo soprattutto l’attenzione e la passione per la storia, nella
ricerca del documento, nella ricerca d’archivio, attraverso la pazienza della ricerca.
D. – Qual era un tratto del suo carattere, che le
è rimasto particolarmente impresso?
R. – Una grande
umanità. Alle volte, c'erano anche dei momenti che potevano apparire duri, ma avevano
sempre un sottofondo di grande apertura e di grande capacità di ascolto.
D.
– La camera ardente è allestita all’Istituto Luigi Sturzo. Lui è stato l’anima di
questo Istituto...
R. – Lui è diventato presidente
nel 1979, ma possiamo dire che sin dalla nascita dell’Istituto è stato uno dei collaboratori
più attivi. Tra l’altro lo legava anche un rapporto particolare con lo stesso Sturzo,
che lui conobbe nel ’54, grazie a mons. Giuseppe De Luca, con cui era legato da un
rapporto di amicizia e di collaborazione. Con Sturzo ebbe dei colloqui molto frequenti
tra il ’54 e il ’59, fino a quando Sturzo morì.
D.
– Biografo di Sturzo, amico di De Gasperi, come si articolava in lui questo percorso
di studio ed esistenziale?
R. – Si legava alla sua
convinzione che i cattolici dovevano avere un ruolo di rilievo nella vita politica
del Paese, essere espressioni di una corrente democratica, che proprio attraverso
Sturzo e attraverso De Gasperi aveva delineato questa corrente di pensiero politico,
che poi è stata al centro della vita dell’Italia repubblicana.
D.
– Cattolicesimo, storia e politica, tre pilastri che in lui però in realtà diventavano
un unico indirizzo di vita...
R. – Certamente. Diventarono
indirizzo di vita e un indirizzo anche sul piano della ricerca storica. Vorrei ricordare
anche i suoi studi sulla realtà della Chiesa meridionale, tra ‘700 e ‘800, ispirata
all’utilizzazione di nuove fonti documentarie, recepite negli archivi diocesani del
Mezzogiorno, dove attraverso queste carte veniva ricostruita la vita religiosa, la
pietà popolare, ma anche il contesto storico-sociale di queste regioni.
D.
– De Rosa nel gennaio scorso, in un’intervista al quotidiano "Avvenire", ribadiva:
“I politici servono lo Stato, non lo usino per sé”...
R.
– Direi che è un messaggio forte che fa parte di quel bagaglio culturale che lo sosteneva
e che poi si ispirava anche al pensiero di Sturzo e di De Gasperi, indubbiamente.
D.
– Che cosa resta di lui?
R. – Resta direi certamente
il suo insegnamento, la sua capacità di coinvolgere ambienti, di creare iniziative
di carattere culturale, di grande spessore politico-sociale. Penso a tutta la sua
attività, anche nell’ambito dell’Istituto Sturzo, alla raccolta di tutta la documentazione
possibile sull’Italia e sul mondo cattolico italiano negli ultimi due secoli.